Festival di Locarno. Il film Amori e Metamorfosi racconta l’identità di genere di ieri e di oggi. Intervista alla regista Yanira Yariv

Ovidio

Sarà presentato al Festival di Locarno il prossimo 14 agosto nella sezione Signs of Life il film Amori e Metamorfosi di Yanira Yariv, autrice israeliana, cresciuta in Francia e da qualche anno trapiantata in Italia. Una rilettura in chiave contemporanea dei miti del poema di Ovidio che in modo poetico e profondo ne mette in luce sua straordinaria modernità, indagando sul concetto di “frontiera”, di “limite” e sul desiderio di superarlo, per favorire la comunicazione tra differenti mondi, in un momento in cui a pochi chilometri dalla città natale della regista, Tel-Aviv, si vive con la paura dei missili di Hamàs.

Il lungometraggio affronta la questione dell’identità di genere nella società contemporanea partendo dalla messa in scena di tre miti delle Metamorfosi di Ovidio, e raccontando di corpi che si trasformano da una forma a un’altra: Callisto viene trasformata in orsa, Giove assume le sembianze di Diana, Glauco diventa un mostro marino e la ninfa Salmace si fonde con il corpo del giovane Ermafrodito. Dietro a ciascuno di questi miti si celano le vite dei suoi interpreti, persone reali con le proprie personali storie, conosciute nel mondo delle associazioni transgender e transessuali capitoline. Giovani, studenti, adulti, professionisti, una violinista, persino un manager dell’IBM, provenienti da famiglie borghesi o proletarie che in alcuni casi hanno accettato la loro scelta che spesso è ancora respinta e discriminata dalla società.
Sullo sfondo, l’Appia Antica, i paesaggi suggestivi delle dune di Sabaudia, a pochi chilometri da Roma, le paludi e i boschi del Circeo, le cascate dell’Arpino…

Come è nato questo progetto? Perché hai scelto le Metamorfosi di Ovidio?

“Mi trovavo a Roma nell’estate del 2007. Una notte, mentre attraversavo la Cristoforo Colombo, la storica strada che collega la città alla spiaggia di Ostia, ho notato delle strane silhouettes che si nascondevano tra gli alberi. Ricordo di aver avuto la chiara sensazione di essere davanti a presenze magiche o almeno così le ho percepite in quel momento. Mi vennero in mente alcun personaggi mitologici, dalle sembianze indefinite, sacri e profani allo stesso tempo.”

Sei nata in Israele. Qual è il tuo rapporto con l’Italia? Che legame hai con questo paese?

“Quando sono venuta a Roma nel 2007 non era la prima volta, ero già stata nella ‘città eterna’ molti anni prima; ero ancora troppo piccola per ricordare, ho avuto la sensazione di essere “tornata a casa”. Qui l’inconfondibile luce del mediterraneo, la vegetazione, i colori, gli edifici fatiscenti, le rughe e le espressioni che vedevo nei volti delle persone, mi riportavano a quei pomeriggi caldi e silenziosi della mia infanzia a Petah-Tikva in Israele.”

E nel tuo lavoro? Quanto l’arte e il cinema italiano hanno influenzato il tuo lavoro?

“Il mio primo approccio con l’arte è stato con i cosiddetti artisti primitivi italiani, Giotto, Masaccio, il primo Raffaello. E ancora Piero della Francesca; i suoi quadri con quella luce così unica e quei visi mi hanno accompagnato per molti anni. Nel cinema il neorealismo italiano, Pasolini, Rossellini, Antonioni e Fellini mi hanno indelebilmente formato e hanno accompagnato il mio percorso di crescita.”

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Su cosa stai lavorando attualmente?

“Continuo a lavorare sulla società contemporanea e i suoi dettami culturali che a volte diventano delle vere e proprie costrizioni, difficili da superare. Troppe persone sono profondamente convinte di appartenere a un solo e unico luogo, paese, cultura, religione o sesso. Io credo invece che essere da una parte o dall’altra di un confine è un fattore del tutto casuale, una coincidenza”.

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Avvocato, palermitana di nascita ma romana d'adozione, nella sua attività si occupa prevalentemente di diritto d'autore,dei beni culturali e legislazione dello spettacolo. Scrive di arte contemporanea e fotografia, ma anche di lifestyle, cultura e viaggi.

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