Capricci a corte

Hieronymus Bosch, The Last Judgment
Hieronymus Bosch, The Last Judgment
Hieronymus Bosch, The Last Judgment

Per essere bravo era bravo assai, quel Giovanni Felice, romano ma educato alla tedesca e con quello strano cognome, scritto in uno spagnolo improbabile e mai italianizzato, come invece fecero i Sanzio all’epoca loro. Era però anche ambizioso, assai, al limite del rampante e se ne accorse presto il rettore del Pontificium Collegium Germanicum et Hungaricum de Urbe dove era stato immatricolato dal padre Orazio, il quale, rampante anch’egli, ma meno dotato del figlio e con pochi scrupoli, sperava di trarre profitto dalle doti precoci del ragazzino “dalla bella voce”. Capirai! Il collegio, sotto la ferma guida gesuitica, aveva per regola che durante gli studi non ci si esibiva né in pubblico, né in privato e senza deroghe di sorta! La regola stava stretta ai due rampanti e così, illudendosi che gli occhiuti gesuiti non se ne accorgessero, ecco che dopo cinque anni di studi intensi e proficui, decisero che era arrivato il momento che il quattordicenne Felice debuttasse in pubblico. Si fa per dire, visto che di teatri veramente pubblici a Roma non ve n’erano, ma si trattava di un’opera, un genere fonte di grande scandalo (nonostante il titolo L’amor pudico) per la rigida morale gesuitica e immaginarsi se nella Roma clericizzata del primo seicento la cosa potesse passare inosservata. Padre in galera e figlio sbattuto fuori dal collegio, fine della storia.

Non si perse d’animo il giovane Felice, e dove andare a cercar fortuna quando si è all’indice del clero? Ma nello stato meno clericale d’Italia, quella Serenissima, protettrice di laicità che gli garantiva indipendenza artistica e intellettuale oltre ai fermenti musicali che andavano scuotendo le tradizioni rinascimentali. I semi piantati dai Gabrieli alla Cappella Marciana avevano contribuito a generare Monteverdi, Cavalli, Grandi, Bertali, Valentini, madama Strozzi e tanti altri che sarebbero seguiti nel corso del secolo e in quello successivo, rendendo l’ambiente musicale veneto tra i più fecondi e progrediti di tutt’Europa.
Felice imparò rapidamente a muoversi tra la ricca nobiltà mercantile e non ci mise molto ad individuare i partiti migliori per la sua causa: con le sue qualità artistiche e la sua abilità di giovane rampante sedusse abilmente Nicolò Sagredo, Odoardo Pepoli e Pio Enea Obizzi, tutti molto ricchi, molto nobili e molto desiderosi di accaparrarsi i servigi di un giovane tanto amabile e tanto dotato. Nei vent’anni tra Venezia e Padova Felice fece di tutto: compose musica sacra e profana, cantò, aiutò il Pepoli nella stesura di opere e cantate… e si guardò intorno.
Finchè un bel giorno decise che Venezia gli stava stretta e prese al volo l’occasione di un bando della corte viennese per un posto di cantore con obbligo di comporre musica per le esigenze pubbliche e private di corte. A Vienna già attingevano a piene mani dall’ambiente musicale veneziano, Giovanni Valentini era da poco divenuto Maestro della Cappella Imperiale, succedendo a Giovanni Priuli, altro veneziano, e un terzo veneziano, Antonio Bertali, era in odore di promozione. Con tutti questi nomi prestigiosi, l’erede al trono, Ferdinando, grande amante della musica e compositore egli stesso, era in un brodo di giuggiole. Quando, poco dopo l’arrivo di Felice, salì al soglio imperiale, il nuovo imperatore riempì la corte di musica e musicisti. Felice lavorò fino allo sfinimento: mottetti, messe, opere, arie da camera, cantate; tutta musica vocale e tutta nel suo personalissimo stile che innovava le tradizioni senza disconoscerle e che dilatava le forme ereditate dai grandi veneziani della sua formazione. Ma non aveva dimenticato di essere un rampante, anche se non più giovane, e quindi teneva sempre d’occhio tutte le possibili occasioni per far carriera nell’organizzazione musicale della Cappella Imperiale. E l’arrivo del nuovo ambasciatore veneto gliene fornì una ghiotta occasione: era Nicolò Sagredo, cresciuto in statura politica e in odore di corno dogale (che otterrà molto più tardi, visto che il Contarini non si decideva a morire). Felice scrisse una raffinata raccolta di arie e cantate, la intitolò Capricci Poetici e la dedicò in pompa magna al Sagredo, il quale, a sua volta, intercesse presso l’imperatore per gli avanzamenti di carriera di Felice.

Giovanni Felice riuscì così a farsi assegnare tutti i titoli possibili dall’imperatore Ferdinando e dal suo successore Leopoldo e a ricoprire tutti gli incarichi musicali disponibili a corte e nell’amministrazione civile: fu fatto nobile, fece entrare nella cappella tutti i suoi protégés e accumulò una vera fortuna. Ma per il titolo più ambito, quello di Maestro della Cappella Imperiale, ancora nulla da fare: c’era Antonio Bertali, peraltro più giovane di lui, e non lo si poteva certo sbattere fuori. Ma Bertali finalmente morì improvvisamente nel 1669 e così Felice, oramai quasi settantenne, divenne il dominus assoluto della musica viennese. Quando, malato e anziano, fu impedito nello svolgimento dei suoi compiti, lo stesso imperatore Leopoldo non riuscì a pensionarlo ufficialmente, temendo le sue ire. “Troviamo il modo di sostituire il vecchio Felice in modo informale, così che non se ne abbia a male” disse in privato al suo vice, il povero Schmelzer, ottimo violinista e tiranneggiato dal vecchio Felice al punto che, succedutogli alla sua morte nel 1679, riuscì a prendersi la peste e a morire pochi mesi dopo la sua nomina.

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Matematico e musicista, da sempre in equilibrio tra i due campi culturali, ha gestito con successo ed indipendenza attività di ricerca, applicazioni e strumenti di promozione culturale. Attualmente svolge attività di ricerca in campo matematico e statistico in qualità di docente presso la Sapienza a Roma, è direttore artistico della rassegna di musica antica Trebantiqua a Trevi nel Lazio e riconosciuto concertista alle tastiere antiche, avendo al suo attivo concerti in Italia, Europa e Nordamerica in ensemble e come solista, oltre a svolgere attività di editore e ricercatore di inediti del periodo barocco per varie edizioni musicali.

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