Orchidee. La bellezza perduta e l’amore oltre la morte

Orchidee - P.Delbono

Il Teatro Verdi di Padova è un classico teatro all’italiana, salotto della cultura cittadina,  custode di una tradizione che oggi sembra non bastare più, da sola, a raccontare chi siamo e dove stiamo andando. Se il teatro vuole essere interprete di un’epoca piena di contraddizioni e di incertezze non può rimanere dolcemente ancorato a un passato drammaturgico certamente impossibile da ignorare, ma incapace di dare risposta a quel bisogno di senso, a quella fame di verità che come schegge impazzite rompono gli schemi della classica narrazione fatta di trama e personaggi, fatta di finzione.

Quel teatro all’italiana capovolge l’ordine dei suoi palchi ornati di stucchi e dorature investito da una voce che dal buio della platea spinge il pubblico a guardarsi intorno e non solo, come quasi sempre accade, davanti a sé, verso il palcoscenico che, vuoto, cessa di essere il centro di gravità dell’esperienza di fruizione scenica, diventando spazio di ricerca.

Orchidee – dice Pippo Delbono all’inizio del suo spettacolo, seduto tra gli spettatori – è un titolo casuale, arrivato dall’ascolto di una conversazione tra due signore in un albergo romano; discutono su come sia difficile riconoscere la differenza tra un’orchidea vera e una finta, proprio come succede oggi con i rapporti umani, con l’arte, con la politica. Ma la scelta si arricchisce di un’altra suggestione: un’amica, aggiunge Delbono, gli ha detto che in francese orchidea significa eternità.

L’amore e la morte sono i punti nevralgici, i poli energetici della performance, costruita come un viaggio fatto di luoghi, danza, contaminazioni musicali, colori e visioni, attraverso il sentire e il vissuto della Compagnia Pippo Delbono, che accoglie percorsi biografici diversissimi. Tutti interpellati con veemente carica emotiva dal regista per interpretare insieme i dubbi, le fragilità, i sentimenti di un’intimità collettiva.

Non si può però prescindere dal passato e da quegli Shakespeare, Pirandello, Brecht, Cechov, che sono stati padri di un’emozione e di una parola ancora piene di bellezza. Un bellezza ormai intrappolata nelle miserie dell’Italia, dell’intero Occidente contemporaneo, implosa con disperata dolcezza nell’abbraccio e nell’incontro di corpi spogliati di ipocrisia.

Pippo è infine al capezzale della mamma – raccontata sin dalle prime battute come donna forte e straordinaria, figura di riferimento per i figli e per tutte le generazioni di ragazzi di cui è stata insegnante – musa ispiratrice di questo spettacolo e di un’intera vita. Pippo filma e mostra ora a tutti quel frammento di vita così personale, forse per rivivere e prolungare gli ultimi attimi di immenso amore, forse per sublimare il dolore forte e ineluttabile, gettando un bagliore su un’eternità che è distacco e perdita, ma anche appassionato ricordo ed eterno ritorno primaverile.

Di Orchidee sono assolutamente condivisibili i temi dell’incertezza e dello smarrimento, e insieme la gioia di poter essere a teatro investiti e invasati di libertà espressiva, al riparo da un mondo che soffoca l’essere, che giudica e non concede una seconda possibilità. Un contrasto che lascia qualcuno un po’ confuso, quando andando a vedere uno spettacolo non trova la scena piena di attori impostati impegnati a recitare un ruolo, e non c’è modo di “capire”, almeno lì, almeno per una sera, il senso della storia.

Orchidee di Pippo Delbono. Immagini e film Pippo Delbono. Con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Margherita Clemente, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella.

Luci Robert John Resteghini. Direzione tecnica Fabio Sajiz. Suono Corrado Mazzone. Luci e video Orlando Bolognesi. Elaborazione costumi Elena Giampaoli. Capo macchinista Gianluca Bolla. Responsabile produzione Alessandra Vinanti. Organizzazione Silvia Cassanelli. Produzione Compagnia Pippo Delbono, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma, Arena del Sole-Teatro Stabile di Bologna, Théâtre du Rond Point-Parigi, Maison de la Culture d’Amiens-Centre de C

réation et de Production. Si ringrazia Cinémathèque suisse Lausanne.

+ ARTICOLI

La Sicilia non solo terra d'origine ma luogo dell'anima, culla del teatro e fonte di ispirazione dove nasce l'amore per la scrittura. Dopo una laurea in Comunicazione e una specializzazione in Discipline dello spettacolo, scelgo di diventare giornalista e continuare ad appassionarmi alla realtà e ai suoi riflessi teatrali e cinematografici.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.