Scultori della speranza. L’arte nel contesto della globalizzazione: Intervista con Anna Detheridge

Anna Detheridge
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Scultori della speranza. L’arte nel contesto della globalizzazione edito da Einaudi è il nuovo libro scritto da Anna Detheridge: «I percorsi apparentemente ermetici dell’arte, volutamente ambigui e polisemici, custodiscono e rivelano indizi, percezioni e sentimenti che hanno il potere di aprire nuove finestre sul mondo. È stato inseguendo questa pista che si è voluto offrire a tutti i lettori una sorta di guida, nella speranza che ciascuno possa trovare qualche piccola illuminazione o intuizione utile per la propria vita».  Nell’intervista che segue, l’autrice approfondisce i temi trattati e altri argomenti connessi.

Anna Detheridge, il suo libro, Scultori della speranza, delinea una interessante analisi del mondo dell’arte e delle sue vicende a partire dall’arte concettuale in poi, ma non solo: con l’espressione “orizzonte degli eventi”, tratta da un testo di Michelangelo Antonioni, delinea un percorso che giunge al poeta Ernst Bloch che, a sua volta, parla di orizzonte, di orizzonte visibile come dato di realtà. E’ corretto spingersi a pensare ad un orizzonte dai margini coincidenti?

“Ernst Bloch è un filosofo tedesco, autore del testo Il Principio Speranza , parlo di lui perché tra tutti i pensatori che hanno preparato la modernità Bloch è la persona che più si attiene a un senso della realtà senza tuttavia abbandonarsi al pessimismo di alcuni, ne allo sfrenato utopismo di altri. Bloch conserva nel dare senso all’orizzonte (come anche Antonioni) un’idea del cambiamento ma anche di un punto fisso al quale guardare che cambia insieme a noi, ma che ci permette di avanzare verso una metà, di sperare, di tendere verso un traguardo senza ovviamente mai raggiungerlo.”

Secondo la sua esperienza, i libri, le critiche che accompagnano i cataloghi d’arte, gli articoli sulle riviste di settore e sui quotidiani quanto riescono a incidere nel mondo della cultura ? Aprono dei dibattiti ? O rimangono lettera chiusa, se non talvolta per gli addetti ai lavori?

“Lo scrivere d’arte, l’universo di parole che circonda le opere e le pratiche artistiche hanno significati e pesi diversi secondo anche gli obiettivi di chi scrive e di chi paga coloro che scrivono. I testi che accompagnano gli artisti che espongono in gallerie private possono rappresentare una scoperta, una novità o essere dei piccoli deliri promozionali. Dipende sempre dalle intenzioni e dai meriti di artisti e gallerie. In Italia in generale c’è poco dibattito, molta autoreferenzialità e di conseguenza i testi un po’ più riflessivi che potrebbero innescare un cambiamento di percezione o rappresentare un’apertura a modalità diverse di fare e intendere l’arte rimangono con pochi lettori non so se appartenenti a una nicchia, ma in ogni caso ai margini di un clamore che non è fatto di idee o di opinioni, ma che è più vicino ai meccanismi del mondo dello spettacolo che è entrato pienamente nel mondo dell’arte contemporanea come anche nella moda e nell’architettura.”

 E nel caso trovino ascolto, a quali conseguenze portano?

 “I testi scritti come contorno all’opera hanno la conseguenza di funzionare come contorno e legittimazione di quell’operazione e di una determinata mostra o evento. I testi scritti per porre delle domande spesso rimangono senza risposta se non ci sono persone interessate a quel dibattito e se non c’è consapevolezza delle tematiche poste.”

Da cosa nasce la scelta di ripartire Scultori della Speranza in grandi aree: il concettuale, lo spazio fisico, il paesaggio e le poetiche della relazione; quale fine sottende questa distribuzione dei temi?

“Il senso della struttura di quel libro è di tenere insieme in una narrazione trasversale delle discipline che vengono guardate e praticate come se appartenessero a specialismi diversi con nulla in comune. Invece a partire dall’arte concettuale lo sguardo dell’artista ma anche di tutti coloro che si occupano di arti visive cambia come cambiano anche i ragionamenti sull’orizzonte degli eventi. Viviamo in un mondo dove ogni cosa può influenzare l’altra come una onda montante che in un attimo sommerge tutto. Bisogna avere consapevolezza di questo, della precarietà del nostro mondo e della parzialità del nostro sguardo. Gli artisti che sono spesso coloro che se ne rendono conto per primi non affrontano l’arte come tecnica ma come linguaggio utilizzando registri e tecniche diverse secondo ciò che intendono dire con il loro linguaggio traslato per metafore o metonimie.
Tra i quattro capitoli ci sono nessi e anche una progressione cronologica che permette di intuire come le idee e le pratiche individuali e collettive si siano evolute nel tempo. Il tempo è oggi un fattore importante del fare arte, una dimensione che prima non faceva parte dell’opera finita.”

Un libro corposo come il suo, quanto tempo ha chiesto?

“Ci ho messo parecchio tempo anche perché le cose sono immediatamente chiare a nessuno e il mio obiettivo principale è stato quello di chiarire le cose a me stessa. Allo stesso tempo ero impegnata a fare altro, in primis a far crescere e sopravvivere l’associazione culturale che ho fondato nel 2001 Connecting Cultures (www.connectingcultures.info ) Come sempre il tempo per scrivere è quello individuale personale nei ritagli di tempo.”.

Se alla casa editrice fosse giunto questo libro, privo del suo nome autorevole, crede che lo avrebbero considerato e pubblicato?

“Io non so se il mio è un nome autorevole, posso solo dire che il libro ha avuto una gestazione lunga e che ne ho discusso con l’editore a vari stadi del suo sviluppo. Non credo proprio che l’editore l’avrebbe pubblicato se non fosse stato convinto di volerlo fare. Sono grata all’Einaudi proprio perché ha voluto credere in un progetto un po’ sui generis, il chè vuole dire anche rischiare un po’, cosa che pochi editori oggi vogliono fare.”

Scheda libro

  • Anna Detheridge
    Scultori della speranza.
    L’arte nel contesto della globalizzazione
  • 2012
  • Piccola Biblioteca Einaudi Ns
  • pp. XVIII – 302
  • ISBN 9788806210526
  • € 35,00

 

 

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Libero professionista, consulente per la comunicazione, svolge attività di docenza per diversi Enti di Formazione e Consorzi. E’ socio del Club della Comunicazione d’Impresa. Scrive per periodici e mensili e ha diretto il periodico Pòlis. Possiede un Master in marketing e comunicazione, una Laurea in Lettere ed ha frequentato la scuola di Giornalismo Carlo Chiavazza di Torino. E’ titolare dell’ ufficio stampa Ed-Way. Cura e organizza mostre d’arte contemporanea ed ha all’ attivo la pubblicazione di numerosi cataloghi. E ‘ socio dell’Associazione culturale ‘Arte 2000’. Prima di dedicarsi alla libera professione ha lavorato in una importante casa editrice piemontese.

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