Veronica Montanino. Metamorfosi dell’effimero e della mutevolezza. Con breve intervista all’artista

Veronica Montanino, opening Dorothy Circus Gallery

Chiusi i battenti presso la Dorothy Circus Gallery, con una mostra personale – che si è imposta al pubblico come agli addetti ai lavori-, Veronica Montanino si prepara per nuovi progetti e appuntamenti. Un’occasione imperdibile per approfondire il percorso artistico che la contraddistingue: flusso perturbante di cromatismi e forme, fra astrazione e figurativo, artificio e natura, immaginazione e mito. Al tempo stesso, opportunità ghiotta per farci raccontare dall’artista cosa bolle in pentola…

Chi non conosce le grandi installazioni site-specific di Veronica Montanino al palazzo Capitani di Ascoli come al MAAM e alla Casa dell’Architettura di Roma, oppure a Spoleto a Palazzo Collicola?! Straordinarie creazioni ambientali che si espandono vibranti, libere, cinetiche, psichedeliche; quasi organismi viventi, tessuti molecolari, optical, caleidoscopici, danno l’impressione di straripare oltre ogni limite spazio-temporale. Viene spontaneo chiedersi, dunque, in che modo l’artista si sia confrontata con lo spazio della Doroty Circus che di recente ha ospitato la sua personale, e, avendo confinato la sua arte sulle superfici definite di tele (grandi e piccole). Basti ricordare come in occasione di Overlook da ArtSinergy (2008) la Montanino coinvolgendo lo spettatore fin dalla strada, avesse stravolto totalmente gli ambienti della galleria, che inglobava forme pittoriche, elementi plastici, pieni e vuoti, stridenti contrasti tra colore e bianconero.

Tornando a Mutatis mutandis da Doroty, l’allestimento della mostra ci è apparso al limite dell’horror vacui, ma senza dubbio, funzionale all’idea e alquanto efficace nel risultato. Il flusso perturbante, virale, vorticoso di cromatismi e forme, sembrava rimbalzare da un quadro all’altro, e poi sugli oggetti, (in vetrina e non), -privati dalla loro funzionalità e trasfigurati in elementi ludici da esposizione-  senza discontinuità formale e percettiva. Ci rivela l’artista:

 “Il progetto è stato pensato come un unicum, lavorando in contemporanea sulle tele (disposte in orizzontale perché gli acrilici vengono colati a gocce)”.

Evidente, quanto l’uso peculiare della tecnica, incida sul lavoro di Montanino: lacche acriliche, spry, pennarelli, matite, ritagli di pvc, oggetti, e soprattutto, il colore, usato come materia primigenia, tutto, per riprodurre la complessità intrinseca ad ogni immagine; fondendo doppi registri in apparente contraddizione: brillante e polveroso, lucido e opaco, materico e segnico. Duplice è anche l’approccio all’opera:

 “Lavoro a strati e realizzo alcuni elementi con una manualità controllata, altri invece esprimono l’immediatezza di una gestualità più libera e veloce.”

 Montanino che si muove con disinvoltura fra astrazione e figurazione, afferma:

 “Non sono interessata alle gerarchie né ai primati, né alla supremazia di un genere sull’altro. Per me astrazione e figurazione sono la stessa cosa in quanto elementi, non concorrenti, dell’immagine”.

L’opera di Montanino vista nel suo insieme, brulica di bagliori e particolari minuti, spirali, cerchi concentrici, pattern maculari, stratificazioni dove figure e sfondo, positivo e negativo, profondità e superficie, natura e artificio, immaginazione e mito si intersecano, si sovrappongono, si tramutano gli uni negli altri. Fino a far perdere all’occhio e alla mente dello spettatore la direzione abituale e suggerendo un “altrove”. Come scrive Giorgio de Finis:

“L’artista dedita alla pratica del camouflage e del remix, corteggia la mimicry e l’ilinx, la maschera e la vertigine, invita al capogiro, all’allucinazione, al disorientamento, a smarrire il senso univoco della strada maestra.“

Fulcro segnico e concettuale della produzione più recente dell’artista è l’immagine della farfalla, reiterata in molteplici varianti nelle opere. Simbolo metamorfico dell’effimero e della mutevolezza, rappresenta il soffio vitale, ma al tempo stesso, può alludere all’ombra che si cela inquietante e mortifera nell’oscurità della nostra psiche. Ambivalenza che contrassegna il suo lavoro, già esplorata, tra l’altro, nell’intervento permanente a Metropoliz per la ludoteca. (2013). Afferma Giorgio de Finis, curatore del Maam:

“Con la stanza dei giochi”, Veronica Montanino ricrea mondi, elaborando arcobaleni cromatici che accolgono la crescita embrionale dei ricordi. Di contro scivola nel nero come seconda pelle, rivestendo altri oggetti con la lava del buio luminoso”.

Parlando dei nuovi progetti, sempre al MAAM, il prossimo dicembre vedremo la Montanino nella collettiva organizzata con Michelangelo Pistoletto, Il Museo sulla Luna. E ancora: a gennaio potremo seguirla ad Arte Fiera con Studio D’Arte Campaiola e negli stessi giorni inaugurerà presso la Contemporary Concept Artgallery una mostra dal titolo ACTION/REACTION, personale nell’ambito della rassegna Macrocosmi – Ordnungen anderer Art, un dialogo tra Bologna e Berlino a cura di Martina Cavallarin e Pascual Jordan, con il coordinamento di Fondazione Forum der Kulturen e il patrocinio dell’Ambasciata tedesca a Roma, in collaborazione con Accademia di Bologna, CUBO Centro Unipol Bologna, Gallerie di Bologna, nGbK neue Gesellshaft für bildende Kunst, Landesverband Berliner Galerien. Nell’ambito di questo progetto dal 15 al 20 settembre per il Berlin Art Week esporrà alla Janinebeangallery Berlin.

Ma non è finita qui: a primavera l’artista sarà presente nella collettiva Ready Made in Italy presso il Pastificio Orsatti per l’Arte Contemporanea (CH) e in autunno con la personale Carte Modello presso la Casa della Memoria – Fondazione Mimmo Rotella a cura della Fondazione Rocco Guglielmo.

In preparazione anche una mostra per il piano nobile di Palazzo Collicola Arti Visive dal titolo Momirabili. Insomma, non mancheranno certo gli spunti per ulteriori approfondimenti.

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Lori Adragna nata a Palermo, vive e lavora a Roma. Storico dell’arte con perfezionamento in simbologia, critico e curatore indipendente, dal 1996 organizza mostre ed eventi per spazi pubblici e privati tra cui: Museo Nazionale d’Arte orientale di Roma; Villa Piccolomini, Roma; Museo D'Annunzio, Pescara; Teatro Palladium, Università Roma Tre; Teatro Furio Camillo, Roma; Palazzo Sant’Elia, Palermo; Museo di Capodimonte, Napoli; Complesso monumentale di San Leucio, Caserta; Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma. Come consulente editoriale e artistico ha collaborato con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (mostre e cataloghi nel Complesso monumentale di S.Michele a Ripa) e come collaboratore-autore presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Lavora con la qualifica di content editor presso Editalia, IPZS. I suoi testi sono pubblicati su enciclopedie, libri, cataloghi e riviste, in Italia e all’Estero. Scrive come free lance per numerose riviste specializzate nel settore artistico e collabora con la testata Artribune.

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