Guintche è un pagliaccio, una boxer, una ginnasta, è rappresentazione dei nostri più intimi segreti, è sudore, saliva, cibo masticato e rigettato, è maschera che si disvela, è ritmo, è mimo, è ironia, è follia.
Marlene Monteiro Freitas non ha avuto paura di mostrarsi, di arrampicarsi sul senso comune, di parteciparci della sua follia e della nostra noia.
Noia negli spettatori che dopo trenta minuti di martellante batteria e di un corpo che ancheggia fermo su se stesso, producendo esasperanti smorfie, dà segnali inequivocabili di non poterne più. E allora la musica si interrompe e il pagliaccio Guintche interrompe la sua ossessiva ricerca dei segreti della sua lingua e della sua saliva. Si spoglia, si agita, corre, balla, salta, diventando via via altro da se stessa.
La ricerca sperimentale della danza è anche questo: portare al limite la sopportazione in chi guarda, rompere con gli schemi abituali, rinnovare nello spettatore un’abitudine alla fruizione, che non è mai a senso unico, anche se verrebbe da pensarlo.
L’artista è narcisista per definizione, ma nel sentire comune dovrebbe lasciare un senso di quello che fa allo spettatore.
In questo spettacolo non sono riuscita a farmi trascinare, a essere lo specchio della ballerina. Il mio sguardo era assente, respinto dall’esasperazione del personaggio.
Angela Catrani vive a Bologna e si occupa di libri da quando aveva sei anni. Alla classica domanda su quale lavoro avrebbe fatto da grande rispose che avrebbe lavorato con i libri. Tutti pensarono al mestiere (meraviglioso) di libraia, solo sua madre pensò al mestiere di editor e in un qualche modo, con qualche parentesi per mettere al mondo due figli, a fare l'editor Angela ci è arrivata. Lavora per la Cooperativa sociale Il Mosaico, che tra le altre sue attività produce libri per bambini per conto di Bacchilega editore di Imola.
lascia una risposta