Mostre d’estate a Roma. Frida Kahlo vola…

Si è palesata quasi come un fenomeno speciale, la mostra alle Scuderie del Quirinale su Frida Kahlo, che chiude tra pochissimi giorni a Roma con un segno più che è andato ben oltre le aspettative di tutti. Sarà perché l’artista messicana è anche un personaggio pop(olare), con la sua vita disgraziata, le sue liaisons saffiche e per il noto legame d’amore e di complicità con Diego Rivera, l’uomo fedigrafo e appassionato e il muralista politicamente impegnato… Sarà che il film su di lei  (quello del 2002, tratto dalla biografia scritta da Hayden Herrera, diretto da Julie Taymor) l’ha consegnata alla conoscenza e all’immaginario collettivo nelle vesti di un’emozionante, febbrile Salma Hayek, che grazie a questa interpretazione ha avuto una nomination all’Oscar come miglior attrice…; e sarà che Pino Caucci ne ha fatto un bel libro assai letto in questa estate e che il titolo prescelto – ¡Viva la vida! funziona (anche perché è stato, prima, il titolo di una fortunatissima canzone dei britannici Coldplay, Viva la vida or Death and All His Friends, 2008) ispirata proprio a una frase che la Kahlo scrisse su il suo ultimo quadro 8 giorni prima della sua morte… Sarà che questa è la prima, grande antologica in Italia tra le più complete in assoluto, con oltre 160 opere tra dipinti e disegni e un paio di lavori alla loro prima esposizione… Sarà che Frida è grandissima e sfrontata davanti alla vita, alla morte e alla pittura, senza soggezione, tanto che la sua arte cresce, si rafforza, si rende autonoma da Diego, dai Surrealisti e persino dall’arte popolare della sua terra…

Frida Kahlo, la pasionaria, intensa, ornata e disperata come la sua arte, commuove e diffonde una particolare energia attraverso le sue opere: di quel tipo speciale che solo le grandi storie e visioni possono regalare.

L’esposizione (a cura di Helga Prignitz-Poda) indaga l’artista nel suo rapporto con i movimenti artistici dell’epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulla ricerca che resta peculiare.

Frida barava sulla sua data di nascita, che fissava al 1910: non per vezzo femminile (lei era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán, Città del Messico) ma per meglio apparentarsi con l’inizio della Rivoluzione che, infatti, diventa una linfa a cui si abbevera e fa abbeverare il suo lavoro. Infatti, i suoi dipinti non sono soltanto la quintessenza della sua vicenda biografica, segnata dalla poliomelite prima e da un terribile incidente poi, all’età di 17 anni, con cui ha fatto i conti tutta la vita (decine di operazioni, problemi di salute e deambulazione continui, amputazione della gamba e, infine, la morte…) e che ha originato tantissimi autoritratti, ma puntellano la storia e lo spirito del mondo a lei contemporaneo, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali che avevano portato alla Rivoluzione messicana e che seguirono. Sodale dei grandi muralisti politici di allora, compagna del più burbero, donnaiolo e imponente di loro (Diego Rivera), ella ha, con il suo carattere indomito, ribelle e senza asservimento anche culturale,  saputo mescolare e attualizzare queste esperienze e il folklore, la cultura indigena, l’identità nazionale combinandoli all’affermazione di sé e all’orgoglio di genere che ha mosso molti dei postulati della successiva Body Art e dell’Arte Estrema.

Frida Kahlo, soggetto di importanti Fotografi (Leo Matiz, Nickolas Muray che le fu amico e amante dal 1931 e per circa 10 anni; si veda anche Frida Kahlo, Her Photos, mostra con oltre 250 fotografie provenienti dall’archivio della sua abitazione messicana, la Casa Azul, all Museo di arte latinoamericana a Long Beach, California), riusciva a comunicare se stessa diventando – come indicava D’Annunzio e come misero in pratica i dandy e le dive di ogni tempo – anche fisicamente una sorta di opera d’arte: immensa, considerando la sua provenienza popolare, la madre bigotta, le menomazioni e la patina ferale che non abbandonò mai il suo cammino in terra… Sembra sapesse bene, Frida, l’importanza di ogni scelta, anche apparentemente banale, come farsi fare un abito, indossare un copricapo, farsi immortalare (lei, figlia di un fotografo, Guillermo Kahlo, doveva conoscere perfettamente il potere e le regole dell’immagine riprodotta…) e auto-ritrarsi… Anche un vestito, un corpetto, un paio di scarpe potevano trasformarsi – e lo fecero!  – in dispositivi di autoaffermazione, oltre che di espressione socialista e femminista: a partire dalla scelta della sartoria di Tehuana (si ricorda, a tal proposito, la mostra Appearances Can Be Deceiving: The Dresses of Frida Kahlo, Museo Frida Kahlo, Città del Messico, 2013) e considerando anche il corsetto-busto ortopedico da lei adornato e dipinto che è esposto in una teca alle Scuderie. Bellissima opera, bellissima lei, e commovente prova di temeraria lotta contro tutto: il male, l’arretratezza della condizione femminile dell’epoca, la povertà e le ingiustizie sociali che cercò di superare aderendo al Partito Comunista e a un’ideale che condivideva con i tanti amici talvolta molto, molto intimi (tra i tanti, Tina Modotti ed Edward Weston).

Grande Madre del colore, che mamma non sarà mai; donna di carattere; artista superlativa: Frida, che da autodidatta affinò l’Arte facendola. Sdraiata sul suo letto di pena a cui la costrinse il gravissimo incidente, dipingeva più facilmente, attraverso uno specchio montato sul soffitto (o sul baldacchino), il suo volto, il suo corpo, liberandoli e liberandosi grazie alla pittura. E’ facile e corretta la lettura psicanalitica e la riflessione sul valore del doppio, che nel suo caso si può espandere sino a che ” l’uno nessuno centomila” di pirandelliana memoria svela l’essenza e la complessità di un animo che, semplicemente, voleva amare, farsi amare ed esprimersi: essere.

Diego certamente l’aiutò, la fece crescere, anche culturalmente, ma lui grazie a lei divenne, agli occhi di una narrazione collettiva, quasi eroico. Lei si presentò a lui ad appena 12 anni (più o meno), a 22 Diego lascia la moglie Lupe Marin e la sposa una prima volta. Si tradiranno, abbandoneranno, riprenderanno e si ameranno per tutta la loro vita.

Intanto, Frida passa da uno stile naif a un melting pot che mescola sapientemente – ma senza calcolo – arte preispanica, tradizionale apotropaica e popolare, Surrealismo, Realismo Magico… Nel 1938 André Breton va a Città del Messico ospite da Rivera e vede per la prima volta il lavoro di Frida, che lo esalta tanto da fargli proporre una sua mostra a Parigi e da affermare che la donna era:

una surrealista creatasi con le proprie mani”.

Ma lei dirà (Frida Kahlo, Time Magazine, “Mexican Autobiography”, 27 aprile 1953):

“Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.”.

Semplice, lapidaria, senza sotterfugi.

“Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere”

“Tengo un alegria immensa por vivir”

A Parigi Frida frequentò i surrealisti, i Cafè, la boheme e la vita notturna e creativa di quella città che giudicò “decadente” tanto da preferirle gli Stati Uniti: San Francisco (dove si risposò una seconda volta con Diego, dopo la separazione e il perdono dal tradimento con la sorella), New York, Detroit (dove subì un traumatico aborto e dove si sposò una prima volta), così agli antipodi dal suo piccolo villaggio di provenienza.

E’ sovrana, Frida, anche se spesso inchiodata a letti, macchinari e ospedali che la tengono in vita togliendone ogni volta un pezzetto; ma è la sua pittura a farla innalzare (come indica nel quadro Perché voglio i piedi se ho le ali per volare, 1953, Museo de Frida Kahlo, Città del Messico), a renderla autonoma, anche in linea con il pensiero delle Avanguardie e di quel Manifesto per un’arte rivoluzionaria indipendente (scritto nel 1938 da Leon Trotsky, Breton e Rivera – il nome del primo, per ragioni di sicurezza e opportunità politica non comparve) dove si teorizza l’assoluta libertà del pensiero artistico, la legittimità ad essere anarchico, “senza la minima costrizione dall’esterno” (André Breton, Leon Trotsky, Per un’arte rivoluzionaria indipendente, in Arturo Schwarz, Breton e Trotsky. Storia di un’amicizia, Erre emme, 1997).

Frida Kahlo, dalla storia divenuta leggendaria come la sua arte: lei, travolgente e pasionaria nonostante le sue fragilità,  che forse voleva essere solo un piccolo cervo (Il piccolo cervo, 1946) libero e senza ferite… Ma come scrisse  Rosario Castellanos (Città del Messico, 25 maggio 1925 – Tel Aviv, Israele 7 agosto 1974):

 

(…) ” È l’uomo un animale di solitudini,

cervo con una freccia nel fianco

che fugge e perde sangue.

 Ah, ma l’odio, la sua fissità insonne 

dalle pupille di vetro; il suo modo d’essere 

che al tempo stesso è riposo e minaccia.

 Il cervo va a bere e nell’acqua appare 

il riflesso di una tigre.

 Beve il cervo l’acqua e l’immagine. Diventa 

—prima che lo divorino— (complice, affascinato) 

uguale al suo nemico.

 Diamo la vita solo a quel che odiamo.”

 

Leggi altro qui:

http://www.artapartofculture.net/2014/03/18/frida-kahlo-travolgente-e-ribelle-le-scuderie-del-quirinale-a-roma-la-omaggiano/

Info

  • Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16, Roma
  • fino al 31 agosto 2014;
  • orari: martedì al giovedì dalle ore 10.00 alle 20.00, venerdì e sabato dalle ore 10.00 alle 22.30, domenica dalle ore 10.00 alle 21.00 con aperture straordinarie (http://www.scuderiequirinale.it/categorie/orari-mostre)
  • tel. +39 06/39967500

A questa mostra segue quella genovese, Frida Kahlo e Diego Rivera, a Palazzo Ducale, dal 20 settembre 2014 al 15 febbraio 2015: proseguirà il racconto iniziato, delineando un rapporto che lascerà enormi tracce nell’arte di entrambi.

Info

  • A cura dall’autrice del catalogo ragionato, Helga Prignitz-Poda, con la collaborazione di Christina Kahlo (pronipote di Frida) e Juan Coronel Rivera (nipote di Diego)
  • www.fridakahlogenova.it

 

 

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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