Festival Internazionale del Film di Roma 2014: “Index Zero”

«2035, Stati Uniti d’Europa: alcuni uomini non sono più sostenibili». Kurt (Simon Merrells) ed Eva (Ana Ularu) vivono oltre la grande muraglia degli Stati Uniti d’Europa, nelle terre abbandonate dopo la crisi economica globale. Lei è incinta e, per assicurare un futuro migliore al loro bambino, vogliono entrare in Europa illegalmente.Ci riescono strisciando dentro un tunnel nella terra, all’uscita del quale vengono però catturati dalla Polizia dell’immigrazione e trasferiti in un centro di detenzionetemporanea.

Qui Kurt ed Eva scoprono che ad ogni persona è assegnato un indice di sostenibilità basato sul benessere e la produttività personale: Kurt è considerato“potenzialmente sostenibile”, e perciò detenuto in attesa di raggiungere l’Indice zero (Index Zero) che gli permetterà di diventare cittadino europeo; Eva, invece, considerata“non sostenibile”,è detenuta in attesa dell’espulsione oltre i confini. In Europa, infatti, la gravidanza naturale è illegale. La gestazione dei bambini avviene in uteri artificiali per non far perdere alle donne nove mesi di produttività.

Kurt però deve mantenere la promessa fatta ad Eva, che ce l’avrebbero fatta. Tutti e tre.

Index Zero(sezione Prospettive Italia),presentato venerdì sera al pubblico del Festival Internazionale del Film di Roma, per l’esordiente regista Lorenzo Sportiello (classe 1978) è una “proiezione realistica del nostro presente distopico”.

L’occhio di Sportiello non vede nel 2035 – una data così vicina, tangibile da essere niente affatto meravigliosa – una buona annata per l’umanità: la “sostenibilità” che oggi rincorriamo proprio per evitare un 2035 involerà accomunandosi pericolosamente alla “produttività”; gli Stati Uniti d’Europa saranno insieme una speranza di salvezza e una prigione… così giovani e già falliti; ci sarà di nuovo un Muro a divedere qualcosa e qualcuno; ci saremo lasciati alle spalle una scia dolorosa di maternità e paternità mai nate. Però almeno parleremo tutti la stessa lingua: l’inglese. Oh, funny…

All’anteprima stampa dopo la proiezione non è volato un fiato; all’uscita dall’anteprima per il pubblico (sold out) le facce degli spettatori erano perplesse, ma nulla di crudele balenava nelle loro fronti corrugate. L’opera di Sportiello è una cronaca preventiva, più che un film di fantascienza, genere che non vedeva (e a questo punto che ancora non vede) la firma di un regista italiano da Nirvana di Gabriele Salvatores (1997). Una volta interiorizzato questo, però, non puoi volergli male. È un film potenzialmente sostenibile.

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Giornalista pubblicista dal 2012, scrive da quando, bambina, le è stato regalato il suo primo diario. Ha scritto a lungo su InStoria.it e ha aiutato manoscritti a diventare libri lavorando in una casa editrice romana, esperienza che ha definito i contorni dei suoi interessi influendo, inevitabilmente, sul suo percorso nel giornalismo. Nel 2013 ha collaborato con il mensile Leggere:tutti ma è scrivendo per art a part of cult(ure) che ha potuto trovare il suo posto fra libri, festival e arti. Essere nata nel 1989 le ha sempre dato la strana sensazione di essere “in tempo”, chissà poi per cosa...

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