Grazie a Giuditta Gaudioso, Ordinary di Emiliano Reali diventa una graphic novel

Ordinary di Emiliano Reali (DEd’A Edizioni) è un libro magico.

Sì, proprio come quelli delle antiche leggende: lo hai aperto, quasi dieci anni fa, e ci hai trovato storie che ti hanno portato altrove, in un mondo che si annuncia diverso, ma che è culla di emozioni, paure, sogni e “sentimenti” che pure sono davvero ordinari, “Ordinary”, appunto.

Ordnary, dicevamo, è un libro magico.
Magico perchè oltre ad essere diventato uno spettacolo teatrale, eccolo 10 anni dopo tornare in libreria, ampliato, arricchito, completamente riscritto con l’aggiunta di nuovi personaggi e avvenimenti che non smettono di affrontare le problematiche dell’omosessualità, purtroppo sempre vive presenti anche dopo dieci anni.

Ordinary, non ci crederete, ma è davvero un libro magico.
Perchè nella sua nuova edizione è diventato il primo ARbook edito in italia. Un libro vero, di carta, che però racchiude la tecnologia della realtà aumentata, un libro che non smetterà mai di raccontare altre storie nascoste tra le pagine del romanzo: basterà inquadrarle con uno smartphone o con un tablet e sarà possibile viaggiare attraverso altre immagini, e racconti multimediali, sia oggi che nel tempo, sia qui che in luoghi specifici,anche solo per pochi momenti irripetibili.

Ordinary è un libro magico. Perchè a tutte queste trasformazioni ne unisce ancora un’altra: Ordinary diventa una graphic novel.
Tutto è nato con un contest di cui art a part of cult(ure) è stata mediapartner: Una riga per un tratto, un’idea di Emiliano Reali per aiutare un giovane talento a muovere i primi passi nel mondo editoriale, un modo per contraccambiare l’affetto dimostrato dai suoi lettori e dalle persone che lo hanno sostenuto libro dopo libro.
Si trattava di illustrare una scena dell’incipit del romanzo. I quattro lavori finalisti sono stati votati da una giuria su internet e da una giuria “editoriale”.
Tavole piene di personalità, “segni” innovativi e caratterizzanti. Una bella lotta, vinta da Giuditta Gaudioso, tratto minimalista e caratterizzante, impostazione scenografica delle sequenze disegnate e piccole citazioni estetiche, forse involontarie, ma piene di forza narrativa.

Giuditta perchè hai deciso di partecipare a questo contest?

Ho deciso di partecipare a questo contest perché disegnare una graphic novel è una sfida super allettante per me, inoltre il concorso mi è sembrato molto serio.

Conoscevi Emilaino Reali? Avevi letto i suoi libri? Le sue storie sono molto vere, ma anche molto romantiche, ti ci riconosci?

Non avevo mai letto niente di Emiliano, mi sono accorta in seguito però di aver letto e notato una recensione di “Se Bambi fosse trans?”. Credo che Emiliano abbia uno stile diretto e visivo e, per quel che mi riguarda, ho provato tutti i sentimenti e le emozioni descritte nel libro.

Raccontaci un po’ il tuo percorso professionale: come è nata la tua passione per il disegno, dove ti sei formata, che esperienze hai fatto.

Ho una formazione accademica, infatti mi sono laureata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Sono sempre stata una pittrice figurativa con un debole per il disegno e per l’illustrazione. Ho iniziato molto presto a disegnare locandine, inviti e fumetti prima per gli amici, poi è diventato un lavoro.

Il tuo disegnatore preferito?

Un solo disegnatore preferito non lo so scegliere, ma sicuramente posso dire di amare molto quegli artisti con un segno grafico deciso, emotivo, da Toulouse-Lautrec, Egon Shiele per arrivare a Hugo Pratt e moltissimi altri…

Hai un tratto molto personale, minimale, ma dalle forme evocative. Nonostante l’assenza di elementi che suggeriscano gli ambienti e il rapporto diretto con la parola illustrata, nel segno si intravedono richiami estetici (le mani che sorreggono il bambino, l’immagine di Diego di spalle davanti all’incubatrice…) che scatenano l’immaginario. Che tipo di dialogo cerchi con il tuo lettore?

Effettivamente quello che cerco di esprimere è l’emozione, quello che mi interessa che il lettore percepisca è l’incubo del protagonista, la paura, la perdita dell’orientamento, quello che è intorno perde d’importanza. In questo, da lettrice, ho molto apprezzato Emiliano Reali, quando descrive una situazione non puoi non esserne coinvolto.

Hai lavorato parecchio con il Teatro, sia nella comunicazione che nella realizzazione di scenografie. Qual è il tuo rapporto con la drammaturgia? Che tipo di teatro preferisci? Classico, sperimentale, fisico…? Hai mai immaginato un teatro interattivo, ovvero con scenografie/illustrazioni create ogni sera in scena relazionandosi con il pubblico e con gli attori?

Il Teatro è il luogo dell’altrove, come si può non amarlo? Banalmente rispondo che non è il genere in particolare ma la qualità che fa la differenza. Ultimamente ho lavorato con Giuseppe Roselli che ha messo in scena “John” di Wajdi Mouawad, al Teatro dell’Orologio, disegnando la locandina e collaborando alle scenografie, che erano spettacolari, grazie sopratutto ai veri scenografi!

Pensi che sarebbe possibile una creazione di questo tipo?

Certo l’illustrazione, come la pittura si fondono bene con la scenografia e sono delle performance interessanti a cui assistere. Poco tempo fa al Teatro Cassia è andato in scena lo spettacolo “Neve” , durante il quale un’ artista, Laura Grosso, dipingeva in scena.

I tuoi personaggi sono molto spesso donne, ragazze, bambine. A che punto sono le donne? Come è possibile far sopravvivere le necessità affettive interiori che tu spesso illustri con questo “riflusso” di genere che da un lato vede l’uso e l’abuso del corpo femminile in televisione, in pubblicità, sui giornali, sui libri e dall’altro l’ insidiosa rappresentazione/autorappresentazione del femminile come materno, accudente, rassicurante, pacifico?

Le donne occupano un ruolo determinante nella mia ricerca. In questa società così maschile dove l’immagine della donna è relegata a dei cliché, penso che siamo noi le prime a dover distruggere gli stereotipi. Se vediamo una donna con un bambino o per mano ad un uomo, non sarà sempre e solo la madre o la moglie; se una donna vestita in tailleur va in ufficio, non è detto che sia una segretaria e se indossa minigonne vertiginose non è necessariamente disponibile. Nelle me illustrazioni le donne non sono solo belle, solo brutte, solo mamme, solo mogli o solo puttane, c’è tanto mistero nelle persone ma così poca fantasia nel descriverle.

Questa graphic novel per cui hai appena firmato il contratto è il tuo esordio editoriale? Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza?

Si per me è la prima vera esperienza nell’editoria. Mi aspetto un periodo di soli disegni e tanto lavoro, trasloco nel mondo di Ordinary!

Giuditta Gaudioso nasce e studia a Roma dove si laurea in Pittura nel 2005 all’Accademia delle Belle Arti, con una tesi sul travestimento. Lavora come illustratrice free lance; realizza loghi, pubblicità, locandine per spettacoli e cortometraggi, partecipazioni, cartoline, biglietti d’auguri, tableau e scenografie teatrali. Insegna pittura.

 

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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