Pasolini di Abel Ferrara. La fine non esiste

Pasolini di Abel Ferrara , Willem Dafoe è Pasolini nel film

L’ultimo giorno di Pier Paolo Pasolini inizia con il bacio di mamma Susanna e continua all’interno del suo appartamento all’EUR nel susseguirsi di parenti, amici, giornalisti. Il pranzo con Laura Betti, il lavoro sul romanzo Petrolio, le bozze dell’intervento che avrebbe dovuto pronunciare al Congresso del Partito Radicale, i disegni, le ferventi idee sulle opere future.

Arriva la sera con la cena insieme a Ninetto Davoli, l’abbordo di Pino Pelosi alla stazione Termini, il massacro del poeta all’Idroscalo di Ostia.
Si ritorna a mamma Susanna, al momento straziante in cui viene a sapere della morte del figlio. Quel dolore intimo diventa dolore universale sulle note della Callas che canta la Cavatina di Rosina come fosse un elogio funebre.
In un film su Pasolini non poteva mancare la sua orazione lucida e profetica.
La voce dei sentimenti inespressi di una società in cui avvertiva crescere il germe di un pericoloso cambiamento. Instancabile e martellante interprete di un quadro politico, di una realtà in cui sentiva il dovere di ricomporre quei tasselli mancanti.
Ferrara lascia scorrere il fiume in piena delle parole del poeta ancora potenti e attuali.
I dialoghi, le interviste, gli estratti dai romanzi, gli elogi a Sandro Penna e al libro La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia.
La parte in ombra, quell’ossessione che gli bruciava dentro e lo spingeva in quelle notti febbrili offrendosi al rischio.

«Lavoro tutto il giorno come un monaco / e la notte in giro, come un gattaccio / in cerca d’amore..»
(Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa, Garzanti, 1964)

Abel Ferrara decide di esporre il Pasolini immorale e il Pasolini immortale creando uno strano tracciato, linguisticamente caotico, allo stesso tempo convenzionale e sconnesso.
Alla fedele cronaca di quell’ultima giornata di vita si incastrano suggestioni, scenari immaginifici, messe in scena del romanzo incompiuto Petrolio e di Porno-teo-kolossal, film mai realizzato che avrebbe visto protagonisti Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli.
Vediamo l’ambiguo Carlo, ingegnere dell’ENI, sdoppiarsi tra salotti della corrotta borghesia romana e fellatio a ripetizione sul pratone della Casilina (Petrolio, Appunto 55)
Si passa alla coppia Epifanio (Re Magio) e Nunzio (servo/angelo custode) di Porno-teo-kolossal che partono per un interminabile viaggio seguendo la scia di una stella cometa che dovrebbe condurli dal neonato Messia.
Lungo il percorso arriveranno in una Roma/Sodoma orgiastica nell’unico giorno dell’anno in cui è ammesso che uomini e donne si uniscano carnalmente per procreare. In questa città utopistica viene ammesso solo l’amore omosessuale e severamente punito quello eterosessuale diversamente dalla Milano/Gomorra.
E’ stata sopita del tutto l’anima delirante, audace e viscerale del cinema ferrariano.
Decisamente un passo indietro rispetto a 4:44 Last Day on Earth e Welcome to New York opere figlie di un nuovo Ferrara meno invasato, più consapevole e strutturato ma che conservano quella straordinaria indole impura,vorticosamente nefasta.
Così Abele uccise Caino.
Sparita ogni visioni potente, abissale e priva di compromessi per cui gli sono stati, quasi sempre, perdonati quei peccati di tecnica e stile che nel film Pasolini emergono con meno giustificazioni.
Il risultato ottenuto è un’amalgama inerte troppo sottomessa ed ecumenica, poco appassionante.
Si vuole mostrare tutto, si mostra troppo: il corpo, che nonostante l’ottima prova di Willem Dafoe, rimane un’entità estraniante, un’attore camuffato perché riprodurre la voce, la fisicità di Pasolini, renderlo personaggio è impossibile. Sarà interessante vedere come lo restituirà Massimo Ranieri in La macchinazione di David Grieco.
La sua vita, la cerchia di affetti che riprodotta in un susseguirsi anonimo di parenti e amici, col volto di celebri attori italiani, non riesce a cogliere nessuna veridicità tantomeno l’atmosfera politica dell’Italia negli anni della strategia della tensione.
La morte, addirittura Ferrara ricostruisce con determinazione la scena dell’omicidio attenendosi alla sentenza di primo grado del 26 Aprile 1976 in cui Pelosi venne condannato a nove anni per omicidio volontario in concorso con ignoti.

«Me ne fotto. Questo è un film, non un’indagine. Non me ne frega niente di chi l’ha ammazzato e come. Io mi occupo della tragedia, di quello che abbiamo perduto. Pasolini è morto a 53 anni, avrebbe potuto continuare a dire e a fare tantissimo. Molti suoi contemporanei sono ancora qui»
(Abel Ferrara)

Purtroppo nella realtà ancora ignoriamo quale sia stato il movente.
Non sappiamo se ci sono stati mandanti politici ed esecutori collegati al racket della prostituzione minorile o aggressori legati a vicende private.

« […] Pasolini viene ucciso quando trame e complotti sono all’ordine del giorno[…] si voleva “dare una lezione” a Pasolini, ma non per uno “sgarbo”, bensì per quello che egli rappresentava nel momento politico, così come, un paio d’anni prima per la stessa ragione, si era voluta dare una “lezione” all’attrice Franca Rame. […]»
(Giorgio Galli, Un delitto politico, in AA.VV., Dossier delitto Pasolini, 2008)

Il poeta, secondo la visione di Ferrara, muore come ha rischiato tante volte di morire.
Vittima di un’aggressione omofoba. Er Pasola viene seviziato da quattro ragazzacci di vita che sembrano usciti fuori dai suoi racconti.
Una fine che sembra ideata, diretta e interpretata da se stesso per il tuffo nel “grande nulla lucente”: così Pasolini definiva la morte.

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“L’arte è l’anima del mondo, evita che il mio inconscio s’ingravidi di deformi bestie nere.” Laureata in Scenografia e in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ha lavorato in ambito teatrale collaborando con esponenti della scena sperimentale romana come Giuliano Vasilicò e l’Accademia degli Artefatti e, come fotografa di scena, per teatri off. Negli ultimi anni, accanto alla critica d’arte affianca la critica cinematografica. Ha scritto per Sentieri Selvaggi, CineCritica e attualmente per Schermaglie oltre che per art a part of cult(ure). Nel 2012 ha curato la rassegna cinematografica “FINIMONDI: Cataclismi emotivi,cosmici ed estetici nel cinema” presso la libreria Altroquando di Roma.

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