Blue Jasmine. La tristezza di una società drogata dal denaro.

Blue Jasmin, Cate Blanchett
Blue Jasmin, Cate Blanchett
Blue Jasmin, Cate Blanchett
Blue Jasmin, Cate Blanchett

Non si può dire che Woody Allen sia ironico e brillante nell’ultimo suo film Blue Jasmine, come avveniva negli altri film su New York (Io ed Annie, Manhattan, Hannah e le sue sorelle), ma sicuramente, ormai più maturo e disincantato, è riuscito a calarsi meglio dentro i traumi di una società americana sempre più divisa tra classi sociali, ricchi e poveri, imbrogli finanziari ad alto livello e vita quotidiana di gente senza più denaro da spendere.

E per seguire il corso di questa pessimistica visione di una società di cui non vede più speranza ha scelto la strada più convenzionale. Quella della trasmigrazione (di ieri come di oggi) del suo personaggio femminile Janette – Jasmine (Cate Blanchett), in continuo esaurimento nervoso, dalla New York della vita sociale elegante e mondana a quella delle periferie povere ed ignoranti di San Francisco. Per ricostruirsi là una nuova vita, per avere, come si dice in americano, una seconda chance.

Il film è un continuo flashback tra presente e passato, in cui i ricordi di una vita piena di ricevimenti, vacanze e bei vestiti, non lasciano mai liberare un presente di ricostruzione esistenziale da un passato ingombrante e scomodo. Un passato viziato e spensierato, di cui la protagonista, soggetta a crisi di nervi e di panico, ha mantenuto la albagia della ricchezza, l’alterigia degli status symbol (gioielli, abiti, macchine, ville ecc.) e la filantropia ipocrita.

Vale la pena di scoprire come Woody Allen ha ideato questa nuova commedia che volge inevitabilmente al tragico. La storia della protagonista del suo film dalla ricchezza alla povertà gli è stata suggerita da sua moglie Soon-Yi, che a sua volta ne aveva sentito parlare nel mondo dorato di Park Avenue a Manhattan. Ma Allen che non è autore privo di approfondimenti nei suoi lavori ha cercato negli avvenimenti presenti un riscontro alla sua storia, ispirandosi per il marito arricchito della protagonista Hal (Alec Baldwin), alle operazioni finanziarie di un broker Bernard Madoff, che nel 2008 è stato condannato a 150 anni per attività fraudolente, dopo aver rovinato milioni di persone che gli avevano affidato dei soldi. Bernard Madoff applicava per i suoi giochi finanziari gli schemi di Charles Ponzi, un italiano che già nei primi del ‘900 aveva inventato quei fondi che nel 2008 hanno dato l’avvio alla crisi. Le stesse strategie che vediamo usare da Hal su un piano internazionale nel film.

Dopo l’arresto del marito per frode, Jasmine raggiunge la sorella (adottata) Ginger (Sally Hawkins), completamente diversa da lei (“Non hanno gli stessi geni”), separata con due figli, modesta cassiera nei sobborghi di San Francisco. Anche se Ginger ed il suo ex marito hanno perduto 200 mila dollari nelle operazioni fraudolente del marito di Jasmine, la accoglie in casa e cerca di aiutarla a trovare un umile lavoro da infermiera. Ginger ha un fidanzato Chili (Bobby Cannavale), meccanico senza un minimo di gusto e delicatezza, con il quale Jasmine si scontrerà con forza, cercando per la sorella qualcuno meglio di lui.

Nell’evidenziare la lotta di classe più che economica, comportamentale, Woody Allen sembra parteggiare per l’onesto Chili perché è più spontaneo e genuino anche se non è troppo educato. Ed è critico e moralista per quanto riguarda il fasullo e scostante comportamento dei nuovi ricchi (emergenti da illecite manovre finanziarie) e delle loro mogli ed amanti che per mantenere i loro privilegi ed il loro benessere fingono sempre di non sapere nulla.

Allen è così caustico e feroce da annientare i suoi protagonisti con Hal che si impicca in carcere e Jasmine che parla da sola come una pazza su una panchina del parco. Il film non è per niente allegro e la parola blue significa triste. Invece oltre la professionalità degli attori secondari come Sally Hawkins, Bobby Cannavale, Alec Baldwin, la bravura di Cate Banchett, con la sua sconfinata fiducia nei soldi e nella loro ricerca facile (tenterà con le menzogne di sposare un diplomatico), i suoi ricordi in luoghi raffinati e da sogno, i suoi impareggiabili scontri con la mediocrità, le volgarità e le violenze, le sue crisi da abuso di farmaci ed alcool, ne fanno ancora una volta un’attrice da Oscar.

Conoscendo la vita di Woody Allen a New York e le sue frequentazioni si potrebbe dire che è stato facile per lui ridicolizzare tutto lo snobismo e le ossessioni di una certa borghesia (oggi neanche più intellettuale) che lui non capisce più, ma è nell’effetto della crisi e quindi nella rinascita in una dimensione più modesta e forse più umana, più vera e forse più tragica, che il regista conduce la sua sceneggiatura, che fa diventare il film attuale e diverso, deludendo chi ancora vorrebbe il Woody Allen ironico, brillante e pieno di battute. Anche Woody Allen è diventato blue (triste) e non ce ne vogliamo accorgere.

 

+ ARTICOLI

Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.