Al Ninfeo di Villa dei Quintili è di scena il Festival Euro Mediterraneo

Concerti a Villa dei Quintili

Al Ninfeo di Villa dei Quintili a Roma è di scena il Festival Euro Mediterraneo: si tratta della XIV edizione di una kermesse fondata nel 2001 dal regista e scenografo Enrico Castiglione, con una serie di concerti promossi dall’Assessorato alla Cultura, creatività e promozione artistica di Roma Capitale, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo (da www.pandream.tv e www.musicaliamagazine.it).
Filo conduttore della rassegna  – sei appuntamenti – è l’intreccio fra tradizioni musicali popolari e colte: musica ebraica e opera lirica italiana, contaminazioni classiche e jazz, la Roma del barocco e quella dei nuovi sogni di gloria tra Ottocento e Novecento. Una grande installazione ambientale e musicale che pervade la dimensione architettonica del Ninfeo e che trasforma quello che era il vero e proprio ingresso della Villa dei Quintili in un ambiente quasi metafisico, un teatro di luce e di suoni che si condensa e si fa volume, irradiando vita, respiro, armonia.

Ebraismo di matrice colta nel concerto di apertura con Orit Gabriel Stern e Sivan Rahel Goldman, soprani e Massimo Scapin, pianoforte: un programma rigorosamente novecentesco (Ravel, Gerschwin, Bernstein) che ci ha permesso di comprendere quanto le tradizione musicali popolari siano state fondamentali per lo sviluppo della musica d’arte nel XX secolo; musica popolare e, al tempo stesso, di grande spessore artistico quella protagonista del secondo concerto: arie e romanze d’opera (Verdi, Puccini) con Rossana Cardia, soprano, Stephen Muller, tenore, accompagnati da Massimo Morelli.

Il terzo appuntamento, con il suo omaggio alla Capitale, rientra di diritto nelle tipiche operazioni nostalgiche: il tenore Roberto Cresca, accompagnato dal pianista Gianfranco Pappalardo Fiumara ci ha offerto un repertorio dai significati cangianti che dalle esaltazioni della romanità di stampo romantico (aria Meco all’altar di Venere dalla Norma di Bellini) approda al verismo decisamente sadico della Tosca pucciniana (E lucevan le stelle). Di raro ascolto, un’altra composizione di Puccini: quell’Inno a Roma o Roma divina del 1919 (giudicato dal compositore stesso una “solenne porcheria”), dedicato alla principessa Jolanda di Savoia su ridicolo testo di Fausto Salvatori, che preannuncia i fasti imperiali del Predappio fesso di gaddiana memoria. Una pagina inascoltabile dove il genio pucciniano, internazionale e avanguardistico, fa la figura dell’elefante in un negozio di vetri di Murano. Delicate, invece, le paginette pianistiche di Respighi e Mascagni con la loro allure da “buone cose di pessimo gusto” crepuscolare, mentre Arrivederci Roma, testo di Renato Rascel e musica di Garinei e Giovannini, ci riporta alle tipiche cartoline turistiche della Roma anni ’50 e ’60.

Con Cecilia Chailly, arpista e compositrice di fama mondiale, entriamo di prepotenza nella ricerca musicale contemporanea: ormai tramontate le “magnifiche sorti e progressive” delle avanguardie, i musicisti più sensibili s’interrogano sempre più spesso sulla necessità di riaprire un dialogo, interrotto da tempo, con un pubblico disattento e in fuga dalle sperimentazioni più estreme. Il tentativo della Chailly merita particolare attenzione: non è facile costruire un repertorio per uno strumento così denso di storia come l’arpa. L’artista milanese ci prova imbastendo un racconto che intreccia le contaminazioni più disparate (rock, blues, sonorità tradizionali) con letture, interventi, memorie personali. Il risultato è quanto mai intrigante: non tutto tiene secondo una visione tradizionale del concerto, ma certe pagine come Moto perpetuo, Blues in sol, And life Goes On, tutte appartenenti all’ultimo album Le mie corde, sono sicuramente degli ottimi esempi di una ricerca che non si accontenta di riciclare codici musicali ormai desueti ed estenuati.

In un festival musicale così composito, non poteva mancare un ritorno in grande stile di uno dei momenti più felici della storia musicale, quello della Roma barocca. I solisti aquilani, diretti da Flavio Emilio Scogna hanno eseguito, in un affollatissimo concerto, un programma dedicato ad Arcangelo Corelli (Concerto Grosso n. 4 e n. 6 op. VI), e ad arie operistiche di Vivaldi e Haendel, interpretate dal sopranista Francesco Divito.
Sulla figura del castrato in musica molto si è detto e scritto: personaggio simbolo dell’ambiguità, e che esercitava un fascino irresistibile nelle donne, sottoposto ad una pratica barbara per ottenere una voce da “soprano naturale”, il castrato scomparve dalla storia della musica alle fine del XVIII secolo, con rare eccezioni. Da alcuni decenni, però, le musiche composte espressamente per questa voce particolare sono ritornate in auge grazie a cantanti di sesso maschile, i sopranisti, che con tecniche particolari di canto, riescono a riprodurre il timbro vocalico dei grandi cantanti del Settecento. Felicissima l’interpretazione di Divito del mottetto di Vivaldi In turbato mare irato, dell’aria di Duni Misero pargoletto dall’opera Demofoonte e della splendida aria di Haendel Lascia ch’io pianga dal Rinaldo.

Ultimo appuntamento dalla rassegna, l’8 agosto con un concerto sinfonico dell’Orchestra Filarmonica di Hang Zhou diretta da Yang Yang.

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Nato a Torino nel 1964, dopo gli studi musicali (pianoforte) e dopo la scuola per interpreti e traduttori, dal 1984 ha intrapreso una lunga carriera in campo editoriale che lo ha portato a collaborare con molte case editrici torinesi (EGA, Seb 27, Ananke, Edizioni Sonda, Utet) in qualità di traduttore e editor. Del 1989 escono le prime traduzioni dal francese da Voltaire (per i tipi di Seb 27) e articoli e traduzioni di semiologia (per la rivista universitaria Quaderni di semiotica). Contemporaneamente è stato coinvolto nella ricerca di nuove modalità della comunicazione nell’ambito della mostra Progetto Sonda, curata dal Centro di Ricerche Semeion di Roma, occupandosi di analisi linguistica e testuale e seguendo i corsi di perfezionamento sul modello Mac P (Modello Attanziale Cognitivo-Paradigmatico). Organizzatore culturale è stato responsabile dell’ufficio stampa e dei rapporti con l’estero della casa editrice Ananke dove ha curato in particolare le collane di Filosofia e Psicologia (testi di Friedrich Nietzsche, Stefano Zecchi, Olivier Abel, Simone Sausse-Korff) e ha tradotto il saggio di studi culturali di Bran Nicol Stalking, quando la passione diventa ossessione e, per le Edizioni Sonda, il Dizionario Madre/Figlia degli psicologi Joseph e Caroline Messinger. Dal 2010 è iniziato l’impegno di organizzatore e curatore di mostre di arte contemporanea presso la Pow Gallery di Torino. Attivo anche in ambito giornalistico si è occupato di cinema e di musica prima di diventare, nel 2010, responsabile della redazione romana del “Corriere dell’Arte” e autore di centinaia di articoli dedicati all’arte contemporanea e alla scena artistica torinese e romana.

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