Fermento nel settore Beni Culturali: dalla manifestazione “500 no al MIBACT” al primo passo verso il riconoscimento delle professioni

uno dei loghi della campagna dei No
uno dei loghi della campagna dei No

Non ancora smaltita – poiché è, di fatto, indigeribile – la batosta subita dall’insegnamento della Storia dell’Arte nelle scuole italiane ad opera della riforma Gelmini (2008 e successive aggiunte) e grazie ad essa ridotta ormai all’osso la trasmissione di quella che Roberto Longhi auspicava essere “lingua viva”, già sulle labbra dei più piccini, il nuovo anno si apre manifestando forti disagi e registrando, seppur in maniera provvisoria, almeno una buona nuova.

A tutta prima potrebbe sembrare una notizia per soli addetti ai lavori, ma a ben guardare non è così, giacché unisce le battaglie per la tutela e valorizzazione del nostro Patrimonio Culturale con quella, condivisa da pressoché tutte le categorie, per la salvaguardia delle competenze e il rispetto per l’impegno profuso nello studio e nella ricerca di un giusto lavoro da migliaia e migliaia di italiani, a dispetto della crisi.

È infatti del pomeriggio di mercoledì scorso, 15 gennaio, l’approvazione alla Camera dei Deputati della proposta di legge (Pdl n.362: favorevoli 452 deputati, astenuti 3, contrari 0) sul riconoscimento dei Professionisti dei Beni Culturali ovvero archeologi, archivisti, storici dell’arte, bibliotecari, demoetnoantropologi, diagnosti, restauratori. Riconoscimento fino a ieri negato e vincolato a mille ragionamenti che ne impedivano l’attuazione.

Il provvedimento passa adesso all’esame del Senato e, se verrà confermato acquisendo dignità di legge, consentirà a quanti si sono formati nel settore – e quasi sempre lavorano loro malgrado in condizioni di assoluta precarietà – di veder riconosciuti competenze, diritti e adeguate tutele previdenziali. Per felice coincidenza, la notizia – salutata con favore dal ministro Bray in un tweet di mercoledì sera – giunge in una momento denso di fermento per quanti gravitano intorno al mondo delle arti e del patrimonio culturale, risorsa a cui a buon diritto – e sempre – spetterebbe la funzione trainante per l’economia e lo sviluppo del sistema Italia. Si va, infatti, dal forte rimbalzo social e mediatico registrato dalla campagna promossa dal collettivo ZERO e segnata dall’hashtag #coglioneNo a ribadire la dignità del lavoro dei giovani creativi italiani, alla larga partecipazione registrata sabato 11 gennaio alla manifestazione nazionale indetta presso la Rotonda del Pantheon, a Roma, in disaccordo con il bando promulgato dal MIBACT lo scorso dicembre, a seguito del decreto Valore Cultura (L. n.112/2013). A ribadire i loro #500No alla possibilità di mero tirocinio formativo mirato alla “inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano”, per la prima volta si sono riunite più di quaranta sigle di lavoratori nell’ambito dei beni culturali, dall’Associazione Nazionale Archeologi alla Associazione Bianchi Bandinelli, da La ragione del restauro a SAU, per gli storici dell’arte.

Il disappunto di fronte al bando del Ministero era stato già manifestato, chiaro e a più voci, sin dalla prima diffusione dello stesso, ad inizio dicembre e si era incentrato su diversi punti palesemente critici quali l’offerta di un percorso formativo a giovani sino ai 35 anni (età alla quale, in un Paese “normale”, un giovane dovrebbe essere in condizione di contare almeno su un lavoro stabile e retribuito dignitosamente), la scarsissima indennità di partecipazione (che pure corrisponde agli standard previsti) a fronte di un impegno orario in una prima redazione del testo certamente notevole e non flessibile alle esigenze di studio di molti. E questi sono solamente alcuni dei punti oggetto della critica degli addetti (o aspiranti tali) al settore. Il disappunto, si diceva, era stato tempestivamente manifestato da molti – singoli, associazioni, comitati appositamente creati – e non si è smorzato dopo l’altrettanto sollecito intervento del MIBACT, atto a modificare alcuni dei punti del bando. Tra le associazioni più attive è stata certamente l’ANA, organizzazione nazionale degli archeologi che già con un comunicato del 9 dicembre sottolineava, a firma del presidente Salvo Barrano: 

“I progetti per l’innovazione dei beni culturali devono essere improntati a prospettive di sistema e non a iniziative episodiche”

Ciò, tenendo fermo il concetto dell’insufficienza del bando come iniziativa a sostegno dell’imprescindibile settore dei Beni Culturali italiani.

Ebbene, le tante voci qui ricordate solamente en passant si sono date appuntamento, su chiamata dell’ANA, sabato mattina (11 gennaio 2014) davanti al Pantheon, risultando essere ben più di cinquecento e riunite sotto l’insegna “500 No Al Mibact per la buona occupazione nei Beni Culturali” e con vari slogan tra i quali il condivisibilissimo “basta formazione, vogliamo occupazione”. Già, perché la protesta giunge da una categoria di giovani formati, formatissimi; di certo non mancano loro titoli un tempo prestigiosi quali Diploma di Specializzazione (rigorosamente post lauream: non si parla di Laurea specialistica e in molti siamo costretti mille volte a specificarlo) e Dottorato di Ricerca.

Al termine della manifestazione Beatrice Mastrorilli, presidente di SAU – Storici dell’Arte Unitari, ha tenuto a precisare:

“Il bando è l’ennesima truffa ai danni delle professioni dei Beni Culturali da parte di una classe politica che dimostra ogni giorno di più la sua disattenzione verso la cultura ed il patrimonio storico-artistico nazionale. Una politica culturale attenta dovrebbe saper incentivare le risorse che possiede e la risorsa più importante per poter conservare, valorizzare e tutelare il patrimonio storico artistico siamo proprio noi, i professionisti dei Beni culturali che per formazione e competenze ne siamo i primari custodi, eppure ad oggi siamo bloccati dal sistema della precarietà e da un mercato del lavoro che deliberatamente ci esclude”.

E ancora giovedì 16, nel corso di un breve incontro di commento a caldo della notizia giunta dalla Camera, il presidente di SAU (Storici dell’Arte Unitari – https://www.facebook.com/pages/SAU-Storici-dellArte-Unitari/569647466432015) ha sottolineato:

“Non è ancora il momento di lasciarsi andare a facili entusiasmi, l’iter della proposta non si è concluso e bisogna attendere che passi in Senato. Pertanto ci uniamo all’appello alla responsabilità rivolto dall’ANA al Presidente del Senato e alle forze parlamentari per una rapida approvazione del provvedimento che davvero potrà essere un passo fondamentale verso lo sviluppo della vera e buona occupazione nel settore, ad innegabile vantaggio dello sviluppo delle risorse culturali del nostro Paese”.

#coglioneNo: ecco i tre geniali video:

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Storica dell’arte, curatrice e critica freelance, dopo la Laurea Magistrale in Storia dell’arte contemporanea al DAMS di Palermo si è diplomata alla Scuola di Specializzazione di Siena con Enrico Crispolti, con un lavoro monografico sull’artista Francesco Simeti. Attualmente è cultrice di materia e dottoranda all’Università della Tuscia. Dal 2008 al 2012 ha assistito Sergio Troisi alla direzione artistica dell’Ente Mostra di Pittura Contemporanea “Città di Marsala”; ha collaborato con Riso – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, con la GAM di Palermo e altre realtà pubbliche e private.

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