Paolo Gioli il sorprendente

Paolo Gioli (vive e lavora a Lendinara in provincia di Rovigo) è un fotografo sorprendente.

La sua fama à la conseguenza di tutte le cose straordinarie che è riuscito a realizzare, non solo con la fotografia ma anche con la macchina da presa; e straordinario è riuscire a prendere la luna, o ridare vita a Marilyn Monroe e, ancora, fotografare con la propria mano. Ebbene Paolo Gioli ha fatto tutte queste cose e molte di più.

In occasione della mostra personale Abuses. Il corpo delle immagini, curata da Giuliano Sergio, Gioli ha illustrato il proprio lavoro di artista definendosi prima di tutto fotografo e poi anche filmaker, precisando però che il filmaker, è un creatore di film che utilizza la pellicola (il film appunto), lo sviluppa in proprio e “gira con la sua scatoletta” a mostrare il proprio lavoro. Il filmaker, dice Gioli, ha poco a che vedere con il videomaker il quale, con l’utilizzo di sistemi digitali, ha la possibilità di cancellare e ripensare infinite volte il proprio film che, sostiene Gioli, non dovrebbe neppure chiamarsi “film” poiché è realizzato senza utilizzare la pellicola. Michelangelo allo stesso modo prendeva le distanze dagli scultori come Donatello che plasmavano le loro opere con la creta aggiungendo e togliendo tante volte quante necessarie per portare l’opera all’eccellenza, la possibilità di ripensare, di aggiungere materiale, è cosa ben diversa dallo scolpire il marmo togliendo la materia e liberando la figura imprigionata all’interno del blocco.

Faccio questo parallelo perché di Paolo Gioli mi ha colpito la coerenza con la quale ha affrontato tutti i suoi progetti, il suo essere stato per un quarantennio fedele alle proprie motivazioni alla propria tecnica e nonostante ciò, essere spesso completamente travisato.

Gioli è un profondo conoscitore del processo fotografico, delle tecniche e della loro evoluzione e soprattutto di quella che lui chiama “la protostoria della fotografia” la base del fenomeno fotografico. Egli ha sempre pensato alla fotografia come ad una filosofia che ha avuto bisogno di una tecnica per potersi esprimere. Oggi la fotografia è digitale ed è verosimile pensare che un giorno si crederà che le immagini esistono grazie all’elettronica. La fotografia è tutt’altra cosa, è il disegno che i raggi luminosi creano su di un supporto; per realizzarla sono sufficienti la luce ed il supporto. Questo è ciò a cui Gioli è sempre rimasto fedele.

Nel suo lavoro ha esplorato come la luce depositandosi sul materiale sensibile, crei l’immagine. Gioli utilizza principalmente apparecchi fotografici che costruisce in proprio e che non sono altro che scatole con un forellino, spesso semplici scatole di scarpe o contenitori di pellicole piane. La luce entra dal foro, si deposita sul supporto ed ecco formarsi l’immagine. Sembra facile ma non lo è. Gioli complica le cose, poiché interviene sul supporto con luci colorate e torce elettriche, che con l’ausilio di un cono di cartone diventano sottili raggi di luce con i quali disegnare linee sulla foto. I materiali che utilizza, variano dalla carta fotografica alla pellicola, dalla polaroid al cibacrome, unendo in questo modo il passato ed il presente della fotografia. Un estro geniale ed una inesauribile creatività unitamente ad una enciclopedica conoscenza tecnica gli hanno permesso di fotografare la luna con un tubo di cartone ed ancora di catturare immagini utilizzando un frammento di pellicola stretto nel pugno della mano. “Voglio essere una macchina” diceva Andy Warhol.

Sicuramente nella formazione di Paolo Gioli molto ha contribuito il soggiorno newyorkese degli anni sessanta durante il quale sceglie il cinema e la fotografia quali mezzi espressivi per la propria arte. Nel cinema Gioli ha impiegato la stessa instancabile ricerca realizzando filmati con macchine da presa stenopeiche, macchine che creano un movimento di camera che in realtà non è mai avvenuto. Si tratta di contenitori, una sorta di tubi contenenti la pellicola fotografica, dove una serie consecutiva di forellini funge da molteplici obbiettivi ognuno dei quali registra un’immagine. La pellicola, una volta proiettata, da la sensazione di movimento di camera che in realtà non è mai avvenuto. Pensate ad un tubo alto due metri posto in verticale di fronte ad una persona in piedi, ebbene, ogni forellino cattura un fotogramma e proiettando i due metri di pellicola, prima contenuti nel tubo, vedremmo un film che inquadra il soggetto dalla testa ai piedi. Anche nel cinema, Gioli mescola varie tecniche fotografiche, creando film di grande suggestione e poesia come quello citato prima su Marilyn Monroe. Specchiando vari fotogrammi dell’attrice e poi riprendendoli con la macchina da presa è riuscito a dare la sensazione che Marilyn balli di nuovo davanti al suo pubblico.

Per approfondire meglio, vi invito a leggere tutte le implicazioni estetiche e filosofiche che riguardano l’opera di Gioli nel suo sito web http://www.paologioli.it/o nei numerosi libri che parlano della sua opera.

Info

  • 
Paolo Gioli, Abuses. Il corpo delle immagini / a cura di Giuliano Sergio
  • Dal 12 aprile all’1 giugno 2014
  • Villa Pignatelli – Casa della Fotografia / Riviera di Chiaia, 200, Napoli / Telefono: 081.669675
  • Orari: tutti i giorni 10.00 – 14.00 / chiuso martedì
Biglietto: 2 euro
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Tobia Donà (Adria 1971), è architetto, si è laureato a Venezia, sua città d’adozione.
Fin da giovanissimo si occupa di architettura, arte e fotografia, passioni per che gli ha trasmesso il padre scenografo. Tutta la sua formazione verte sulla fusione di questo trinomio, attraverso il quale egli approccia ai suoi progetti. Attualmente è docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e Scenica, scuola di scenografia del melodramma di Cesena, dove insegna “teoria e pratica del disegno prospettico”. Pubblica i suoi scritti sui temi dell’arte e dell’architettura su diverse riviste, locali e nazionali, e saltuariamente sui quotidiani, oltre che diffonderli nel web. In questi anni, tra università, impegni professionali e stage di approfondimento ha avuto modo di collaborare e studiare con importanti personalità della cultura quali: Italo Zannier, Lucien Clergue, Franco Fontana, Enzo Siviero, Peter Shire, Aldo Rossi e Gino Valle. Ultimamente sta portando avanti progetti culturali che mettono in relazione, arte, industria e territorio.

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