Festival della Letteratura #4. La solitudine del diagnosta. Riflessioni su uno dei libri più venduti al mondo, il manuale diagnostico della malattia mentale DSM-5

US-Psychiater Allen FrancesLo psichiatra Lingiardi, nel presentarci il collega Allen Frances, si dilunga come è giusto nel raccontare ad un pubblico di profani un autore e un argomento specifico e specialistico a noi quasi ignoto. Pertanto commincia col parlarci di diagnosi e del manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali.
La diagnosi  è due cose impossibili: la necessità di assegnare un singolo individuo ad uno specifico campo di somiglianza con una patologia, ma l’esigenza di restituire l’individualità e la specificità al singolo e alla sua specifica sofferenza.

Allen Frances è stato coordinatore della quarta edizione del famoso DSM, ovvero il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Questo libro accompagna la comunità degli psichiatri dal ’52, attraverso cinque edizioni e due revisioni parziali, ed è lo specchio della sofferenza mentale che i clinici cercano di raccontare attraverso definizioni, specificazioni, codificazioni. Attraverso sessant’anni di DSM si nota come alcune diagnosi compaiano, altre scompaiano, riflettendo i mutamenti del contesto sociale, economico, politico. Le diagnosi sono l’anticamera di un trattamento che non ha solo riflessi sociali, ma anche economici nel momento in cui si attua tramite un farmaco. Dal 2012 Frances tiene un blog che si chiama Psicology in distress. Ha tenuto conferenze su temi quali usi e abusi della diagnosi in psichiatria e ha pubblicato due volumi: Primo, non curare chi è normale e La diagnosi in psichiatria, ripensare il DSM-5

La diagnosi in psichiatria consente di costruire un linguaggio condiviso e comunicare tra psichiatri, in secondo luogo consente di orientare il percorso di cura o di supporto al singolo individuo.
La diagnosi da sola non basta, è importante una diagnosi ottenuta dall’incontro di diversi strumenti diagnostici che tenga viva l’attenzione al singolo e alla sua specificità.

Le due critiche fondamentali che Frances fa al DSM 5 sono:
le soglie sono troppo abbassate, quindi si rischia di diagnosticare un disturbo mentale quasi a chiunque;
il DSM-5 prospetta un eccesso di etichette che disperde in una marea di definizioni quella che sarebbe una necessità di maggiore economia e rigore.

Le domande che gli poniamo sono quindi: come si distingue una persona normale e è utile arrivare a mille pagine di un manuale diagnostico o sarebbe preferibile aveerne uno di qualche centinaio di pagine?
Inoltre Frances lamenta l’eccessiva larghezza dei criteri che finisce con l’includere nella patologia anche i casi limiti della fisiologia, come la smemoratezza dell’anziano nella diagnosi di demenza o la sregolatezza del goloso nella patologia del disturbo del comportamento alimentare, o la vivacità del bambino nella diagnosi del disturbo di attenzione. Tale eccesso di medicalizzazione può portare ad un abuso di terapia psicofarmacologica.

Dopo questa lunga introduzione, per prima cosa Frances osserva che Lingiardi ha detto già tutto quello che lui avrebbe potuto dire.  Quello di cui parliamo oggi non è un argomento astratto, ma influenza tutti noi nel modo di vivere la nostra  vita. Una diagnosi esatta può essere, nella vita di un paziente, un momento magico e meraviglioso, offrendogli comprensione del suo oscuro disagio. Finalmente qualcuno mi capisce e forse è in grado  di aiutarmi.
Il potere di attribuire un label può esser il potere di curare, ma anche di fare del male o di distruggere. Una diagnosi  inesatta può condurre alla somministrazione di medicine inadatte con gravi effetti collaterali  o condurre ad una stigmatizzazione sociale. Può anche fare una differenza nel modo in cui  il paziente vede se stesso, il proprio futuro, le proprie speranze.  Una diagnosi è facile da fare, ma molto difficile da disfare. Una diagnosi inesatta di disturbo bipolare può precludere la possibilità di adottare un bambino. È importante non farle in modo disattento e frettoloso, ma pensarle. L’80% dei trattamenti psichaitrici negli Usa sono prescritti non da specialisti ma da generici dopo colloqui di poche decine di minuti e sotto pressioni delle compagnie farmaceutiche. Il 20% della popolazione assume regolarmente farmaci di tipo psichiatrico, l’undici percento assume antidepressivi, una donna su quattro, una donna gravida su sette.
Altre statistiche: l’undici per cento dei  bambini ha una diagnosi di disturbo di attenzione ed il sei per cento  assume farmaci per questo, tra gli adolescenti maschi il venti per cento ha avuto questa diagnosi e il dieci per cento assume  farmaci per essa. Gli antipsicotici sono una categoria di farmaci prescritta in un eccesso impressionante. Fino a poco tempo fa essa fruttava diciotto miliardi di dollari l’anno.
Essi sovente fanno ingrassare chi li assume, in particolare i bambini, esponendoli a un maggiore rischio di malattie metaboliche e ad una riduzione della aspettativa di vita.
Un altro posto dove si prescrivono troppi antipsicotici sono le case di riposo per anziani, dove essi compensano la carenza di personale.

Qui in Italia non siete di fronte a questo paradosso che noi viviamo in America: la tendenza netta a medicalizzare eccessivamente le persone che ne hanno bisogno e non dare trattamento a chi invece ne avrebbe bisogno e che invece è vergognosamente trascurato.

Credo che da voi in Italia il lavoro di chiusura degli ospedali psichiatrici sia stato svolto nella maniera giusta dando comunque ai pazienti delle sedi di  trattamento e una vita decente.
Invece negli Stati Uniti abbiamo sì eliminato i letti ospedalieri, ma i soldi risparmiati non sono stati reinvestiti nel trattamento dei pazienti, lasciandoli  privi di trattamento, privi di un luogo decente dove vivere e i risultati hanno dato alla nostra società un carattere barbaro. Abbiamo un milione di malati psichiatrici nelle carceri e centinaia di migliaia homeless. Abbiamo un paradosso  tragico e crudele. Curiamo troppo persone che starebbero meglio senzza medicine e si trascurano coloro che ne avrebbero bisogno.

L’Italia è messa molto meglio, ma per il futuro vedo il rischio che anche  da voi si diffondano le nostre cattive abitudini, anche sull’onda sia delle pressioni delle case farmaceutiche sia per la tendenza a tagliare le spese sanitarie.

Negli anni settanta e ottanta abbiamo prodotto il DSM4 con cui abbiamo cercato di tenere fermi i confini della psichiatria e frenare l’inflazione diagnostica. Abbiamo fissato delle soglie molto elevate per i criteri diagnostici, ci sono state proposte 94 nuove diagnosi e ne abbiamo accettato solo due.
Eravamo convinti di esserci riusciti , ma ci siamo sbagliati. Non abbiamo saputo giocare d’anticipo sulle società farmaceutiche, non capivamo sino a che punto avrebbero saputo sfruttare il nostro manuale. Dopo il DSM4 sono scoppiate tre epidemie di malattie psichiatriche: triplicate le diagnosi di disturbo di attenzione, raddoppiate le diagnosi  di disturbo bipolare e aumentate di cinquanta volte le diagnosi di autismo.

Non siamo cambiati noi esseri umani, ma è cambiata la facilità con cui si fa una diagnosi psichiatrica. Quando hai un fronte di industrie in grado di convincere i pazienti che hanno  malattie , che non hanno, e invogli i medici a prescrivere farmaci che non servono, ecco che sembra che avvenga un cambiamento della natura umana, il che non è.
Cosa avrebbe dovuto fare il Dsm5, che non ha fatto? Avrebbe dovuto cercare  di chiudere quella porta e non aprirla ancora di più, introducendo nuove diagnosi che aprono la porta a nuove epidemie.  Dobbiamo quindi educare l’opinione pubblica, rieducare i medici a usare un principio di cautela al fine di proteggere noi e anche i nostri figli dall’eccesso di diagnosi e di terapia. Il medico dovrebbe aspettare, prima di emettere una diagnosi, prendersi del tempo, riflettere, pensare.

In psichiatria non esistono test biologici. La diagnosi si basa sulla defnizione di storie,  racconti soggettivi relativi a sintomi e comportamento.
La diagnosi è un prodotto sociale. Se fatto bene è utile, se inesatto può essere anche dannoso, ma c’è, ed è necessario, un grado di arbitrarietà nella definizione di un disturbo psichiatrico. Dei cambiamenti anche piccoli nella definizione di un disturbo comportano che milioni di persone ricevano quella diagnosi o non la ricevano e ogni volta che una diagnosi  viene ad assumere una enorme importanza nel mondo, possiamo essere quasi certi che sarà male utilizzata.

Prendiamo per esempio i bambini che non hanno sufficiente tempo di attività fisica e di esercizio. Le loro energie bloccate, contratte, costituiscono un problema scolastico che noi abbiamo trasformato in un problema medico. Abbiamo classi troppo numerose, scuole organizzate in modo da ridurre i loro spazi di attività fisica e di libertà. Il più piccolo di età ha il doppio di possibilità di ricevere una diagnosi di disturbo di attenzione. Abbiamo preso  una caratteristica normale, l’immaturità giovanile, e l’abbiamo trasformata in una diagnosi per cui somministriamo dei farmaci!

Non c’e una linea netta che separa i normali dai non normali. Il 5% della popolazione presenta dei disturbi psichiatrici gravi, evidenti a chiunque. Ma più ci avviciniamo al confine della cosiddetta normalità e più le cose si fanno impalpabili e inafferrabili. Suggerisco perciò di considerare che dei sintomi transitori guariscono da soli e  che il paziente spesso giunge dal medico nel momento peggiore. In questi casi la cosa migliore  da fare è nulla, ovvero dare un supporto, uno spazio, un tempo per guarire. Per i sintomi davvero gravi e duraturi, trattamento immediato, per quelli transitori facciamo affidamento sulla capacità delle persone di guarire da soli e ricorriamo alla psicoterapia che spesso serve di più e forse costa di meno.

+ ARTICOLI

Cecilia Deni, classe 57, sarda di nascita, vive e lavora come medico di famiglia a Bologna. Lettrice ossessiva, ama restituire il frutto delle letture a chiunque, imprudentemente, si presti ad ascoltare.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.