I 35 punti di vista delle 35 telecamere della Cenerentola del progetto cinematografico di Andrea Andermann diretto da Carlo Verdone. E la musica è di Rossini.

Carlo Verdone sul set di Cenerentola

One day only: il 23 dicembre è nelle sale italiane Cenerentola diretto da Carlo Verdone.
Il film è frutto di un imponente lavoro di post-produzione, fatto a partire dalla Cenerentola (nella versione musicata da Gioachino Rossini) mandata in onda nel 2012 nella diretta televisiva in mondovisione (e su altro materiale inedito) realizzata da 35 punti di vista, cioè con 35 telecamere. A queste immagini, si vanno ad aggiungere le animazioni realizzate da Annalisa Corsi e Maurizio Forestieri, che si integrano alle centinaia di inquadrature (dei 35 punti di vista delle 35 telecamere) per un lavoro di montaggio durato sei mesi e seguito dal produttore Andrea Andermann.
L’uso di riprendere uno stesso evento da decine di punti di vista, utilizzando cioè decine di macchine da ripresa contemporaneamente, realizzando ore di riprese che poi saranno selezionate e rieditate in una lunga fase di montaggio, è una delle modalità di fare cinema.

Quando ancora si girava in pellicola, la regista tedesca Leni Riefenstahl ha utilizzato contemporaneamente 30 cineprese (di cui una montata su un aereo) per il suo Trionfo della volontà. Eravamo nel 1935.
Questa modalità, che molto basa sull’abilità di scegliere e giustapporre inquadrature, si contrappone idealmente a quella di realizzare il montaggio in camera, girando con una sola macchina da presa, che appunto, non stacca mai. Entrambe sono scelte registiche che hanno entrambe (sì, entrambe) a che fare con la produzione: parliamo di organizzazione del set, della postproduzione e, ovviamente, dei costi di produzione e postproduzione.

Questi costi oggi, volendo, non sono più così obbligatoriamente alti, dati i bassi costi delle attrezzature digitali che consentono di fare riprese di qualità professionale, dato il fatto che il montaggio di un film (o il montaggio di una diretta tv) si può fare usando Final Cut e un computer Apple, magari stando a casa propria.
Oggi, l’unico costo vero, quello che, se si è onesti, non può essere compresso, scontato, è il costo del lavoro umano. Per capirci, una puntata del telefilm Dr. House (andata regolarmente in onda), è stata girata con una fotocamera Canon alla portata di tutti. Ma non solo. Infatti, alcune delle reflex di ultima generazione sono in grado di registrare in 4K, in modo autonomo o tramite dispositivi di registrazione esterni.

Oramai per fare cinema non si usa più solo un tipo di macchina da presa, ma si affiancano più modelli, più o meno piccoli, con caratteristiche differenti a seconda delle necessità reali di ripresa. La qualità che tanto preoccupava, almeno a parole, i cineasti della generazione “raga’ portamola accasa” (mi scuso per la traslitterazione) non è più un problema, vista la sempre più affannosa e veloce corsa degli ormai numerosi brand volti a produrre modelli sempre più performanti, per assicurarsi nuove e sempre più ampie fette di utenza, nel tentativo di imporre i propri dettami e indirizzare le future ricerche nel campo dell’innovazione. É facile trovare film, prodotti dalle major o no, nei quali in fase di montaggio avviene la selezione di scene girate dalle più costose e performanti Arri e Red, combinati con filmati provenienti da reflex Canon o addirittura dalle piccolissime GoPro (che oggi registrano anche in 4K), dove la differenza, qualitativamente parlando, nella maggior parte dei casi non è visibile ad occhio nudo, seppure esperto.

Nascono sempre più modelli a basso costo, che permettono di registrare in 4K (Ultra HD) e in formato RAW, il famoso negativo digitale capace di ampliare in modo incredibile il range dinamico della scena catturata (oramai parliamo dai 12 ai 15 stop di differenza). Macchine come l’economica (a partire da 2.400,00 Euro) Blackmagic Production Camera 4K, ideale per il nuovo esercito di videomaker o macchine come l’Ursa, la nuova nata della stessa Blackmagic Design che con un costo pari a quello delle reflex di fascia alta (a partire da 5.300,00 Euro) e caratteristiche tecniche mirabili va a minare i territori già conquistati dalle costose (decine di migliaia di Euro) Arri Alexa e Red Scarlet.
Nel contempo si vedono in giro anche progetti open source che mirano ad abbassare ulteriormente i costi dell’attrezzatura da ripresa 4K, come l’Apertus Axiom, tralasciando il discorso totalmente a parte del progetto MagicLantern.
Naturalmente l’abbassamento dei costi delle stumentazioni tecniche non riguarda solo la ripresa, ma anche illuminazione etc. Ma il discorso sarebbe naturalmente più lungo e forse troppo tecnico da sviluppare in questa sede.

Il punto, oggi, dicevamo è il costo del lavoro umano e la qualità del lavoro umano. In questo senso, che la favola firmata Andermann-Verdone sia proprio Cenerentola, dovrebbe far riflettere.
Cenerentola lavorava gratis per tre sorellastre e una matrigna. Il padre era assente. Ma grazie a una fatina con la bacchetta si è riscattata, ha ribaltato i ruoli.
Raccontata in circa 850 versioni, in tutti i paesi del mondo sin dai tempi della XXVI Dinastia (664-525 a.C.) in Egitto, Gioachino Rossini trae la sua Cenerentola dalla versione di Charles Perrault del 1697. Molte furono le variazioni, rispetto alla fiaba, che Giacomo Ferretti dovette introdurre nel libretto musicato da Rossini.
Sin dalla prima rappresentazione del gennaio 1817 presso il Teatro Valle di Roma, scompaiono la fata, il ballo e gli animaletti che accompagnano Cenerentola, ovviamente “la mezzanotte” e la scarpetta di cristallo. Tutto ciò per rispettare la censura papale, che ad essere sinceri non aveva visto proprio male. In effetti, le scarpe trasparenti sono ancora oggi considerate feticiste, la magia col cristianesimo non va d’accordo, semmai si parla di miracoli, gli animali antropomorfi sono retaggio di una cultura pagana.
Andrea Andermann vuole recuperare la magia del racconto di Perrault con le animazioni di Annalisa Corsi e Maurizio Forestieri e la scena del ballo, per la quale viene utilizzata la musica del balletto dell’Armida composta da Rossini.

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Regista, sceneggiatrice e giornalista professionista. Ha svolto il praticantato a Paese Sera, è stata nella redazione di Filmcritica, ha pubblicato anche su Il Manifesto, La Repubblica, Liberazione, Avvenimenti, Cinema D'oggi, Filmcronache, Visto, Ocula, Cinebazar, Plot di Affabula Readings. Consulente dell'Enciclopedia del Cinema Treccani per la Corea, ha pubblicato vari libri tra cui "Spike Lee" (Il Castoro), "Tecnocin@" (Costa & Nolan), "La chiave del cinema DUE. Tecniche segrete per realizzare un film di valore" (Universitalia), “Tutta un’altra storia. La scrittura creativa in pugno” (Universitalia), “10 Mondi-Storie” (Universitalia). Con "La Donna Luna in Azzurro" ha vinto il Gabbiano d’argento al Festival Anteprima per il cinema indipendente italiano di Bellaria (1986) e una Menzione Speciale al Salso Film&TV Festival (1987). Ha rappresentato l’Italia alla B’Biennale di Salonicco (1987). Finalista al Premio Solinas (2000) con il racconto “Latte Dolce”, nel 2003 fa parte del Consiglio Editoriale del Premio. Nel 2004 la sceneggiatura “THE DORA (a true story)” è selezionata da SOURCE 2, Script Development Workshop. Con “Love Conquers Mountains” è tra gli autori del concept film “Walls and Borders”. Docente di Metodi e tecniche della produzione video 3 all'Università di Firenze. Titolare di Regia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2009, è anche Referente del Triennio in Teorie e Tecniche dell'Audiovisivo.

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