Palazzo Lucarini, Galleria Cinica # Pneuma di Lara Pacilio. Intervista alla curatrice Maila Buglioni

Lara Pacilio PNEUMA - Galleria Cinica 2014 - Foto di Diego Barletti

A Palazzo Lucarini Contemporary – Centro per l’arte contemporanea di Trevi prosegue il ciclo titolato Galleria Cinica, un progetto di sei mostre per promuovere artisti e curatori giovani intorno ad un tema ampio e complesso: infatti, la denominazione dell’iniziativa gioca da una parte sul nome “Civica” inteso come galleria museale che è presente in molte città e talvolta riesce a farne eccellenza artistica e culturale; dall’altra si riferisce alla filosofia “Cinica” che auspicava vita raminga, autosufficiente, indifferenza ai bisogni e alle passioni per una fedeltà esclusiva al rigore morale. Una mission, questa, in qualche misura incarnata proprio da Galleria Cinica e una responsabilità non da poco per i protagonisti coinvolti. Chiediamo subito a uno di loro, Maila Buglioni, curatrice di Pneuma dell’artista Lara Pacilio se sente il peso di questa responsabilità…

Maila, abbracciate, tu e Lara Pacilio, questa tensione all’autarchia? Il “Cinismo” storico vi coinvolge, vi convince?

“Il Cinismo storico venne fondato nel lontano ellenismo (IV secolo a.C.), ovvero in un periodo storico pieno di sofferenze ed incertezze, per offrire alle persone la possibilità di raggiungere la felicità e la libertà durante quest’epoca di crisi. In un certo senso l’attuale decadenza che si registra a livello culturale, sociale, economico ed il disfacimento del sistema capitalistico sembra duplicare lo stato di stallo registrato nei lontani secoli dell’ellenismo. Uscire da tale recessione sembra ad oggi quasi impossibile poiché ad ogni piccolo passo in avanti si susseguono due passi indietro. Riflettendo su ciò, posso affermare che in parte il Cinismo storico dovrebbe essere recuperato, restaurato ed adeguato alle esigenze contemporanee perché è nato per contrastare le grandi illusioni dell’umanità – come la ricerca del potere, della fama e del piacere – invitando a ricercare, invece, una felicità che sia in accordo con la natura, spesso ignorata e danneggiata da noi stessi. Anche se non condivido la vita randagia e indifferente ai bisogni, alle passioni professate da tale scuola perché credo fermamente che ogni essere umano per vivere bene ha bisogno di soddisfare le proprie passioni, a meno che queste non rechino danno ad altri soggetti.
Per quanto riguarda il concetto di autarchia, insito all’interno di tale pensiero filosofico, personalmente non condivido l’idea di un governo di tale tipo poiché comporterebbe solo una chiusa mentale fino ad travalicare il senso stesso di autonomia di governo, rischiando così di portare ad un irrigidimento delle regole/leggi interne della nazione che l’abbraccia (il fascismo, fra i tanti, ne è un esempio).”

L’arte deve avere a che fare – sempre per citare le caratteristiche della filosofia Cinicia – con l’etica, secondo te?

“Secondo me l’arte, soprattutto quella contemporanea, ha a che fare con l’etica, nonostante queste due discipline possano apparire opposte. L’arte nasce sempre da un impulso, da una sensazione, da un evento sconcertante tradotto in un secondo tempo dall’artista, ovvero da una persona dotata di una altissima sensibilità, in opera d’arte. Affermava, infatti, De Chirico che l’artista è una sorta di veggente dotato della possibilità di “vedere oltre” i fatti, oltre la realtà delle cose. Lui come altri artisti furono dotati di tale peculiarità, come Paul Klee il quale, attraverso i suoi lavori, rendeva visibile l’invisibile, come da lui asserito nei suoi scritti. Quindi, un lavoro artistico, prendendo le mosse dall’esperienza diretta, è implicata con l’etica anche se l’artista può decidere di fare un’opera d’arte che non si allinei con i connotati imposti dalla società. L’etica – ovvero la morale, il perbenismo, il costume, etc.. – è strettamente connessa con l’arte poiché quest’ultima è parte del mondo in cui viviamo e quindi rispecchia, nel bene e nel male, la nostra società con tutti i suoi difetti e pregi. Inoltre, i mass media hanno contribuito sempre più a far emergere questa stretta relazione tra estetica-etica sviluppando un gusto etico-estetico di massa a cui l’arte attuale deve sottostare per essere recepita, a discapito della sperimentazione e delle ricerche off.”

E come si palesa il vostro rigore morale – non moralismo: alla Antistene, alla Diogene di Sinope, per intenderci –  attraverso questa mostra?

“La mostra PNEUMA, e anche tutta la ricerca di Lara, oltrepassando i limiti imposti dalla società sul tema della follia si palesa come anti-moralista. Il tema della pazzia è stato, infatti, un argomento molto dibattuto in passato per via delle cure e/o strazi a cui i malati erano sottoposti – come ad esempio l’elettroshock – fino alla chiusura dei manicomi, decretata nel 1978 con la legge Basaglia. Con PNEUMA abbiamo riprodotto un percorso che scuote l’osservatore facendo entrare nel vivo della questione già dall’entrata delle due stanze adibite a Galleria Cinica. Qui, rami secchi invitano il fruitore ad entrare e, insieme, lo avverto del crudo argomento sviluppato negli ambienti. Oltrepassando tale accesso lo spettatore è immesso in una realtà altra: quella dell’individuo indagato da Lara.”

Perché hai coinvolto proprio Lara tra le tante scelte che potevi fare? Cosa in particolare ti ha colpito della sua ricerca?

“Ho scelto di coinvolgere Lara perché il suo progetto mi ha fin da subito affascinato per via della sua natura eterogenea, caratterizzata da un inedito intreccio tra arte visiva, teatro e musica. Il suo progetto conferma quel viscerale rapporto tra arte e follia esistente fin dall’antichità, anche se Lara intende questo concetto in modo inedito ovvero come quella pazzia latente e nascosta in ognuno di noi ovvero come squilibrio psichico appartenente al mondo contemporaneo. Inoltre, mi ha colpito quel mettere in primo piano l’uomo esplorandone l’anima, i sentimenti e le emozioni provocate in particolari situazioni di disagio col fine di esternarle e riprodurle attraverso differenti media artistici: dai bozzetti preparatori alle installazioni meccaniche, dai video alla musica studiata ad hoc dal musicista Luca Nostro con cui Lara collabora da parecchio tempo. Insomma sintetizzava quel malessere presente oggi nella società, condizione in cui ogni fruitore può riconoscersi. Mi interessava anche vedere come avrebbe reagito il fruitore di fronte a questo tema e alle opere di Lara.”

Lara affronta solitamente tematiche sociali, talvolta scivolose e durissime – come la pedofilia – altre intime, segrete, come nel caso di Pneuma, che affonda le radici nell’interiorità talvolta “interrotta”… Vuoi analizzare questo suo lavoro?

“La mostra PNEUMA è il punto di arrivo di un affannosa ricerca nata circa un anno fa da un esperienza realmente vissuta, ovvero una visita all’ex manicomio di Volterra, a cui poi sono succedute altre visite presso l’ex manicomio di Santa Maria della Pietà di Roma. Da qui Lara ha preso spunto per dar vita a un progetto basato sul concetto di follia intesa, come quella pazzia latente e nascosta in ognuno di noi, ovvero come squilibrio psichico appartenente al mondo contemporaneo. Il lavoro è strutturato in differenti fasi: dalla creazioni dei primi bozzetti su carta – in cui ha rappresentato le sembianze fisionomiche dei malati che l’hanno ispirata – alla concretizzazione prima con installazioni meccaniche e successivamente all’ideazione e creazione del video e della musica. Le installazioni meccaniche, essendo strutture dotate di movimento proprio, coinvolgono lo spettatore. Il loro statuto, a metà tra sculture e piccole scenografie mobili, è reso reale mediante la loro presentazione/riproduzione in immagini video. Nei corti location, performer, e musica giocano un ruolo fondamentale, contestualizzando l’opera e facendo emergere con maggior chiarezza i concetti in esse insiti. Importantissima è anche la componente musicale elaborata da Luca Nostro – chitarrista e compositore, prima chitarra elettrica del parco della Musica Contemporanea Ensemble – poiché rende vive l’opera stessa, alla pari dei personaggi su cui esse sono plasmate.
Le maschere sono le uniche protagoniste dei video, caratterizzati dall’interiorità (spinosa o fragile che sia) dall’interiorità dell’individuo rifugiato in quel micro-cosmo in cui è ritratto. Ogni singolo personaggio nasconde, sotto il proprio involucro corporeo, un anima psichicamente lesa, che è stata prontamente afferrata ed esplicitata dall’artista attraverso tali opere movibili. In questo modo le debolezze, le emozioni, i sentimenti e i vari temperamenti diventano i veri protagonisti dei lavori. L’obiettivo di Lara è, infatti, rovesciare l’essere umano scelto per rivelarne l’anima interna. In questo modo la romana rendere visibile l’invisibile ovvero ciò che è nascosto nell’essere prescelto cogliendone i flussi emotivi e gli umori che lo dominano e lo turbano, come implicitamente affermato nel titolo della mostra Pneuma, vocabolo che riconduce alla teoria umorale elaborata da Ippocrate (Coo 460 a.C. ca – Larissa 377 a.C.) nel V secolo a.C. e successivamente ripresa da Galeno (Pergamo 129 a.C. – Roma 216 a.C). Se per il primo esistono quattro umori base che governano il buon funzionamento dell’organismo umano – bile gialla, bile nera, flegma, sangue o umore rosso – la cui prevalenza di uno sugli altri causerebbe la malattia; per il medico romano il principio fondamentale di vita era pneuma (aria, alito, spirito). Secondo quest’ultimo pneuma risiede nel cuore, pertanto egli considerava tale organo come sede della vita e dello spirito ovvero dimora di ciò che più tardi si chiamerà anima. La mostra PNEUMA è, quindi, un invito a immergersi per qualche minuto nella realtà del folle.
Inoltre, la condizione d’incolmabile solitudine e sofferenza subita nell’era contemporanea e ampliamente rappresentata in queste opere, è rintracciabile in La Filosofia di Andy Warhol da A a B e Viceversa di Andy Warhol. Secondo l’artista Pop la sola cura possibile per sopperire momentaneamente a tale mancanza è l’impulso a comprare futili ma anti-depressivi oggetti. Contrariamente a ciò che egli era – uomo di fama e di successo – confeziona un’opera i cui protagonisti, tra cui se stesso, sono personaggi anonimi denominati con singole lettere dell’alfabeto. Tale espediente, utilizzato per accentuare la separazione tra la narrazione e la realtà esterna, è ripreso da Lara nei titoli dei primi due video concepiti: From L to L1 e From L to L2. Irruenta e incontrollabile risulta essere la personalità descritta in From L to L1, mentre apparente calma e controllata è l’indole del personaggio presentato in From L to L2. Il terzo video – ovvero Mütter – è imperniato sull’essere donna in quanto procreatrice di vita e sull’impossibilità di divenire ‘madre’. Mütter, dal tedesco ‘madri’, nasce come spontaneo proseguimento, sviluppo e crescita dei precedenti lavori. Infatti, mentre negli altri la maschera è inserita su un congegno meccanico, mostrandosi essa stessa come opera, in quest’ultimo è la performer a dar vita alla maschera umanizzandola e rendendo l’intero contesto più vicino alla realtà. Una donna generata e generatrice, simbolo di una maternità inseguita e mai arrivata.
Accompagna tutto ciò la serie dei Padiglioni, qui esposti in tre esemplari, pensati da Lara come una sorta di museo dei personaggi’, i cui protagonisti recitano ruoli a se stanti, senza la necessità d’interagire tra loro. Un corpus di lavori – a metà tra scultura e installazione – legati tra loro e, al contempo, denotati da una forza propria capace di renderli autonomi. In essi piccole sagome nude, dove la nudità è sinonimo di verità e trasparenza, si arrampicano attraverso dei fili verso una grande figura posta al centro della rappresentazione: una donna velata, che imperturbabile continua la sua preghiera. Se qui abbiamo portato solo Padiglioni con l’elemento femminino, in altri troneggia l’elemento mascolino. Mentre nei primi il riferimento è alla figura della Madonna e al ruolo di “madre e donna perfetta”, nonché modello impossibile da perseguire; in quest’ultimi è ritratto il “porco”, simbolo del potere incarnato da quell’essere ipocrita e cinico che si adopera solo per sporchi scopi personali. Un corpus di lavori, quindi, nato con l’intento di essere uno specchio della società contemporanea, sottolineando le ingannevoli virtù in essa presenti come soprusi, abusi, sovra poteri, speranze, volontà e libertà calpestate. Anche qui emerge l’aspetto teatrale e scenografico, settore di formazione di Lara, attraverso una serie di lucine al neon utilizzate per illuminare i protagonisti e, soprattutto, per generare un gioco di ombre, metafore delle sofferenze umane, che si proiettano sul fondo del fondo grigio dei lavori. In ognuno di queste opere è, quindi, messa in primo piano una piccola tragedia che prende spunto da eventi quotidiani realmente accaduti.”

Ravvedi legami di Lara – per via dei suoi lavori semoventi, con quel qualcosa di scenografico – con alcuni precedenti, diversi ma con qualche analogia, tra i quali Depero e Jean Tinguely, al di là della loro ironia?

“Sicuramente c’è un riferimento implicito ad entrambi gli artisti.
Lara riprende da Depero la connessione con il mondo del teatro e della scenografia, ma anche l’attenzione verso opere tridimensionali movibili, come i Complessi Plastici (1914-1915) realizzate con materiali poveri e meccanismi capaci di muoverli, senza tuttavia avere la pretesa e lo scopo di arrivare a creare un opera d’arte totale (obiettivo invece ricercato dal futurista). Tuttavia, occorre precisare che le maschere dell’artista romana non hanno nulla a che fare con gli automi del mondo teatrale. Anche il riferimento a Jean Tinguely è adeguato sempre per via dell’interesse di Lara nei confronti di macchine movibili realizzate con materiali di scarto: meccanismi o motori estrapolati da oggetti di uso quotidiano a cui la romana dà nuova vita attraverso i suoi lavori. Nonostante ciò, sottolineo l’assoluta lontananza della ricerca di Lara dalle ispirazioni giocose e ironiche che dominano i Metamechanics dello svizzero.”

Mi ha incuriosita il fatto che Lara provenga dalla scenografia: forse, quindi non a caso, mette in scena meccanismi semoventi che hanno una forte dose di teatralità e scenograficità… Non credi?

“Sì, Lara ha una formazione abbastanza particolare che inizialmente ha incuriosito anche me.
La sua provenienza dalla scenografia l’ha guidata a ideare opere in cui la componente teatrale, ovvero l’attenzione verso la messa in scena, i meccanismi semoventi nonché l’utilizzo dell’illuminazione, è divenuta fondamentale. Esemplari sono le installazioni movibili ed i video inerenti presentati qui a Galleria Cinica: From L to L1, From L to L2 e Mütter. Per ogni corto Lara ha studiato un apposita messa in scena ovvero ha cercato un luogo reale nel quale inserire l’installazione e dove girare il video, di cui lei è regista. Inoltre, anche nei Padiglioni ritorna l’influsso e l’attenzione verso la messa in scena: i personaggi sono disposti come se stessero recitando una parte ed in più vediamo i fili dei meccanismi che solitamente sono nascosti dalle quinte e dal fondale.”

Disagio psichico, psicologico e sociale, malessere interiore, follia sono stati trattati nell’arte visiva da tanti artisti e sembrano problematiche oggi più che mai presenti in questi nostri tempi di crolli e crisi… Lara le porta allo scoperto a suo modo; tu come le intendi? Credi che l’arte possa sanare? O solo rivelare?

“L’attuale situazione di crisi culturale, sociale ed economica in cui tutti noi dobbiamo convivere quotidianamente ha portato inevitabilmente a generare l’aumento di disagi psichici, psicologici e sociali, di malesseri interiori e follie di ogni genere… Sicuramente l’arte può aiutare a rivelare tali difficoltà mettendole in primo piano ma, purtroppo, non può avere la pretesa di sanare. L’aiuto che l’arte può dare è sicuramente quello di allietare gli individui malati trasportandoli altrove. In secondo luogo, l’arte potrebbe e dovrebbero farsi promotrice della presenza di tale stato di malessere incentivando una presa di coscienza collettiva, fino a sensibilizzare lo Stato o l’istituzione competente. Tutto ciò potrebbe essere possibile se chi ci governa ascoltasse e agisse realmente per il bene del suo popolo.”

L’Arte Contemporanea si fa con tutto [1], come Lara ha fatto?

“Oggi l’arte contemporanea ha oltrepassato ogni limite: la sperimentazione incentivata dagli artisti del Novecento ha legittimato i loro successori ad utilizzare ogni tipo di materiali per realizzare le proprie opere: da quelli di scarto alle materie industriali, dai prodotti della terra e della natura agli escrementi e così via. L’arte si fa con tutto ma non tutto è arte poiché dietro ad ogni opera o azione artistica, che sia un happening o una performance o altro, deve esserci una poetica, un filo conduttore o una ricerca che indaghi una certa cosa o che vuole scardinare o mettere in ridicolo alcuni dogmi.”

Questo (quello esposto in Galleria Cinica da Lara, per esempio) potevo farlo anche io [2]?

“Sì, potevi farlo anche tu, come potevo farlo anche io o poteva farlo anche colui che ci sta leggendo ma l’ha fatto Lara. Tuttavia, ciò che distingue il suo progetto da quello realizzato da un altro individuo è proprio la specificità con cui l’ha compiuto ovvero l’unicità della produzione del progetto stesso. Lara ha ideato una serie di opere in quel certo modo poiché non solo è dotata di una buona manualità, di un’indispensabile formazione in campo artistico (non occorre solo ai grandi geni!), di un certo ingegno e di un alta sensibilità nei confronti di temi sociali come nel caso specifico, ma soprattutto perché l’ha fatto immettendoci la sua individualità. E’ proprio quest’ultimo fondamentale elemento che contraddistingue l’operare artistico di Lara nell’elaborare tale progetto rispetto a ciò che avrebbe potuto realizzare un altro artista!”

Come distinguere un vero artista (contemporaneo) da uno che non lo è [3]?

“Credo che non esista una ricetta o dei parametri a cui rifarsi per poter riconoscere un vero artista contemporaneo… perché nell’arte ci sono troppe variabili, come l’istintivo interesse o lo stimolo nei confronti di alcune ricerche piuttosto che verso altre. Possiamo, invece, cercare di capire, presagire se quel dato artista avrà successo o meno. A volte l’istinto può avere un ruolo fondamentale in questo, anche se esso non è un principio infallibile.”

Come spiegare a tua madre che quello che fai serve a qualcosa [4]?

“Con mia madre ho un bellissimo rapporto: parliamo per ore dell’arte, nonostante lei sia estranea a quest’attività. Tuttavia, mi ha sempre appoggiato in tutto quello che ho fatto: da quando ho scelto di frequentare l’istituto d’arte a quando mi sono laureata in storia dell’arte contemporanea, fino a ciò che faccio oggi. Mi segue sempre e non manca mai ai vernissage delle mostre che curo o ad altri eventi in cui sono coinvolta. Quindi, non occorre che le spieghi nulla perché, implicitamente, già sa che ciò che realizzo in campo artistico lo faccio con passione, l’unico sentimento che ancora spinge me e altri lavoratori del settore ad andare avanti su questa strada nonostante l’attuale crisi.”

From L to L1 di Lara Pacilio
l video riprende l’installazione dell’opera From L to L 1, che fa parte di una serie di lavori ispirati al tema della follia.

From L to L 2

Performance-improvvisazione di Luca Nostro sul video “Mutter” di Lara Pacilio
Performance-improvvisazione di Luca Nostro sul video “Mutter” di Lara Pacilio (2014) eseguita durante il vernissage della mostra di Lara Pacilio “PNEUMA” – 15.02.2014 Galleria Cinica – Palazzo Lucarini Contemporary. durata mostra: 15.02.2014 – 08.03.2014 – Trevi (PG) – Umbria – Italy

Le ultime quattro domande giocano con i titoli (e le questioni in essi affrontate) dei seguenti libri :

Note

1.  Angela Vettese, Si fa con tutto -Il linguaggio dell’arte contemporanea, Laterza, 2012

2.  Francesco Bonami, Lo potevo fare anch’io – Perché l’arte contemporanea è davvero arte, Mondadori, 2009

3.  Francesco Bonami, Si crede Picasso. Come distinguere un vero artista contemporaneo da uno che non lo è, Mondadori, 2010

4.  Come spiegare a mia madre che ciò che faccio serve a qualcosa? era il titolo di un convegno tenutosi al Link di Bologna nel novembre 1997 e organizzato da Cesare Pietroiusti; poi divenuto un libro edito da I Libri di Zerynthia e da Charta (1999), fu realizzato nell’ambito del Progetto Oreste (http://it.wikipedia.org/wiki/Progetto_Oreste; http://www.trax.it/come_spiegare.htm)

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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