Era Farsi. Margherita Rimi, la poesia, l’infanzia, l’impegno sociale

Margherita Rimi
Margherita Rimi
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Tocca il cuore e l’anima, oscura quei frammenti di luce che vorremmo sempre ritrovare, in cui vorremmo sempre credere.

Credere per continuare ad andare avanti (in)consapevoli delle nostre piccolezze su cui ci soffermiamo a rendere pesante la nostra quotidianità quando proprio dietro l’angolo, proprio, per esempio tra i vicini di casa, tra quelli che non crederemmo mai, o, invece, in quelli che lasciano dubbi comportamentali che non abbiamo il coraggio di denunciare, si annida il dolore, quello non urlato, anzi tacciato di vergogna se solo rivelato.

Quello dei bambini, violati nella loro purezza, quello dai volti senza sorriso a cui dà voce nella sua autoantologia “Era farsi” (ed. Marsilio), Margherita Rimi.

Poetessa siciliana, neuropsichiatra infantile, da anni è impegnata per la cura e la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, a favore, soprattutto dei minori e dei bambini portatori di handicap.

Al suo impegno affianca l’amore per la poesia, compagna di vita anche nelle sue battaglie:

Ho sentito molto presto il bisogno di esprimermi in versi per rappresentare i miei sentimenti, i miei pensieri. Nell’adolescenza era un modo di conoscere se stessi, un modo di conoscere le discrepanze tra quello che si vive e gli altri ideali. Il legame si è rafforzato quando ho cominciato a lavorare con i piccoli. Mi sono accorta che i piccoli adottano un linguaggio molto vicino alla poesia per la sua purezza, semplicità e verità, ma anche per la sua irregolarità.

Attraverso i suoi componimenti poetici, ritroviamo proprio quel pathòs trasmesso dalla parola, quell’attimo che riconduce al tutto, a quel tutto negato dagli adulti, tristemente vissuto dai bimbi e dai ragazzini, fino al punto da chiedersi se la poesia può divenire ricerca d’aiuto, innegabile funzione sociologica.

Non so se la poesia può essere tale, ma sicuramente può diventare voce di chi ha bisogno di essere ascoltato. Nella mia antologia ho dedicato due sezioni ai piccoli dove sono raccontate le loro storie, dove si può immaginare quanto il mondo degli adulti, talvolta, sia lontano dalla loro realtà. Sono le voci dell’infanzia che ci parlano, che ci pongono interrogativi.

Fra questi, quello “radicale e doloroso sul perché del male”, come scrive nella prefazione al testo Daniela Marcheschi.

Un interrogativo destinato a non trovare risposta, perlomeno immediata, ammesso che possa mai essercene una.

Poesie che esprimono, comunque, una pienezza autentica che non viene meno neanche nella seconda parte del testo, testo che comprende elaborati composti dal 1974 al 2011, accompagnati da citazioni dei grandi e che omaggiano proprio i grandi della letteratura in un unico afflato, in un’unica bellezza letteraria.

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Rita Caramma è giornalista e scrittrice. Per poesia ha pubblicato: “Nella mia ricca solitudine” (Il Filo – Roma – 2005), “Retrospettive dell’inquietudine” (Zona - Arezzo – 2008), “Ti parlerò d’amor” (Drepanum – Trapani – 2016), “Parole di carta, parole di cartone” (Youcanprint – 2018). Per la narrativa il racconto lungo “Tecla” (Youcanprint – 2019). Per il teatro: “Una vestale di nome Ginevra” (Zona – 2010) e “Respiri migranti” (CR – Acireale – 2018), di quest’ultimo ha curato anche la regia. Ha scritto le favole in rima “Il ragno” (Arteincircolo 2007) e “Gelsomina” (Youcanprint – 2018). Ha curato diverse antologie di poesie e racconti. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, fra questi nel 2010 le è stato conferito il premio “Ercole Patti” per il suo impegno culturale.

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