Roma, Palermo, Rende. Storia di famiglia e mecenati: intervista a Roberto Bilotti. Focus-on Sicilia

ritratto di Tina e Lisa Bilotti  (Warol (1981) esposto 2006 

L’età che viviamo, segnata da forti contraddizioni, da sfaccettature che come variabili toccano la decadenza più nera per poi a tratti far emergere squarci di possibilità.
In quest’età gli interrogativi sul ruolo della cultura nella società tornano a essere presenti. Probabilmente perché le fasi di crisi economiche e politiche conducono necessariamente con sé le più svariate riflessioni su tutto quello che circonda l’essere umano, quale homo sapiens. Ed anche perché si intravede in queste una via di salvezza, una strada per la “resurrezione” di una società che al momento balla una danza macabra.

Oggi dovremmo auspicare una nuova era, riflettendo sul senso della filantropia e dell’impresa sociale. Ribadendo la levatura del ruolo della cultura e dell’arte nel conferire un apporto fondamentale per il rinnovamento della società. Perseguendo scelte coraggiose (contemplando innegabilmente le difficoltà e la confusione che permea questa nostra epoca) di rimanere ancorati alla cultura, riconoscendole il ruolo di guida per lo sviluppo della società stessa.

Oggi, ancor più di ieri, il singolo più dello Stato riconosce questo ruolo. E il singolo che interviene nel mondo della cultura e dell’arte lo fa con un approccio nuovo, diverso, portando avanti azioni per una rilettura della società e della cultura. Prima si definiva mecenate. Ora, rispetto al termine mecenatismo opto piuttosto per l’idea di una nuova visione del mondo e un nuovo modo di intervenirvi. L’essere mecenate, infatti, ha assunto una complessità fenomenologica, che ha prodotto un nuovo approccio al sistema della cultura, dell’arte e alle loro dinamiche interne. In un cambiamento globale, si modificano anche i ruoli. Il risultato è quello che alla fine conta, e in questo caso è l’attivare dei processi di evoluzione culturale.

Abbiamo incontrato Roberto Bilotti, che in questa veste di attivatore di processi culturali entra perfettamente. Ci ha raccontato delle sue svariate attività e investimenti. Una figura che ha apportato un impronta di sostegno alle realtà museali e alle giovani generazioni di artisti soprattutto in Sicilia, pur non essendo siciliano per nascita, ma oggi diventatolo senz’altro per adozione.

All’interno della realtà museale del museo Bilotti all’Aranciera a Roma colpisce la mancanza di un Direttore artistico. Come mai questa scelta?

“La gestione del Museo Bilotti all’Aranciera è affidata per la logistica a Zetema. La parte scientifica al comitato scientifico pubblico/privato composto da Federica Pirani, responsabile mostre Comune di Roma, Alberta Campitelli direttrice (ad oggi, n.d.R.) MACRO, io e mia sorella Edvige docente universitario. In passato Gianni Mercurio curava la strategia culturale per la parte espositiva, ma Zetema non ha ritenuto di rinnovare questo ruolo.”

Raccontaci questa nuova avventura del MAXXIR, museo d’arte del XXI a Rende. Come nasce e dove è diretta?

“La Calabria non ha un museo di Arte contemporanea. Mio zio Carlo Bilotti avrebbe voluto donare parte della sua collezione a Cosenza ma la mancanza di una sede ha comportato l’istituzione di un museo all’aperto il MAB. L’Amministrazione comunale di Rende ha trasferito il municipio a valle costruendo una nuova sede più funzionale. Il castello è rimasto privo di destinazione e così l’Amministrazione mi ha chiesto di istituire un museo… a costo zero! Ho convinto i miei fratelli a donare parte della collezione di mio padre scomparso a Natale scorso. Ho coinvolto artisti amici, fondazioni, associazioni e abbiamo già raccolto oltre duecento opere dei massimi artisti italiani che rappresentano le più significative correnti artistiche: astrazione, scuola romana, arte povera, arte cinetica, transavanguardia, arte concettuale, pop art italiana, medialismo, e altre correnti internazionali.”

L’esperienza con Fondazione Roma Mediterraneo e l’intento di promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale dei paesi del Mediterraneo, a quale punto si trova?

“La Fondazione Roma Mediterraneo sostiene iniziative culturali nel meridione. In particolare in Sicilia ha realizzato le mostre più spettacolari come le colossali sculture classiciste di Mitoraj nella Valle dei templi. Ha sostenuto le edizioni della Biennale di Venezia nelle sue sezioni regionali dando possibilità agli artisti locali meno organizzati di partecipare. La Fondazione ha difficoltà a radicarsi sul territorio, non ha ancora sedi. Gianni Puglisi, il Presidente della Fondazione Banco di Sicilia, ha dato una sola stanza a palazzo Branciforte a Palermo. Io ho offerto in comodato gratuito Palazzo Oneto di Sperlinga in via Bandiera, ma l’invasione non regolamentata dall’Amministrazione comunale di banchi del mercato non rende accessibili i palazzi e quindi la Città rischia ancora una volta di perdere un’occasione di crescita. A Cosenza ho offerto Palazzo Compagna di Marsiconovo in corso Telesio.”

La tua presenza nella città di Palermo è sempre più forte. Si annoverano donazione alla GAM al complesso monumentale di Sant’Anna, tra cui opere di Lo Jacono, Leto, Novelli, disegni di Hirst e il monumentale abbraccio di Ettore e Andromeda di De Chirico. Oltre a Palazzo Sant’Elia, Palazzo Oneto di Sperlinga e opere giacenti in attesa di essere esposte a Palazzo Ziino. Inoltre da tre anni sei promotore e sostenitore la sera del 14 luglio, festa di Santa Rosalia patrona della città, di collettive, che vedono impegnati giovani artisti siciliani, che segui e sostieni anche offrendo loro luoghi dove realizzare lavori site-specific. Questa relazione così stretta con la città, dal momento che non sei siciliano, come è nata?

“Ho pensato di partecipare incrementando la dotazione di musei nascenti a Palermo: Palazzo Ajutamicristo un rilievo parietale di Ignazio Marabitti (Regione); a Palazzo Sant’Elia delle sculture per lo scalone della contessa di Favignana Pallavicino signora delle Egadi, prima della cessione delle isole ai Florio. Una scultura del Palermitano Ugo, una di Pietro Consagra nato a Mazzara del Vallo e Domenico Gagini icona siciliana al Sant’Anna vi sono opere tra le quali una grande tela di Germanà.
Il 14 luglio di ogni anno per Santa Rosalia insieme a tanti amici tentiamo di far rivivere i Quattro Canti, i cui palazzi paradossalmente, drammaticamente sono tutti in abbandono. Nel mio caso, per il recupero di palazzo Di Napoli e Costantino sono occorsi per 4/5 anni per il rilascio della concessione edilizia contro i quali si sono infrante tutte le condizioni e la perdita di finanziamenti europei. Gli altri palazzi che avevo acquistato con un obiettivo per ciascuno di loro dopo 10 anni di tentativi li ho ceduti gratuitamente ad artisti locali che li utilizzano come studi, spazi espositivi, alloggi, dando così il mio contributo al sostegno dei talenti siciliani”

Cosa pensi sia davvero cambiato nel mondo dell’arte tra gli anni in cui tuo zio Carlo Bilotti progettava idee con a fianco Andy Warhol rispetto ad oggi?

“Oggi l’arte serve a creare luoghi di aggregazione. E’ cambiata la concezione di museo in luogo di accadimenti, gli artisti più giovani concepiscono opere che sono completate dalla fruizione del pubblico e diventano sempre più l’invenzione di un processo.”

Rifacendoci a Rosalinde Krauss, dal periodo delle Avanguardie del ‘900 si è generato il mito dell’originalità, insieme al concetto di unicità di un’opera d’arte e dell’artista stesso. Quindi rispetto agli artisti del passato emerge l’idea di autonomia dell’arte, che potrebbe spiegare l’osticità di un’arte sempre più concettuale e spesso preclusa ai più. Pensi davvero che oggi l’artista sia così libero e ci sia davvero questa unicità e autonomia dell’opera d’arte?

“Libertà in arte riguarda non il contenuto dell’opera ma come l’artista riesce a realizzarla e mostrarla. La società ha il dovere di accoglierle. La libertà dell’artista rimane aperta al confronto ma spesso è limitata dal disinteresse, allora il mio impegno è nel cercare di creare occasioni qualificate d’incontro e trasmissione e infine conservazione non solo delle opere ma anche dei loro pensieri attraverso archivi multimediali.”

Quali elementi imprescindibili devi ritrovare in un’opera d’arte per scegliere di acquisirla nella tua collezione.

“Originalità ed empatia.”

E la scelta di un artista?

“Sulla serietà con il quale affronta il suo lavoro e sulla capacità di relazionarsi attraverso le sue opere.”

Il progetto che desideri ancora realizzare.

“Tengo molto al neocostituito museo di Rende, l’obiettivo è di creare anche un osservatorio aperto alle culture del mediterraneo che finora sono state un po’ trascurate rispetto alla rete di relazioni culturali ed artistiche create tra Italia e nord Europa.”

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Laura Francesca Di Trapani è nata a Palermo dove vive. Storica dell'arte e curatrice indipendente, si è formata presso l'Università La Sapienza di Roma. E' critica d'arte contemporanea con un particolare interesse rivolto alle nuove generazioni di artisti (tra gli ultimi progetti di curatela vi sono la mostra personale di Fulvio Di Piazza a Palazzo Ziino a Palermo, la personale di William Marc Zanghi da BonelliLab a Canneto S.O, la bi-personale di Federico Lupo e Giovanni Blanco da Bt'f Gallery a Bologna, la curatela critica della ricerca fotografica di Stefania Romano al MIA-Milan-image art fair e la bi-personale fotografica di Alessandro Di Giugno e Francesco Paolo Catalano NORMALE). Si è interessata di mercato dell'arte per la rivista X-press edita dalla Deutsche Bank (Francoforte). Collabora con alcune riviste e redazioni di settore tra le quali Espoarte.

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