Bellezza italica in crisi. Farnesina risponde

“C’è un’enorme domanda di Italia, nel mondo. Ed è una domanda che spesso riguarda l’arte, la letteratura, la cucina, lo sport. Soprattutto, però, c’è una domanda di bellezza dall’Italia”.

Ha chiuso così il suo discorso Federica Mogherini, Ministro degli Affari Esteri del governo Renzi, alla conferenza stampa in occasione del nuovo allestimento della Collezione Farnesina * .
Verrebbe da aggiungere che anche in Italia c’è un’enorme domanda di bellezza, a dirla tutta. Basti pensare alle tante lamentele dei cittadini – romani in particolare – riunitesi persino in varie comunità sui social, prima su tutte l’ormai celebre “Romafaschifo”.
Se il sillogismo del Ministro è corretto, ne consegue che in Italia c’è una domanda di bellezza da e soprattutto all’estero. Oppure, che si è disposti a rinunciare alle meraviglie nostrane in nome di qualcosa che ci renda più felici. Come servizi, lavoro, qualità della vita, speranza di una crescita possibile.
E allora è il caso di tornare ad interrogarsi sul significato del termine “bellezza”, perché evidentemente c’è qualcosa che non quadra.
Nel corso dei secoli, filosofi, storici dell’arte ed artisti si sono dibattuti per cercare di fermare questa idea in parole, definizioni, immagini, e si è arrivati a dichiarare l’impossibilità di determinare una volta per tutte il significato di “bello”. O meglio, ogni epoca ha espresso la propria opinione in merito ma la riflessione che in questa sede sembra più appropriata è quella che divise F. Nietzsche da J. J. Winckelmann e G. F. W. Hegel. Questi vedevano la bellezza come un ideale di perfezione data dall’equilibrio armonico della forma e dal suo ordine razionale. Se assumessimo oggi questa definizione, saremmo costretti ad ammettere di essere molto lontani da tale modello.
Per Nietzsche, invece, la bellezza non può esistere indipendentemente da un fondo oscuro e indeterminato che essa rivela. E la cosa ci fa sentire meno in difetto.
Nient’altro che l’antica coppia dicotomica di Apollo, dio della bellezza, e Dioniso, rappresentante il pathos, cioè la vita.

Nell’occasione della celebrazione dell’arte italiana da parte del MAE, il Ministro Dario Franceschini ha scelto di insistere sull’importanza di dare non solo alla conservazione del patrimonio storico, archeologico e artistico del nostro paese ma anche agli investimenti in arte contemporanea, perché, ha detto:

“Anche il Colosseo era arte contemporanea”.

Difficile non pensare al motto al neon: “All art has been contemporary” di Maurizio Nannucci, del 1999.

A convincere più di tutto, però, è stato l’entusiasmo con cui la giovane funzionaria dell’Area Promozione Culturale, Michela De Riso, ha accompagnato la stampa lungo gli spazi del palazzo del MAE, raccontando delle collaborazioni dirette con gli artisti per il nuovo allestimento; ha fatto notare l’attenzione prestata all’illuminazione, alle nuove didascalie, al lavoro fatto sulla disposizione delle opere per avvicinarsi agli standard museali e a un’idea curatoriale. Insomma: l’intento (riuscito) è stato quello di valorizzare e rinnovare la collezione, contribuendo così a documentare la storia dell’arte contemporanea italiana dagli anni Cinquanta a oggi, anche attraverso la collaborazione con musei e istituzioni, prestatori, fondazioni, archivi di artisti.

Vi indichiamo il percorso della Collezione se vi interessasse sbirciare prima di andare a vederla.

Si inizia dalla sala dedicata al gruppo Forma 1. L’allestimento qui ruota tutto intorno alla scultura di Consagra, la prima opera entrata a far parte della collezione Farnesina.

Nata nel 2001 per iniziativa dell’ambasciatore Umberto Vattani, la collezione vede come primo curatore il Professor Maurizio Calvesi. Il rimando tra architettura e storia dell’arte del Novecento è d’eccellenza perché l’edificio stesso è uno dei palazzi razionalisti più importanti della città ed è, insieme alla Reggia di Caserta, tra gli edifici più grandi d’Italia.
In collezione ci sono opere patrimonio del Ministero, create appositamente negli anni Sessanta in occasione di concorsi per gli arredi e le decorazioni dell’edificio, ci sono poi le donazioni e infine i comodati d’uso. Perché l’idea è sempre stata quella di avere un turn-over dei lavori e non una raccolta statica, abbattendo, al tempo stesso, i costi.
Oggi le opere dislocate in tutto l’edificio sono quasi quattrocento; le più importanti sono state allestite lungo le sale di rappresentanza e nei corridoi percorsi dalle delegazioni straniere, nell’ottica di promuovere l’arte italiana all’estero. Non c’è più un curatore e tutte le scelte sono appannaggio del nuovo comitato scientifico, insediatosi nel maggio scorso.
Tutt’altro che chiusa e immobile, la collezione è visitabile anche dai cittadini, che possono accedervi su appuntamento o durante le giornate “porte aperte” e, attraverso la rete degli Istituti di Cultura Italiana, le opere si spostano anche per mostre temporanee.

Il lungo corridoio inizia con una sezione dedicata alla Transavanguardia e con il suo possibile dialogo con l’arte povera, in particolare con due grandi lavori di Merz, acquisiti nelle ultime settimane; una tela proveniente dalla fondazione dell’artista, l’altra da un collezionista privato. Di Mario Merz, in effetti, manca qui la presenza di un’opera ambientale, installativa, ma gli standard di sicurezza del Ministero hanno limitato molto la scelta dei lavori.
Passando, tra gli altri, per Paladino, per uno psichedelico Ontani mascherato d’ironia in movimento e per due tondi di Patella, si arriva ad un lavoro di Spalletti, artista ora in mostra al Maxxi. La Farnesina ha stretto recentemente un rapporto di collaborazione artistica con il museo romano e a giugno, per il semestre di Presidenza, il quarto piano del Ministero ospiterà venti opere provenienti dal deposito del Museo del XXI secolo. Del resto, Anna Mattirolo fa parte del comitato scientifico che ha curato la collezione, quindi il rapporto con il museo che dirige è diretto e continuo.
Si arriva poi a tutta una carrellata di arte romana degli anni Ottanta-Novanta; il pastificio Cerere con Tirelli, Bianchi, Pirri, Nunzio. Opere ricollocate recentemente per creare un percorso più organico. Molto estetico il richiamo tra questi lavori, in particolare tra le sfumature grigie su carta di Alfredo Pirri e il piombo che ricopre i pannelli in legno, motivo classico di Nunzio.
La sala che si apre in fondo al corridoio di rappresentanza è la più interessante anche da un punto di vista installativo. Occupata da alcuni dei maggiori esponenti della ricerca artistica della seconda metà del Novecento come Burri, Novelli e poi Mochetti, Piacetino e Zorio, artisti che recuperano alcuni elementi dell’Arte Povera ma li portano avanti secondo una loro personale declinazione.
La sfera di Maurizio Mochetti ha creato non pochi problemi per la sicurezza e ha richiesto un bel gioco di squadra da parte dei giovani architetti e storici dell’arte di nuova assunzione al Ministero.
A penzolare dal soffitto, la stella di giavellotti di Zorio. Un’altra piccola vittoria contro le regole della sicurezza, che sono state nuovamente infrante per consentire all’opera di essere sospesa nel vuoto, in una collocazione assolutamente innovativa per gli spazi della Farnesina.
Di nuova acquisizione è anche un pezzo di Alberto Biasi, del ’66, entrata in collezione un mese fa.
Proseguendo, una parte della Sala dei Mappamondi è dedicata al movimento Novecento: Arturo Martini, Mario Sironi (con due cartoni molto belli, uno per la realizzazione del mosaico di Palazzo dei Giornali e uno preparatorio ai lavori nella Casa Madre dei Mutilati di Guerra in Piazza Adriana) e Marino Marini.
La “stanza delle tazze” chiude la visita e prende il nome, o meglio il soprannome, dal lavoro site-specific di Remo Salvadori. Le due pareti speculari creano un unico disegno, una linea che si unisce nel simbolo dell’infinito e che circonda tutta la stanza.
Al quarto piano si trovano poi le opere degli artisti under 45. Anche la giovane arte italiana è quindi d’interesse per il Ministero e verrà costituita una sezione specifica per documentare le nuove tendenze dell’arte visiva, e non solo. Molti di questi lavori sono stati acquisiti in seguito a Collezione Farnesina Experimenta, nel 2008, a cui sono poi seguite altre nuove selezioni. Per citare qualche nome: Danilo Bucchi, Loris Cecchini, Daniele Puppi, Pietro Ruffo, Luca Trevisani, VedovaMazzei, Antonello Viola.

Due piccole anticipazioni: verrà acquisita a breve un’opera di Agostino Iacurci, e Elena Bellantoni ha appena girato qui un video, inscenando un tango in Sala Conferenze Internazionali.

“Arte e cultura sono i biglietti da visita dell’Italia nel mondo e questo biglietto da visita serve a dire che non è soltanto l’Italia di ieri ad essere bella e straordinaria, ma lo è anche l’Italia di oggi ed ancora di più potrà esserlo quella di domani”: su questo proposito c’è stata convergenza da entrambi i Ministri al termine della conferenza stampa citata (si è tenuta il 29 maggio, nell’ambito della III Giornata della Trasparenza). In questo senso, la nuova veste data alla prestigiosa collezione è sicuramente un segnale positivo.

Dostoevskij, ne L’Idiota (1868-69), facendo chiedere da Ippolit al principe Myškin se e quale bellezza salverà il mondo, ci dice che quello che la bellezza può e deve fare non è redimere la vita dalla sua finitezza, ma passare attraverso quelle sofferenze e quei dolori che rendono tale la vita.
Allora la speranza è che questi presenti siano dolori passeggeri, mali da tempo di crisi, sopportabili in nome di una futura bellezza.

* La conferenza stampa si è tenuta il 29 maggio 2014 a Roma alla Farnesina nel quadro della III Giornata della Trasparenza http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/AreaGiornalisti/NoteStampa/2014/05/20140526_collezione_farnesina.htm?LANG=IT.

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Si è laureata in Storia dell'arte e ha conseguito un master in Comunicazione multimediale per l'arte presso l'Università degli Studi di Firenze.
Come curatrice indipendente ha realizzato progetti presso istituzioni pubbliche e private in Italia e all'estero.
Da anni scrive d'arte contemporanea per riviste specializzate ed editori d'arte, per cui ha curato anche diverse pubblicazioni monografiche e di mostre.
Da sempre interessata alla contaminazione dei linguaggi, realizza documentari d'arte per canali televisivi italiani.

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