Prima prova di occupazione da parte di autori e letteratura presso il centro commerciale romano CinecittàDue per l’evento, appena conclusosi, diretto (e condotto) dal giornalista Roberto Ippolito: Libri al centro (7-13 aprile 2014). Libri al centro commerciale e al centro di un inusuale tentativo di rianimazione del rapporto tra letteratura e italiani.
I libri siamo abituati a vederli raccontare in Sale e Saloni, nelle librerie o in deliziosi negozietti, magari anche in piazza quando stagione e città lo permettono. Ma in un centro commerciale, salvo iniziative personali dei librai che vi esercitano la professione, è proprio cosa inusuale.
Certo, è vero anche che CinecittàDue non è un centro commerciale qualunque: ha una storia e un profilo distanti e lungimiranti insieme. Non è solo qualche pilastro, mattonelle chiare e lisce, scale mobili e negozi più o meno capienti, più o meno alla moda. È, invece e anche, il primo centro commerciale di Roma: inaugurato il 6 ottobre 1988, nasce su ispirazione di un architetto che, viaggiando il Mondo, ne volle portare un pezzetto sconosciuto (e rivoluzionario, abbiamo imparato col tempo) a casa, in un’epoca in cui campavano soltanto botteghe e bottegucce. Solo poi vennero l’esplosione atomica della globalizzazione e il tormento domenicale delle file infinite dagli svedesi, ma questa è un’altra storia. Quel che importa, ora, è che i libri siano entrati a CinecittàDue. O meglio, che siano usciti dagli scaffali della libreria Arion (sponsor insieme a Illy) che di solito li ospita e si siano sistemati, ben comodi, al terzo livello vicino alla caffetteria.
Gli appuntamenti sono stati diversi, con un’attenzione particolare alla politica e al giallo. Si sono succeduti, infatti, Marco Travaglio (“Viva il re”), Marco Damilano (“Chi ha sbagliato più forte”), Marco Malvaldi (“Argento vivo”) e Alessia Gazzola (“Le ossa della principessa”); ma anche Antonio Manzini (“La costola di Adamo”), Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo (“Se muore il Sud”), Chiara Gamberale (“Per dieci minuti”), Giuseppina Torregrossa (“La miscela segreta di casa Olivares”), Nicola Gratteri e Anonio Nicaso (“Acqua santissima”), Mario Tozzi (“Pianeta Terra: ultimo atto”), Anna Scafuri (“Una polpetta ci salverà”) e altri ancora.
La gente è arrivata, si è seduta, ha ascoltato, ha fatto domande: il pubblico accorso a CinecittàDue sembrerebbe simile, per forma e intuizioni, a quello che trovereste a una presentazione al Pigneto o a una conferenza in un qualche bel palazzo del centro storico o a gironzolare nella libreria indipendente sotto casa. Dunque no, il solo varcare le porte scorrevoli di un centro commerciale non rende ebeti tanto quanto fare una qualsiasi delle azioni sopraelencate non trasforma nessuno in un magnifico intellettuale (ci hanno provato in molti, ma con risultati opinabili) e poi, come si sa, i lettori vanno dove i libri li portano. Vero è che rimane sempre il dilemma se il non-lettore sia rimasto o meno a farsi i beati affari suoi seduto in terrazza (che è proprio lì, a pochi passi dall’allestimento) o a fare acquisti al piano di sotto, ma è un’afflizione che perseguita (solo) i lettori, è la spada di Damocle di ogni evento editoriale.
In generale, c’è stata una buona affluenza e un’atmosfera distesa. Sembrerebbe, insomma, che il tentativo sia andato a buon fine. A questo punto, però, forse penserete che non sia difficile portare i grandi editori in un centro commerciale (la piccola e media editoria è rimasta in sordina), tanto quanto sia facile aspettarsi un certo interesse per personaggi come Chiara Gamberale o Marco Travaglio (si narra di persone appollaiate sulle scale limitrofe al palco). In effetti, non è, quello di questo evento, un atto eroico e rivoluzionario. È, tuttavia, pur sempre un atto, che sottolinea come non ci sia uno spazio “deputato a”, ma che esista solo lo spazio e quello che, dentro di esso, si vuole far rientrare: i libri, la letteratura, l’affezione.
“Libri al centro” è finito, l’Universo non è imploso… allora, forse, si può fare. Che raccolgano un pubblico vasto o di nicchia, i libri stanno (e vanno) avanti: seguiamoli.
Giornalista pubblicista dal 2012, scrive da quando, bambina, le è stato regalato il suo primo diario. Ha scritto a lungo su InStoria.it e ha aiutato manoscritti a diventare libri lavorando in una casa editrice romana, esperienza che ha definito i contorni dei suoi interessi influendo, inevitabilmente, sul suo percorso nel giornalismo. Nel 2013 ha collaborato con il mensile Leggere:tutti ma è scrivendo per art a part of cult(ure) che ha potuto trovare il suo posto fra libri, festival e arti. Essere nata nel 1989 le ha sempre dato la strana sensazione di essere “in tempo”, chissà poi per cosa...
Ho letto con molto interesse e curiosita’ l’articolo di Giulia. Mi sembra una risposta al mio articolo recente su politics and prose. Forse, date le difficolta’ di muoversi a Roma, i centri commerciali sono il posto piu’ adatto per sviluppare un rapporto continuo, professionale e senza intermediazioni tra autori e pubblico e rivalutare il libro. L’esperienza di Cinecitta’ va approfondita e coltivata. Comunque complimenti per l’articolo.
Grazie Pietro :-)
Sulla difficoltà di muoversi a Roma potrei scrivere un lunghissimo e noiosissimo articolo al giorno, per cui sarò breve. In generale, nemmeno i centri commerciali, a Roma, sono facili da raggiungere, specie in certi orari. La mobilità capitolina, in superficie quanto sotterranea, è un dramma vero.
L’esperienza di P&P è avanti. Intanto è una libreria indipendente (per di più su strada); il locale, negli anni, è stato ampliato (e non ridotto come, mediamente, accade in Italia) ed è un pilastro del quartiere quanto, ormai, della città (Washington DC). A Roma, le cosiddette librerie storiche capace anche che chiudano e che, peggio, ci si ricordi di quanto siano importanti solo quando ormai la saracinesca è a un palmo dal toccare terra (e la colpa, in realtà, è un po’ di tutti, librai inclusi). Insomma, nel confronto tra capitali, Roma ha parecchi punti in meno. Poi l’America ha Obama… è una lotta impari a monte.
Infine, quello di CinecittàDue è un esperimento che, come dici tu, va approfondito e coltivato, in quanto credo sia a malapena un embrione di quel che potrebbe essere. Speriamo bene!
Cara Giulia,
Grazie a te. L’iniziativa di dibattere libri nei centri commerciali mi e’ sembrata un’idea interessante, ma non ho il polso della situazione del traffico romano come chi lo vive giornalmente.
Pero’ mi pare che il tuo articolo (e il mio) stanno cominciando ad avviare il tema delle librerie a Roma, o meglio di uno spazio dove si dibatta in modo indipendente e senza intermediazioni, sulla base di un libro, l’attivita’ culturale, politica e sociale della citta’ e del paese. Bisogna avere pazienza e coltivare e approfondire le iniziative che si intravedono. E quindi speriamo, ma invitiamo a contribuire a questo progetto quanti sono interessati con idee, suggerimenti, commenti e critiche.
Politics and Prose e’ arrivato al successo attuale con un lavoro paziente, serio, studiato di oltre 40 anni!! Alla fine degli anni 70’ a Washington non c’era traffico, perche’ Washington era pressocche’ un villaggio (anche se questo puo’ sembrare assurdo!) e il pubblico al quale P&P si rivolgeva era quello del quartiere.
Politics and Prose, come anche tu hai sottolineato, ha successo perche’ si tratta di un’iniziativa di qualita’, indipendente, semplice. Il traffico dell’attuale Washington (che certo non e’ quello di Roma!!) non impedisce che la gente accorra numerosa agli eventi. Per avviare questo tipo di iniziative occorre qualcuno che ci creda (come e’ stato il caso dei vecchi padroni di P&P) e persegua gli obiettivi con determinazione e pazienza. Considerato il successo e la visibilita’ che P&P fornisce, i vari politici repubblicani (Brooke ) o democratici (Clinton, Obama) sono ben felici di andare a farsi vedere a P&P. In altre parole, il successo di P&P non dipende da Obama.!!Questo lo voglio sottolineare per chiarire che caratterizzare l’iniziativa con una colorazione politica e non indipendente e professionale significa dare all’iniziativa stessa il bacio della morte.
Infatti il traffico di Roma è molto peggio!
Ovviamente sto scherzando…
Credo che di base ci siano culture differenti, per questo qui si fa più fatica a far muovere la gente nonostante il traffico o la scarsa efficienza del trasporto pubblico e gli impegni personali.
Iniziative come Libri al centro possono solo far del bene, poiché creano un’occasione. Non devono essere casi isolati, però.
Riferendomi a Obama non volevo politicizzare P&P, ma, molto più banalmente, solo esprimere un’incondizionata (e incondizionabile) venerazione per Mr President del tutto personale.
Comunque, viva P&P.
Viva Roma, nonostante tutto.