Verità e velo. Edipo in compagnia

Ognuna delle porte che si apre fa urlare di dolore l’umana creatura – talvolta interviene un’arca di tela e velo per porre fine a questo interminabile conflitto – Un moto apparente fra un primo occultato  e un dopo visibile torna a mostrare la vicenda della nascita – Ogni momento della giornata è fine e principio insieme.” (Flavio Ermini, L’originaria contesa tra l’arco e la vita).

Con queste parole potremmo in parte sintetizzare la storia di Edipo, il grande eroe tragico concepito da Sofocle nel V secolo a.C.,nella trilogia che comprende l’Edipo Re, Antigone e l’Edipo a Colono. Riscritta  in modo assolutamente originale  e seducente da Alberto Bassetti, nello spettacolo dal titolo Edipo in Compagnia, di cui Bassetti è anche regista,  rappresentato presso il Teatro Lo Spazio, a Roma.

Questo Edipo entra in scena bendato, sulle note di una musica che attrae, e sembra portarlo subito fuori dal limen umano, nel mondo diverso degli Eroi, vicino a quello degli Dei. Edipo,Οἰδίπους, eroe “dai piedi gonfi, enfiati”, per essere stato abbandonato alla nascita dal padre sul monte Citerone, legato per le caviglie. Vaga esiliato nei pressi di Colono, vecchio e cieco, Edipo, ma dalla forza della voce, dalle considerazioni lucide e sicure, da come si muove in cerca di terra e cielo nell’oscurità,  sappiamo che la sua cecità è preziosa. Perché gli consente finalmente di  andare oltre, oltre il limite delle proprie paure e della propria finitezza, di  “vedere” con chiarezza, fuori e dentro se stesso. Di arrivare alla Verità, nascosta dietro un Fato apparentemente senza ragione, una Fortuna avversa. Che non risparmia nessuno.

La benda sugli occhi, simbolico esplicitarsi del suo caotico buio, costituisce il limite tra volontà e inesorabilità dei destini umani. “Tutto nasce dalla Madre…”È dal momento in cui viene al mondo, “da un piccolo seme”, da quando comincia a respirare e l’anima entra nel suo corpo come soffio vitale, che l’uomo diventa preda del Destino. Edipo vuole “rimembrare le proprie vicende”, prima di scendere negli Inferi, in cerca di una trasfigurazione, di un nuovo principio, di un riscatto, nella fine necessaria. L’uomo Edipo racconta, ripercorrendo la sua vita, che, attraverso oracoli e vaticini, ha scoperto di essere sposo inconsapevole di sua madre, la regina Giocasta, e uccisore, altrettanto inconsapevole, del suo vero padre, Laio. Tutto è compiuto, la verità splende, sole inquietante. E tuttavia egli non sfugge al ruolo assegnatogli  dagli dei, di “numero uno dei disgraziati, il più grande”, per essersi involontariamente macchiato di colpe orribili, e averle riconosciute  come parte ineludibile della sua vita. Nella Verità, “…Il mio delirio, il mio godimento, il mio dolore e tutta la mia grandezza di assoluto protagonista.” Così come un attore, non sfugge al ruolo assegnatogli da un copione preordinato. O forse un attore può derogare alla legge scritta della parola, diversamente da un umano, che non può sottrarsi al volere degli dei, “manovratori, che muovono tutti come pupazzi” ? E alla “concatenazione cosmica degli eventi?”

E’ un primo Attore, adesso Edipo, calato nella sua parte fino in fondo,  e qui la narrazione cambia, in un processo di estraneazione… Allora, se Edipo è un primo attore, chi è la donna che lo accompagna, e gli toglie la benda? Pensavamo fosse Antigone, ad essergli vicina nel suo ultimo peregrinare. Antigone, figlia e sorella, donna di incroci, di sangue e destino avverso, così senziente e terrestre…“ Io sono colei che mi si crede…” Non è Antigone, almeno non solo, è una Donna, ma interpreta altri ruoli! Dunque anche lei è un’Attrice?
La tragedia, nel testo magistrale di Bassetti, continua ad  essere rispettata nella citazione dei personaggi e nel suo svolgersi, ma il ricordare di Edipo  si innesta in una serie di episodi comici e ironici che tramutano il dramma in commedia. E tra citazioni pirandelliane (Sei personaggi in cerca di autore, La favola del figlio cambiato), riferimenti all’Amleto di Shakespeare, echi di  Eduardo, la vicenda si trasforma sempre più nell’interpretazione  di due Attori che da eroi cadono, cadono  con totale partecipazione nella storia che raccontano, nella vita dei  personaggi  che rappresentano.“Voglio vivere la mia vita di arte”, afferma Edipo. Resta il filo conduttore, il patos originario della tragedia Sofoclea,  la verità sotto quello che “sembra”, vita umana o finzione scenica, e la possibilità, nel prenderne coscienza, di un equilibrio, di un’accettazione necessaria, di una prosecuzione e una salvezza, nonostante tutto.

Colpisce l’opera di Bassetti,  dopo tante altre versioni (Pasolini, Morante, Cocteau).  Il testo è davvero ben scritto, l’interpretazione dei due attori di  Edipo in compagnia è superlativa.  Antigone, ovvero la Donna,  è una poliedrica Elisabetta Arosio, che di volta in volta interpreta con maestria personaggi diversi, trasformando un elemento scenico da altare pagano  a scrigno di sorprese, quinta, valigia dell’attore. Ecco tra gli altri, i genitori adottivi di Edipo, Pólibo  e Merope, la surreale Pizia, l’oracolo del Tempio di Delfi, che sarà interrogata da Edipo. “Conosci te stesso”, era il motto di Socrate inciso sul frontone del Tempio, e questo dirà la Pizia ad Edipo e a tutti noi.
E poi, la divertente Sfinge. Risolvendo i suoi indovinelli, Edipo entra nel mito, diviene Re di Tebe, eroe dai grandi piedi, che come l’attore, “gongola, per essere il Re delle scene”. E afferma inoltre: “Io, come un vero attore, ricerco la verità, questa è la mia dannazione!”  Ecco Tiresia, l’indovino e lei, Giocasta, la regina, che dopo avere appreso che il nuovo sposo Edipo è anche suo figlio, si uccide, nell’armonia squillante del Rigoletto. Assonanza di temi. Nell’opera ottocentesca di Verdi, la  “cecità” del buffone Rigoletto, la sua incapacità e inconsapevolezza  nel vedere la realtà delle cose , scatenano il dramma. In questo punto, Edipo si priva della vista, per non vedere “nulla di questo mondo folle”. Con un gesto simbolico, la donna ridiventata Antigone lo benda nuovamente, ma Edipo accecato continua a vedere tutto. Il velo sull’essenza delle cose è ormai sollevato “Avevo occhi, ma non vedevo nulla e nulla comprendevo”. La sua discesa nell’Ade compie la catarsi liberatoria, e il ciclo della vita ricomincia, nel mistero della morte, nel calare del sipario.

Il Primissimo Attore Paolo Graziosi, ci regala un magnifico Edipo, forte, fragile, divinamente terreno, tratteggiato in ogni sua sfaccettatura con intensità. Nel  personaggio, così presente a se stesso nella sventura, illuminato nel suo “non vedere”, sembrano svanire le colpe, e il  peccato originale, l’appartenenza al genere umano. Graziosi, con la sua  fisicità, la mobilità del volto, il timbro vocale, gli imprime un carattere che solo un grande attore può rendere così. Ogni spettatore vibra nella storia entro confini sottili. E’  lamento, riso, speranza, grido, coro, entrando nella  tragedia di Edipo in una sintesi perfetta tra  pietas e simpatia, nel senso  che i Greci davano al termine (συμπάθεια, sympatheia, parola composta da “σύν”, “con”, e “πάϑος”, sentimento,affezione).  Partecipa con simile emozione alle sventure dell’eroe, e ammira la forza stoica che lo sostiene . Contemporaneamente, resta in silenzio, assistendo a subitanee trasformazioni,chiedendosi se sia davvero Edipo, a raccontare di sé, o qualcun altro…

Uno spettacolo ardente, di sicura presa, moderno nella sua  “rivoluzione” di personaggi, spazi e tempi, con sagaci agganci al presente. Un Mito rivisitato con amore per l’arte del Teatro, con coraggio, arguzia, e indubbie capacità da parte di autore e attori. Affascinanti, molto belle, le musiche composte da Francesco Verdinelli. Da vedere.

In compagnia, ci lascia Edipo. “ La freccia del tuono e d’improvviso la pioggia… Tutta un’acqua veemente ci avvolge… E voglio credere che questa fiamma sia una pace, e che abbracci con infinita emozione e gioia, uno che lotta in questo disordine, a sinistra, a destra, contro troppi assalitori, e sta per morire” ( Yves Bonnefoy).

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Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Scrittrice e attrice, collabora con varie Associazioni culturali. Suoi testi sono pubblicati in Antologie varie e su siti Internet. Si è dedicata a progetti sperimentali di diffusione della poesia nelle scuole e alla scrittura e regia di spettacoli e percorsi poetici. Fa parte del gruppo di Scrittura Collettiva di Fefé Editore. Adora Adonis.

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