Libri Come. Stefano Bartezzaghi, lezione di enigmistica

bartezzaghiLibri Come, Sala Ospiti, ore 16. Il giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi, in cattedra, tiene una vera e propria Lezione di Enigmistica, con tanto di lavagna e gessetto, come a scuola. E in effetti la Scuola è il titolo di questa sesta edizione della rassegna, e un po’ a scuola ci si sente quando Bartezzaghi, gessetto alla mano, prova a dare (e a darci) una risposta alla domanda “Cos’è l’enigmistica?”. E da qui l’avvio per ripercorrere una storia affascinante e ai più sconosciuta: quella dei giochi, degli indovinelli, delle sciarade, dei cruciverba e, ovviamente, della più importante e nota rivista italiana in quest’ambito, quella Settimana Enigmistica “che vanta innumerevoli tentativi d’imitazione” e di cui il padre di Stefano, Piero Bartezzaghi, è stata una colonna portante.

I due più autorevoli dizionari dei giochi (Dizionario dei giochi di Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti e Il dado e l’alfabeto. Nuovo dizionario dei giochi con le parole di Giampaolo Dossena, entrambi editi da Zanichelli) definiscono l’enigmistica come un’arte. L’interrogativo spinoso da porsi ruota proprio attorno a quest’enunciato: tutto quell’insieme di parole crociate, di raffinati palindromi e complicati anagrammi, quell’agglomerato di schemi con caselle bianche da riempire di parole può davvero essere considerato “arte”?

Qualche notizia storico-linguistica: la parola enigmistica” è entrata nel vocabolario comune in tempi relativamente recenti, approssimativamente tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del successivo, e alla parola enigma, in sé una domanda posta da chi però la risposta già la conosce, assembla quell’ -istica che porta con sé un universo di schemi, combinazioni, assemblaggi…

Inizialmente era costituita prevalentemente da giochi di parole, elaborati da menti erudite e raffinate, le cui soluzioni erano affidate al genio di menti altrettanto erudite e altrettanto raffinate. Inoltre, tali giochi erano pubblicati solo come una sorta di complemento all’interno di riviste e giornali con una destinazione principale diversa. Non esisteva, insomma, una testata dalla cadenza regolare specializzata in giochi enigmistici. Tutto questo fino a quando uscì, a Vienna, la rivista Das Rätsel. E in Italia l’ingegnere sardo Giorgio Sisini non fece altro che copiare l’idea austriaca, pubblicando, nel gennaio 1932, il primo numero, per l’appunto, de La Settimana Enigmistica.

Bartezzaghi prosegue raccontando, come una bellissima storia con originalissimi protagonisti, l’invenzione del cruciverba, che arriva in Europa nel 1924 direttamente dagli Stati Uniti e che in Italia (dove la parola viene usata per la prima volta in un articolo del 1925 di Valentino Bompiani come calco dell’inglese crossword puzzle) è subito considerato una sorta di abominio, l’alternativa troppo popolare a quei giochi elitari destinati invece a chi dalla massa sapeva distinguersi, anche culturalmente.

E poi la storia dei giochi di parole, che affonda le proprie radici nella letteratura e nel mito: gli anagrammi di Platone e gli acrostici di Dante e i palindromi di Primo Levi (“È malasorte! Ti carbonizzino braci, tetro salame!”: provate a leggerlo da destra verso sinistra…). Esempi affascinanti per ogni gioco analizzato, di quelli che si trovano nelle pagine di crittografia. Dato l’esposto (in gergo enigmistico, è l’indicazione che viene fornita al solutore per sciogliere l’enigma) Vita da pascià, per esempio, l’anagramma risolutivo è il dolce far niente felici tra le donne, dove il primo segmento della frase è composto dalle medesime lettere del secondo e viceversa.

Il viaggio narrativo in questo mondo curioso e affascinante si snoda come un sentiero tra le parole di scrittori, linguisti, registi, filosofi… Si parla di Leopardi, Calvino, Eco, Saussure, Fellini, Voltaire

Quindi, cos’è l’enigmistica? Posto che nasciamo tutti all’interno di una “lingua madre”, il cui utilizzo ci viene ben disciplinato a partire dagli anni scolastici, è tuttavia innegabile la forte componente di creatività con cui approcciamo, soprattutto da bambini, questo sterminato universo di parole che nascono da un alfabeto, tutto sommato, abbastanza ristretto. L’enigmistica nasce da queste due componenti: da una parte la disciplina linguistica, che detta regole senza le quali la comunicazione risulterebbe impossibile; dall’altra la possibilità di recuperare quella componente infantile di libera creatività per uscire da queste regole e giocare con le parole stesse.
Uscire dal linguaggio convenzionale, dunque, per recuperare zone escluse dal parlato e dallo scritto quotidiani. Inevitabile citare la Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, a proposito della quale Bartezzaghi afferma che “l’enigmistica è una disciplina nello stesso senso in cui la Grammatica della fantasia è una grammatica”.

È una sfida, quindi, l’enigmistica, volta al recupero di quel pathos del nascosto, di quelle zone d’ombra estremamente malleabili della nostra lingua. Una sfida caratterizzata da una forte ambiguità, come solo può essere ambiguo il linguaggio. E l’arte? Bartezzaghi risponde, e conclude, con una citazione dallo scrittore satirico Karl Kraus: “L’artista è colui che da una soluzione sa trovare un enigma”.

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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