Fitto calendario per la Fashion Week Capitolina di AltaRoma. Con interviste a Mario Dell’Oglio e a Clara Tosi Pamphili

L’arte e la Moda tornano a incontrarsi sulle passerelle della Capitale, stilisti di livello internazionale presentano le loro collezioni nei luoghi più suggestivi e caratteristici della città, unendo in un solo momento, la Storia, l’Arte, l’Architettura e la grande tradizione della couture italiana. Silvia Venturini Fendi, alla guida di AltaRoma da due mandati, ha dato il via alla nuova edizione di AltaRomAltaModa, in corso fino al 9 luglio, puntando su nomi ed eventi di altissimo livello. Tra tutti, il couturier francese Jean Paul Gaultier, in calendario con la collezione “La Parisienne”.

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«È motivo di grande orgoglio per me poter accogliere un genio come Gaultier, con la sua haute couture dai tagli impeccabili ma sempre provocatoria in nome di un’estetica multiforme che supera i limiti della prevedibilità creativa – commenta la Fendi – E, poiché la couture è vero e proprio patrimonio dell’umanità, la collezione “La Parisienne” è un omaggio alla sinergia tra le due capitali mondiali dell’alta moda».

Appoggio dall’estero e in casa, con la conferma dai soci istituzionali di Altaroma – Camera di Commercio di Roma, Regione Lazio, Comune – nel sostegno della mission intrapresa dalla presidente Silvia Venturini Fendi di valorizzare l’artigianato, puntando principalmente sulla formazione e la ricerca di nuovi talenti della moda. Sembrerebbe che il team stia riuscendo nell’intento. Segno dei tempi che cambiano, è scoprire che uno dei più importanti buyer d’Italia e all’estero, Mario Dell’Oglio, sia a Roma, a guardare le sfilate, senza chiedere pass, gratuity, etc viene a scoprire i tesori che sfilano nella Capitale.

Dell’Oglio veste i migliori negozi del mondo. Non va a vedere i grandi marchi, piuttosto sceglie la moda di nicchia, come la sfilata di Cangiari – brand tutto italiano al 100% moda eco-etica di fascia alta in Italia – che porta sul catwalk il sapore della tradizione dei filati e dei tessuti lavorato al telaio, ricoprendoli in una chiave contemporanea, dalle linee pulite e, al tempo stesso, costruite, dai tagli precisi, netti, quasi architettonici. È qui che lo incontriamo; ci spiega:

«la moda a Roma è molto interessante, l’iniziativa stessa che si porta aventi è piena di contenuti, decisamente diversa dalla fashion week milanese o parigina  qui c’è molta più attenzione al nuovo e all’emergente, perché di solito dove già esiste uno status di marchi affermati, difficilmente l’emergente trova spazio».

Dal punto di vista commerciale, Roma è considerata un incubatore importantissimo; prosegue a questo proposito Dell’Oglio:

«da qui si attinge moltissimo dal punto rivista commerciale, noi buyer siamo costantemente alla ricerca di nuovi contenuti. È stato bello vedere la presentazione di Fabio Quaranta, all’Hotel Regina Baglioni, un designer decisamente pieno di cose da dire. E Cangiari, poi, è un cambio di passo bellissimo, sono già due stagioni che lo acquistiamo. Siamo innamorati del loro messaggio, unico e speciale, sposando in pieno la filosofia di questi oggetti che segnano il cambio di stile e di linguaggio nella moda di oggi».

Del resto, Oscar Wilde diceva “O si è un’opera d’arte o la si indossa”. Pensando a questa frase, mi chiedo quale sia la spinta che da l’inizio allo studio che da poi vita a una collezione di moda. Sia essa Prêt-à-porter o Haute Couture, questa implica obbligatoriamente uno sforzo – benché minimo – di ricerca. E, credetemi, la differenza, lo spessore di un creativo, di un designer, è nascosto lì. Ne è convinta anche Clara Tosi Pamphili, consigliere nel CdA di AltaRoma, architetto votato alla ricerca e alla contaminazione della arti tra loro, sostenitrice attiva della Kermesse. Parliamo con lei durante la preview dell’istallazione dello stilista di origine greca, Angelo Bratis, suggestivo incontro tra discipline negli spazi di Palazzo Firenze, ennesima dimostrazione che l’arte la faccia padrona in questa edizione, forse più degli altri anni. Come mai?, chiediamo alla Tosi Pamphili:

«Questo perché è cresciuta Roma e il lavoro che è stato fatto è ormai consolidato. È cambiato il rapporto con la città, non siamo più noi che cerchiamo altri interlocutori, ma sono anche gli altri che adesso ci vengono a cercare. L’arte  è padrona assoluta perché c’è una vocazione a Roma, la città è un luogo in cui da sempre nascono spontaneamente sinergie, il rapporto con l’arte contemporanea sembrava il più difficile, poi invece è stato superato il concetto per cui l’artista disegna il tessuto e lo stilista lo compone, e la relazione è cambiata del tutto».

L’arte e la moda vengono paragonati a due elementi, l’Idrogeno e l’Ossigeno, che si uniscono e si legano perché c’è una parola che le lega: sperimentazione, e su questa Alta Roma ha cercato di fare leva, prima come osservatore poi come supporto attivo, affinché questi elementi si fondessero indissolubilmente.
Prosegue la Tosi Pamphili:

«In questa edizione -per esempio, in merito ad A.I. – la componente più forte della kermesse, che porta l’Arte nella Moda e che prima si svolgeva prettamente nelle gallerie in stretta collaborazione con i designer e con gli artisti, quest’anno forza la mano alla città portando moda e arte nei loro spazi non deputati. Come Roma Caput Divina, allestita negli spazi seicenteschi della Biblioteca Angelica, che racconta il pensiero dell’arte e della moda di oggi, non un pensiero strutturato, ma un pensiero anarchico, in grado di sovvertire le regole, designer di moda trasversali. Ne è la dimostrazione un giovane designer, che realizza borse in alluminio e che convive nello stesso spazio insieme a Mustafa Sabbagh (tra i cento fotografi di nudo più importanti al mondo, assistente di Richard Avedon, ndr.), che ha accettato di stare accanto a questi ragazzi per creare un archetipo nuovo, che vada oltre ai libri e ai testi di studio».

L’aspetto sociale della moda, inteso come specchio della società e dei tempi che mutano, torna a essere l’aspetto principale. La moda parla, una lingua di novità e avanguardie, di immagini, colori, tagli e forme, ma parla e annuncia il tempo che viene e che verrà.
Interviene, decisa, sempre Clara Tosi Pamphili:

«La moda fa parte del nostro DNA, tutti la sentiamo dentro, è come cucinare un piatto di pasta, è del tutto naturale. Il pubblico trasversale che era interessato re destinato all’arte ha iniziato a guardare alla moda. Con meno snobismo, ma si è avvicinato, forse perché l’arte contemporanea e l’haute couture condividono un tratto: non è detto ti facciano mangiare. Ma c’è stata una sinergia tra le due realtà che hanno rinnovato lo stesso concetto di arte e di Lusso, avvicinandosi e lasciandosi vedere e toccare da tutti. Queste presentazioni, queste connivenze e convivenze hanno aperto altri canali al di là della sfilata chiusa, lasciando respirare il discorso sociale. Che non va dimenticato. Perché quando una borsa costa 10.000€ e si parla solo di IMU e di IVA, allora tutto questo pesa, da un forte senso di sbandamento. Però – conclude – se si accosta questo discorso all’arte e se le cose vengono viste non più come quantità, ma come qualità, è più facile capire l’idea del Made in Italy, del fatto a amano della tipologia del prodotto artigianale. E, attenzione, l’artigianato non è cucire, quello lo sanno fare tutti, anche i cinesi, e spesso anche meglio di noi, ma noi dobbiamo comprendere che è altro. Siamo nella terza rivoluzione industriale, è vero, ma siamo anche nel periodo in cui la gente preferisce comprare un pezzo solo, unico, che è un gioiello non perché è d’oro, ma perché fatto dalla testa di un creativo, ed è altrettanto prezioso, che non sarà mai possibile riprodurre. Se non ce ne rendiamo conto, saremo destinati a soccombere. Invece noi dobbiamo fare di tutto per permettere che si creino organismi capaci di donare messaggi, valori, unicità, energia».

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Se dovessi pensare a me, mi immaginerei in una sala bianca, col pavimento di legno, circondata di libri, pile di riviste e giornali sul tavolo e un portatile aperto davanti agli occhi, intenta a seguire il filo del discorso di un articolo che non vuole riuscire. Sarebbe un’immagine perfetta, che camufferebbe le folli corse di una giornalista trentenne prestata agli uffici stampa - per esigenza o per passione? - da sempre appassionata di letteratura, teatro, cinema, moda e arte. Se non avessi saputo scrivere non so chi sarei oggi, ma ripensando a ciò che scrisse Marinetti, dopotutto “l'arte è per noi inseparabile dalla vita”.

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