Cosa resta di Più libri più liberi? Forse una nuova idea di “società letteraria”.

A Fiera ultimata cosa resta di tante parole, sguardi, incontri, intrecci di storie su carta che si sono mescolati per cinque giorni a Roma? Sarà un caso, ma per quanto mi riguarda ho verificato la presenza di un flebile soffio di pulizia, almeno per quanto concerne l’editoria.
Tra gli stand (molti molti di meno delle passate edizioni) erano ancora presenti le EAP (Editori a Pagamento), immancabili foraggiatori di eventi come questo. Ma in fondo loro possono permetterselo, che i fondi per pagare la loro presenza al Palazzo dei Congressi sono generosamente versati dagli incauti autori che pubblicano.

Mi è capitato -non è vero, ho voluto esserci consapevolmente- di partecipare alla presentazione di un libro del Gruppo Albatros. Perché da tempo si tratta di un gruppo, cari autori in erba, e si nasconde spesso sotto altre vesti, quindi attenti!
La presentazione era pressoché deserta, e non voglio qui sindacare sulla qualità del testo -un saggio sui presunti codici di Da Vinci, che stavo addirittura per comprare- ma sul fatto che ogni EAP che si rispetti declama sempre, nel pacchetto tutto compreso che vende agli autori sotto forma di contratto editoriale, le azioni promozionali che saranno fatte in suo favore.
Ecco, lì c’era solo lui, l’autore, a raccontare il suo lavoro con l’aiuto di slide self-made ai pochi avventori (amici, parenti e me). Per l’editore c’erano solo un paio di hostess a fare cassa (beh, quella conta, che altro?).
Voglio precisare che in questa pratica, quella delle EAP, non c’è nulla di illegale, sia ben chiaro, specie se ben evidenziata nei suddetti contratti. Solo non chiamiamola editoria, per favore…

Per contrappunto capita poi di imbattersi nello stand di un editore che lo mette in bella mostra già dal nome il fatto che non è EAP: Absolutely Free, si chiama, e questo la dice tutta sul clima che si respira in ambito editoriale nel rapporto tra scrittori e case editrici. È ancora troppo poco per parlare di cambiamento, ma è un segnale, almeno io voglio interpretarlo così.

Ciò che invece si sentiva forte era il bisogno di fare chiarezza e di confrontarsi su quelle tematiche di cui molto spesso si parla sul web: il selfpublishing, l’editoria digitale, la cultura e la letteratura.

L’incontro più interessante si è svolto a conclusione della kermesse libresca, e a parlare di cultura sono state Lidia Ravera e Dacia Maraini, due donne che sono scrittrici di mestiere, e alle quali possiamo senza dubbio concedere diritto di parola.
Ci hanno raccontato, con evidente nostalgia, di quando la cultura, l’arte, si trattavano dal vivo, di persona, incontrandosi magari casualmente, in un bar o in una trattoria, di quelle a menù popolare. E si pagava alla romana, perché gli artisti non hanno mai avuto troppi soldi e anche quelli già affermati non volevano far pesare il loro successo. Perché erano incontri e confronti fra simili, non competizioni.
Oggi quella straordinaria società letteraria non esiste più, sostituita dai social network che sono solo vetrine individualistiche per mostrarsi, senza alcun vero contraddittorio. Come nei talk show in TV. Si è respirata, per un po’, quell’atmosfera che doveva esserci da Rosati o al Caffè Greco, quando ci si incontrava per caso e si disquisiva di teorie e di libero pensiero, quando fare lo scrittore era ancora una questione di passione e responsabilità. Responsabilità che esiste ancora oggi, perché chi scrive è un privilegiato osservatore del mondo, e non è che manchino le tematiche da affrontare.
Gli scrittori modaioli seguono il mercato, scrivono per apparire, sono abili promotori di sé stessi, gente che fa spettacolo.
È la miseria che li spinge ad essere mercanti della loro arte?” Eppure oggi il mondo ha bisogno di scrittori, non di mercanti. Gli editori sono passati dalla qualità delle pubblicazioni alla quantità, quindi i libri durano pochissimo.
Questa è una pratica basata sullo spreco, che porta a un’ossessione per cui bisogna scrivere e pubblicare tantissimo, a velocità vertiginose. Ecco il consumismo narrativo. E questo è il motivo per cui gli scrittori che hanno il loro libro da far leggere sono costretti a prendere la loro creatura e a portarla in giro, perché non vada al macero o sepolta sotto tonnellate di nuove proposte in libreria. Eppure nei libri si racconta la società, ogni generazione, attraverso essi, ha l’occasione di analizzare ed esaminare la sua, coi suoi cambiamenti, le riflessioni etiche. E gli scrittori e le scrittrici hanno il dovere di raccontare il loro tempo per dare al lettore, alla gente comune, la possibilità di trovare un denominatore comune.

Quindi ecco ciò che resta di questa XIII edizione di Più Libri Più Liberi: una speranza, che ognuno recuperi il proprio ruolo nel mondo culturale e che si torni a una società letteraria di confronti per custodire la memoria del nostro tempo.

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Cetta De Luca, scrittrice, editor e blogger vive a Roma. Ha al suo attivo sei pubblicazioni tra romanzi e raccolte poetiche. Lavora nel campo dell'editing come free lance per la narrativa e collabora alla revisione di pubblicazioni di didattica nell'ambito letterario. Cura un blog personale http://www.cettadeluca.wordpress.com e spesso è ospite dei blog Inoltre e Svolgimento.
Nel poco tempo libero che le rimane tra lavoro e figli si impegna nell'organizzazione di eventi per il mondo letterario e, nello specifico, per gli scrittori.

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