La Colombaia. Dove si perde lo sguardo e il ricordo dei grandi uomini

Ischia
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Ischia

C’è una strada che s’immerge nel cuore dell’isola.
Ischia, l’Isola per eccellenza.

Una strada che non t’aspetti, che s’inoltra in un bosco che non credevi, un bosco d’alberi dai tronchi sottili, un bosco di castagni, un bosco che confonde il legno dei tronchi con la pietra.
Immani massi scagliati fin qui dal vulcano Epomeo; massi che richiamano con la loro anima di fuoco e si fanno riconoscere da chi è predestinato.

Lungo la strada, dal lato che piomba, in una vertigine, sul mare si distinguono cancelli e muretti dipinti a calce di ville che s’immaginano sfarzose, eleganti e ricche.

Prima di diventare un sentiero sterrato la strada s’apre in una reliquia che pure è viva e che, dopo infinite vicissitudini, abbandoni, lotte politiche, vandalismi, pignoramenti… ha ripreso il suo ruolo culturale e di dialogo con gli amanti del bello.

E’ Villa La Colombaia, la casa estiva di Luchino Visconti, il suo luogo dell’anima, scoperto grazie ad Alida Valli che l’aveva abitata prima di lui e diventata, nel tempo, la sua proprietà più amata.
E la sua tomba.

Eppure,  nel giro di pochi anni, La Colombaia che grazie alla creazione di una Fondazione ha ritrovato la sua vocazione pulsante di contemporaneità, grazie alla scuola di cinema e teatro ed al piccolo museo dedicato a Luchino Visconti ed alle foto dei suoi spettacoli, dei suoi film e della sua infanzia, sta declinando le sue potenzialità in attività in bilico fra il commerciale ed il mainstream  (mostre, proiezioni, letture, ma anche location di matrimoni) e, nell’infinito vorticare di notizie e informazioni, pian piano si perdono i racconti più veri e forse romantici della Villa nel suo splendore.

Villa La Colombaia spicca bianca nel verde, invisibile dalla strada e a stento dalla costa.
Sovrasta una delle più belle insenature dell’Isola, un tratto disegnato dalla forza del vulcano, eroso dal mare, scolpito dall’aria sapida di profumi e di intensità.
Nella caletta era la spiaggia privata di Visconti, nel parco quasi sterminato la sua vita nella natura, con i suoi cani amatissimi, tanto amati da ornare l’ingresso alla villa con quattro statue in ceramica di cani di razza.

Ma qualche foto sbiadita apre la fantasia su quella che è stata la vera anima della casa: le pareti tappezzate a disegni liberty, i camini in ogni stanza con le decorazioni che ricordavano la silhouette della madre del regista, nobile e severa musicista.

Ed i grandi vasi d’argento, le porcellane decò che fungevano da portasapone, i pavimenti in maiolica dell’Isola dipinta a mano, le porte a cuspide dalle lunette di vetro colorato, tutto nello stile art nouveau, una specie di Vittoriale più raffinato.

Corrono le immagini così simili a quelle dei suoi film, la bellezza, l’estetica, la cura riposta in ogni angolo, le grandi vetrate che inquadravano il mare, la stanza da letto del regista ed il suo studiolo, aperto di fronte ad un infinito azzurro vita.

Ed ancora la stanza di Helmut Berger e la dependance nella quale l’attore più amato viveva; l’anfiteatro come un immenso palcoscenico asimmetrico di legno circondato da ulivi alti e verdissimi.

Passano come in una proiezione fantastica tutti i personaggi che hanno popolato un lampo di storia e di arte. E’ un film incantato che improvvisamente ripropone la storia che si perde negli anni come in una dissolvenza incrociata di una pellicola antica.

E oggi, quel che era rimasto dei pavimenti in maiolica e della vetrata dagli intarsi colorati che ingabbiava l’ascensore è stato utilizzato nella realizzazione del bancone del bar che, nonostante tutto, ha un’aria molto triste e statica, mentre l’ascensore portava alla terrazza merlata che guarda il mare come fosse un cerchio; si dice anche che Helmut Berger abbia criticato i restauri…Ma chi ricorda ancora Helmut Berger?

Salendo una scala di pietra lavica intagliata nella collina si raggiunge il “pensatoio”. Lassù, una minuscola terrazza racchiusa da una staccionata, Visconti amava andare a meditare sospeso tra mare e cielo.

Proprio sotto il pensatoio, confuso tra gli alberi ed altre pietre, la pietra che si fece riconoscere e che Luchino Visconti scelse per la sua sepoltura.

Contiene l’urna con le sue ceneri e con quelle della sorella più piccola.
Fuori una semplice targa con i nomi e le date.

Per sempre nel silenzio del bosco antico.
Per sempre nell’azzurro color vita.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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