Ignazio Mortellaro, l’ntervista. Focus-on Sicilia

Atto creativo di due paesaggi – quello interno e quello esterno – dove l’Io rappresenta la sede di sintesi dei due campi. Suggestioni di luoghi dove lo scandire di un percorso conduce alla percezione delle vicende. L’essere umano e il suo relazionarsi con il restante rimangono in un’apparente immobilità, in un pensiero creativo, che pulsa e disvela quello che è visibile e mascherato dall’osservazione culturale. La ricerca di Ignazio Mortellaro è un raccontare una necessità, è un costante rapportarsi con le dimensioni esterne al sé, un relazionarsi con ciò che si muove al di fuori, sia pragmatico che trascendentale. Un mettere sulla scena dell’esistenza gli interrogativi sulle cause e sulle ragioni. Uno specchio in cui riflettersi e riflettere. Narrazione intima del suo lavoro relazionandosi con l’esterno.
Abbiamo intervistato l’artista su alcuni punti-chiave della sua ricerca.

Ignazio, il tempo interiore nel tuo lavoro…

“Il mio tempo interiore ha sempre un luogo in cui si manifesta. ha necessità di costruire prima di tutto un paesaggio dove compiersi. Ecco perché l’idea di costruire luoghi è così importante per me, è come un atto propedeutico alla manifestazione di un tempo altro. Il tempo interiore è un tempo utile, perché crea un sistema stereofonico con il tempo esterno, costruisce la percezione dello spazio.”

Rappresentazione illusoria dello spazio.

“Se parliamo di rappresentazione dello spazio è già implicita la sua illusorietà; è cioè manifesta la volontà di costruire delle condizioni in cui si fa un patto di complicità con chi quello spazio dovrà osservarlo, se ci pensiamo è la libertà che ci contraddistingue quella di poter, prima che rappresentare, costruire spazio. Rappresentarlo è un’azione successiva che implica un secondo livello di manipolazione.”

 Spazio concettuale e spazio reale.

 “La distinzione tra queste due tipologie di spazio esiste ma solo sotto una forma stratificata e multipla, mai si potrà avere una percezione isolata dell’una o dell’altra tipologia. Sono due spazi che si contaminano continuamente e solo nello sforzo di sintesi possiamo creare una visione che sovrappone come layers una natura-paesaggio dove avvengono le cose, continua e analogica, ed un paesaggio-pensiero, lucido e digitale, che traccia logiche.”

Paesaggio interno ed esterno.

“Mettendo in serie le tue frasi-domande precedenti potrei dire che il paesaggio è lo spazio rappresentato nel tempo. Quindi il suo essere interno o esterno è caratteristica legata a molteplici variabili, potrebbe essere un paesaggio con spazio interiore e tempo esteriore, oppure viceversa. quindi interno ed esterno non è applicabile al concetto di paesaggio ma a delle sue variabili.”

Nella tua ricerca l’analisi della relazione tempo-uomo fa emergere la sensazione che l’uomo alla fine ne sia vittima in un labirinto dove l’uomo con gli occhi coperti, venga trasportato in luoghi altri che annullano le cose svelandone la presenza. Quale genere di presenza?

 “Mi trovo perfettamente a mio agio in questa tua descrizione, l’ossimoro mi aiuta spesso a spiegare l’intuizione, forse perché è una figura retorica e poi perché ha questa natura a due termini che la rende cromosomica. essere ciechi, annullare cose e svelare presenze, labirinti e luoghi altri, sono tutti luoghi della mia ricerca.”

Da dove nasce il tuo interesse verso l’uomo e la natura che esprimi anche nella scelta dei materiali utilizzati nei tuoi lavori?

 “Non penso che esista una netta distinzione tra uomo e natura, e negli ultimi vent’anni l’ecologia ha cominciato a vivere nell’ambiguità di un banale sentimento di protezione o di una speculazione economica. E’ sufficiente pensare a quanto siano inflazionate le parole ecosostenibile o ambiente per rendersi conto di quanto il problema si sia spostato da un piano filosofico ad un piano economico-sociale-demagogico. Alla parola Ambiente preferisco la parola Natura, è più antica, non ha quel carattere pseudo scientifico carico di dati e percentuali, ma racconta dei miti e dei simboli, quindi dell’uomo, non a caso Lucrezio ha scritto un De Rerum Natura, perché il concetto di natura è più complesso, c’è dentro l’uomo, con la sua storia ed il suo pensiero, insieme alle stelle, le pietre, le piante e gli altri animali.
Sono alla continua ricerca di materiali perché voglio recuperare il contatto con le cose, che sono fatte anche di materia. la nostra natura culturale è antica, sedimentata in decine di migliaia di anni, abbiamo toccato materia, abbiamo manipolato materia, abbiamo mangiato e respirato materia. E’ così che cerco i materiali, scavando con le mani dentro il mio pensiero.”

La cultura, in questo binomio uomo-natura, che ruolo assume?

“La cultura è la struttura di questo rapporto. la coscienza che regola questo binomio è culturale.”

 Come ti relazioni con il concetto e con la presenza del vuoto?

“Non penso esista uno spazio vuoto, c’è sempre qualcosa, energia o materia sconosciuta, ed è questo che rende possibile una relazione. esiste invece il concetto di assenza che comunque sta fuori dalla mia comprensione.”

La musica nella tua ricerca ha un ruolo importante. Cosa pensi aggiunga il suono in un lavoro che prevalentemente sollecita la vista e l’emozione?

“Il suono è strutturalmente importante in molti dei miei lavori, è un livello di comunicazione ulteriore che si compenetra con gli altri. Poi comunque la distinzione dei sensi non è poi così netta, è facile passare da uno all’altro senza soluzione di discontinuità. Il suono si può vedere, o toccare, così come un affresco può essere tattile, si può sentire la temperatura di una luce, o l’odore di un colore.”

In uno spazio, l’ombra appare come il negativo dello spazio stesso. O, come mi hai detto, rappresenta la negazione del tempo?

 “Forse fai riferimento alla serie Elogio dell’Ombra, è una rappresentazione del principio di indeterminazione di Heisemberg; delimitando graficamente l’ombra di piante perdo il tempo e la luce nella sua continua mutevolezza ma conquisto un nuovo spazio, una mappa geografica. Non è altro che la traccia del limite tra l’osservazione e misura dello spazio e quella del tempo.”

Contempli la casualità nella tua ricerca? O pensi non esista, in nome di una legge molto forte come quella di causa/effetto?

“La casualità esiste ed è un fattore che rende vivo il percorso, causa/effetto come meccanismo di comprensione è naturalmente utile ma non la considero una legge.”

Il lavoro Conversazioni attraverso il granito, che hai presentato nella mostra Disambient, è un cuscino realizzato in cemento.

“E’ un oggetto che conduce facilmente a una dimensione onirica, a una dimensione del sogno. Il cuscino non è altro una sindone solida, una traccia della nostra presenza. In questo caso specifico è paradossale che il momento in cui siamo più padroni dello spazio è proprio il sogno, l’unico luogo dove siamo creatori-geografi del mondo, tutto è mappato da noi. Abbandonato il corpo, è il nostro pensiero a camminare, muovere cose, costruire fisicamente paesaggi in un tempo che può essere un’istante infinitesimo o l’eternità.”

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Laura Francesca Di Trapani è nata a Palermo dove vive. Storica dell'arte e curatrice indipendente, si è formata presso l'Università La Sapienza di Roma. E' critica d'arte contemporanea con un particolare interesse rivolto alle nuove generazioni di artisti (tra gli ultimi progetti di curatela vi sono la mostra personale di Fulvio Di Piazza a Palazzo Ziino a Palermo, la personale di William Marc Zanghi da BonelliLab a Canneto S.O, la bi-personale di Federico Lupo e Giovanni Blanco da Bt'f Gallery a Bologna, la curatela critica della ricerca fotografica di Stefania Romano al MIA-Milan-image art fair e la bi-personale fotografica di Alessandro Di Giugno e Francesco Paolo Catalano NORMALE). Si è interessata di mercato dell'arte per la rivista X-press edita dalla Deutsche Bank (Francoforte). Collabora con alcune riviste e redazioni di settore tra le quali Espoarte.

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