La scala frattale, Jean-Claude Meynard

La Scala Frattale, Jean-Claude Meynard
Installazione al Palais des Comtes de Provence
Brignoles, Var, estate 2011
Manifesto frattale filmato da Gilles Bastianelli
Quando si descrive il mondo, classicamente, lo si fa attraverso lo sguardo di Euclide ;
Cioè, utilizzando le nozioni di piano, destra/sinistra, superficie, lunghezza, larghezza… Ma questa visione euclidea appartiene al mondo greco, trecento anni prima di Cristo, un mondo semplice, organizzato intorno ad un unico mare, il Mediterraneo. Sul quale un uomo come Ulisse poteva navigare più di dieci anni senza essere trovato.
Oggi questo geometria euclidea non è in grado di decifrare il mondo.
La sua complessità, il suo caos, la sua espansione, crescita e decrescita, i suoi sistemi proliferanti, i suoi puzzles, i suoi effetti farfalla.
Il mondo attuale vive, pensa, secondo altre dimensioni, altre prospettive
Con le mie sculture, le mie creazioni digitali, o le mie installazioni, cerco di render conto di questa nuova configurazione del reale. Di rendere percettibile questa complessità, mostrandone la forma, l’essenza stessa della sua forma che non è la complicazione, l’inestricabile, ma una forma viva, dinamica.
Per me, la complessità non è una figura bloccata, escludente, ma un dispiegamento. E’in questo che mi riferisco al frattale. Perché questa geometria, al contrario di quella d’Euclide, affronta la geografia del mondo dal punto di vista dell’espansione, della proliferazione.
Cio’ che propongo è una rappresentazione multipla del reale, infinitamente ripetuta su scala diversa, come una sorta di clonazione che equivale ad una rappresentazione dell’infinito.
L’infinito non è più separato dall’uomo, non è più un’immensità esteriore e senza limiti, diventa la ripetizione senza limiti d’una stessa figura, una replica continua del reale e dell’uomo.
Chi sale la scala frattale circola all’interno di questa complessità, di questa forma d’infinito che diventa per lui una nuova dimensione, un nuovo principio emozionale.
Penso talvolta alle mie opere come non finite, suscettibili di essere rilavorate, certe volte anche ibridate. L’opera come emergenza effimera, come figurazione passeggera. Un mondo che si replica, si ricompone, si reinventa e dunque cerco di addomesticare la reinvenzione.

 

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