La guerriglia semantica di Swoon, Submerged Motherlands al Brooklyn Museum di New York

Swoon Submerged Motherlands

Nel 2011 la street artist americana Caledonia Curry, meglio conosciuta a Brooklyn e sulla scena underground di New York col nome di Swoon, alla domanda: “What are you dreaming these days?” rispondeva:

“Well, I started a lot of dreaming about building things.” (Brooklyn Street Art, 10/01/2011, www.brooklynstreetart.com).

Oggi, a distanza di tre anni, in un video pubblicato su “Juxtapoz Magazine”, afferma:

“I try to contribute to the intensity”.

Il riferimento è all’intensità e alla vitalità di una città come New York e, in particolare, di un quartiere come Brooklyn, dove fra le mura degli edifici scrostati si possono riconoscere i graffiti di Keely, Dark Cloud, Sweet Toof, Cash4, Buff Monster, Yawn e molti altri.

Da sempre coinvolta con il mondo dell’arte, Caledonia Curry ha studiato al Pratt Institute di Brooklyn. Le sue opere rappresentano “la voce collettiva di una città in movimento” e coinvolgono, a livello contenutistico, pur essendo a volte correlate ad una singola percezione o ad uno stato d’animo temporaneo, problemi e vicissitudini a sfondo sociale, mentre nella realizzazione pratica dei vari progetti ogni fase del lavoro è frutto di un’interazione umana che ha inizio e si conclude con una connessione.
Swoon, stando a ciò che afferma durante interviste e conferenze, cerca di (ri)creare quella cosiddetta connessione e fare in modo tale che chiunque si possa immedesimare nei soggetti o ad ogni modo capire, ricevere informazioni, collegare frammenti in una danza percettiva che è quasi una testimonianza antropologica e culturale concepita per gli spettatori del futuro, invitati a sintonizzarsi con un modo di fare arte che non è soltanto una dichiarazione d’intenti ma è una vera e propria guerra visiva e concettuale.
Affinché la comunicazione risulti chiara e concisa, senza possibilità di fraintendimenti, l’universo figurativo dell’artista è caratterizzato da una semplicità formale che sembra ispirata ai fumetti americani di seconda generazione e invece racchiude, senza troppi giri di parole, il segreto grafico del “vedo e prendo appunti” in una comunicazione fra mente e mano che precede evidentemente la comunicazione ad ampio raggio delle opere concepite per il pubblico. In un contesto del genere, il disegno, in quanto strumento percettivo di ricezione e rielaborazione, diventa anche celebrazione del segno dinamico e riconoscibile dell’artista.

In occasione della mostra Submerged Motherlands (Brooklyn Museum, dall’11/04/2014 al 24/08/2014), Swoon ha realizzato un’installazione ispirata alle conseguenze dell’uragano Sandy e alla lingua di terra che collegava la Gran Bretagna all’Europa 8000 anni fa, distrutta da uno tsunami. Due esperienze di notevole importanza che hanno influenzato l’opera in questione sono inoltre la partecipazione al progetto umanitario Konbit Shelter Project ad Haiti e l’operazione Transformazium a Braddock, in Pennsylvania.
Da lontano l’installazione si presenta come una scenografia a tutti gli effetti e si dissolve poi nella stratificazione non soltanto fisica di diversi elementi accostati gli uni agli altri perdendosi in una miscellanea di “colori di strada” e colori accademici, materiali di strada e materiali per le belle arti, superfici levigate e ruvide, concetti evidenti e intuibili, forme geometriche e silhouette anatomicamente perfette.
L’installazione è stata montata in situ e ed è concepita come un “villaggio attraversabile” fra le cui pareti di legno scolpito e carta ritagliata si può camminare fino a raggiungere il punto focale di quello che è praticamente un rifugio, un luogo d’incontro spirituale con sé stessi e con la collettività: un albero sacro circondato da pareti di legno innalzate dagli esseri umani a protezione “della natura dalla natura”. Ai lati dell’installazione, che fa pensare ad un enorme assemblage urbano, ci sono figure umane intente a “vivere la vita e raccontare di se stesse” nel bene e nel male, come in uno specchio deformante, mentre nella penombra delle impalcature di legno e carta si possono intravedere barattoli e strumenti vari che stanno a sottolineare la voglia di continuare a costruire con l’intento di modificare, proteggere, comunicare.

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Deianira Tolema è nata a Salerno. Fin da bambina si è dedicata all’arte e alla poesia, facendo del disegno e della scrittura i suoi principali strumenti espressivi. Dal 2008 collabora con artisti, curatori e direttori editoriali occupandosi principalmente di testi e traduzioni. Attualmente vive e lavora fra Italia e Stati Uniti.

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