La bellezza e il silenzio dei luoghi abbandonati. Intervista con Carmen Pellegrino

Il fascino dei luoghi si accompagna al loro destino e spesso a un sentimento di abbandono. Esiste cioè una bellezza particolare nella polvere che il tempo disperde nei luoghi e una seduzione singolare nei brandelli delle cose che non servono più. Ne è convinta Carmen Pellegrino, trentenne e passionale scrittrice, cilentana di nascita e napoletana d’adozione.

Un bambino dopo averla ascoltata, conquistato forse dall’affetto che mostrava per i ruderi, decise di nominarla Abbandonologa. E siccome ai bambini bisogna dar credito, anche l’Enciclopedia Treccani ha riconosciuto la Pellegrino, esperta in scienza dell’abbandono e studiosa dei borghi disabitati.

Quale relazione, dunque, la scrittrice ha stabilito con le rovine.

Carmen Pellegrino ci dice che è interessata ad attraversare l’assenza, l’inutile e ciò che può definirsi il puro nulla.

E’ alla ricerca della bellezza nelle cose che non servono più, nei posti morti, rimorti e scampati, nelle dimore provvisorie dove regna il silenzio, nei luoghi inattuali dove il tempo procede con lentezza.

La scrittrice è attratta dalle stazioni ferme da tempo, dai Luna park abbandonati, dalle case lasciate a perdersi, dai paesi trascurati e avvolti dalla malinconia.

Le chiediamo se i ruderi, nella loro produzione d’immagini, si somiglino fra loro.

Ci dice che l’abbandono livella i destini, che i ruderi sono simili nel colore, negli spacchi, nelle infestazioni della natura. I muri, insiste, sono pieni di tutte le vite di chi ci ha preceduto, delle lacerazioni delle guerre, della furia della natura.

Un albergo opulento, oggi abbandonato, non è diverso dal casolare desolato dei suoi nonni contadini. Un borgo disabitato del nord è simile a uno del sud, una casa abbandonata del centro non è diversa da una di periferia.

La invitiamo, allora, a esporci la sua scelta poetica.

La scrittrice conferma il suo atteggiamento di cura e di accudimento nei riguardi dei luoghi abbandonati. La sua è una forma di premura verso i ruderi, verso le pietre scabre che non attendono altro se non la parola di chi le guarda. Riconosce poi come il recupero di questi spazi acquisti senso in una dimensione collettiva: i luoghi, a suo parere, dovrebbero restare dimora provvisoria per tutti.

Proviamo a capire se la sua può definirsi una posizione politica.

L’Abbandonologa è perentoria. Sostiene che l’abbandono riduce le dissomiglianze sociali, economiche, geografiche e persino quelle religiose. Le sontuose case dei padroni nei villaggi minerali sardi, ad esempio, oggi somigliano a quelle dimesse dei minatori. In tutte sostano pecore, capre e cagnetti, tutte sono segnate da crepe e coperte di edera.

Stesso discorso per la cattedrale di Ani, al confine fra l’Armenia e la Turchia, abbandonata da secoli: questa non è diversa dall’umile chiesa campestre di San Lussorio a Oristano. Entrambe sono prive di orpelli e hanno assunto il colore della terra.

Le chiediamo, infine, cosa intenda per luoghi rimorti.

Ci dice che da anni è impegnata nel ridare vita a questi luoghi visitandoli, parlandone, scrivendone.  Sente il bisogno di guardare le cose inutili e vecchie cui dare significati nuovi. I paesi abbandonati, benché esprimano una poetica stramba e malinconica, non sono privi di una gioia speciale, quasi tattile.

E’ per lei importante toccare la superfice delle case, la loro pelle ferita e sentire in che modo resistono al tempo. In questi luoghi, se la fine è venuta è anch’essa passata: non sono città morte perché anche la morte da qui se ne è andata. I resti delle case stanno lì, imperfetti e pericolanti, come un canto alla durata.

Carmen Pellegrino, fra giorni sarà in libreria con il suo primo romanzo, Cade la terra (Giunti). La sua protagonista, guarda un po’, tiene in vita un borgo abbandonato.

Il romanzo dona lo spaccato di un paese franante e crudele, nel quale, figure decise e disperate, lottano per curare le ferite di un mondo di vinti.

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Scrittore e psicologo, ha pubblicato per Guida, “La trilogia dei capperi “ (2005) e Passodincanto (2008). Dirige la collana “Solare” dell’ A.S.M.V. è ideatore e direttore del Festival dell’Erranza.​

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