Arte o Scienza a Berlino. Primo Museo del controverso Gunther Von Hagens

Il cappello scuro calcato in testa e quello sguardo, che inevitabilmente fa volare la nostra mente all’emblematica e straordinaria figura di Joseph Beuys. Ma siamo ben lontani dal mondo del grande artista, anche se a ricordarcelo nell’atteggiamento, volutamente o meno ( credo vera la prima), è proprio lui: Gunther Von Hagens.

Si presenta così l’inventore tedesco, accompagnato dalla moglie, all’inaugurazione  a Berlino di Menschen Museum, il primo museo permanente al mondo dedicato alle sue creazioni.

I media amano chiamarlo Dottor Morte ed è facile intuirne il motivo per chiunque sia stato ad una delle sue mostre itineranti che hanno fatto il giro del mondo.

Anatomopatologo, Gunther von Hagens nel 1977 inventa, e brevetta l’anno seguente, la plastinazione, procedimento con il quale riesce a conservare corpi umani grazie alla sostituzione dei liquidi con polimeri di silicone, mantenendo inalterati i colori.

Omaggia così Berlino questo controverso personaggio, medico-inventore-artista, dopo che nel 2011 von Hagens si vide invece negare dalle autorità il permesso per l’apertura del museo, sempre ad Alexanderplatz, in nome delle leggi tedesche sulla sepoltura che vietano l’esposizione pubblica di cadaveri. Ma si sa, a volte si cambia idea o si chiude semplicemente un occhio: ed ecco il Museo, nella sua chiacchierata veste, con i suoi 20 corpi e circa 200 parti del corpo più piccole tra cui tutti gli organi, all’ombra men che meno che della Fernsehturm, la torre della televisione. Forse, è consentita una rilettura delle leggi a favore di interessi nuovi non esposti direttamente al grande pubblico? Il cambio di rotta da parte delle autorità tedesche non ci sarà noto, o perlomeno non quello reale. E il Museo è fatto, nella sua veste permanente.

Gunther von Hagens ha alle spalle studi di medicina all’Università di Jena e nel 1975 ottiene un dottorato all’ Università Ruprecht Karl di Heidelberg, città nella quale lavora per 22 anni come lettore all’Istituto di Anatomia e Patologia dell’Università. Nel 1993 fonda l’Istituto di Plastinazione, sempre ad Heidelberg, seguito da un altro in Cina e ancora nel Kirghizistan. Dal 2004 è anche professore ospite al New York University College of Dentistry.

Il procedimento da lui inventato, la plastinazione, sostituisce in sostanza l’acqua, il grasso e i liquidi corporei con materiali solidi come resina e plastica. Inizialmente, durante i primi 20 anni di studi, la tecnica fu utilizzata per preservare campioni di piccole dimensioni a scopo meramente di studio medico. Fu con l’inizio degli anni ’90 che von Hagens iniziò a sviluppare ciò che rende possibile la plastinazione di corpi interi, in un lavoro affascinante quanto impegnativo. Basti pensare che ogni corpo richiede circa 1.500 ore per essere plastinato.

Forse però, tutto si sarebbe fermato alla notizia di una grande scoperta in ambiente medico se non fosse che nel 1995 fu organizzata in Giappone una prima mostra pubblica di corpi interi plastinati. Nei due anni successivi, Gunther von Hagens sviluppa, insieme alla moglie nella veste di direttore creativo, Body Worlds, mostre itineranti nelle quali vengono esposti corpi interi plastinati in pose di vita reale e dissezionati in modo da far vedere i sistemi dell’anatomia umana.

I media iniziano a chiamarlo medico-artista. Artista…

Body Worlds è stata organizzata in più di 50 città al mondo incontrando l’interesse del pubblico quanto controversie. Diversi gruppi religiosi si sono opposti alla messa in mostra di cadaveri umani e non solo. In nome di una mancanza di rispetto verso il corpo umano, sono in tanti a sentirsi offesi da quanto esposto con così tanta naturalezza. Tra contrari e favorevoli, il lavoro del medico tedesco cresce e si espande. Basti pensare che ad oggi ci sono circa 5 laboratori in 4 diversi paesi del mondo dove centinaia di persone lavorano unicamente alla sua invenzione. Ogni laboratorio è specializzato in un ambito particolare del processo, quello cinese, ad esempio, è impiegato unicamente per la plastinazione di corpi animali.

Ad aggravare la situazione di von Hagens, e fomentare gli accusatori, ci sarebbero anche notizie non esattamente chiare riguardo al reperimento di cadaveri, in particolare nel periodo antecedente la sua notorietà. Nel 2003  fu accusato di aver ricevuto illegalmente diverse centinaia di cadaveri provenienti da prigioni, istituzioni psichiatriche e ospedali di Kirghizistan, alcuni senza alcuna forma di permesso da parte delle famiglie. Poi ancora fu accusato di non aver rispettato corrette procedure burocratiche per quanto riguarda la plastinazione di un gorilla. Anche l’Università di Heidelberg ha presentato un reclamo contro di lui.

Verità o menzogne non è dato sapere, ma quello che è sicuro, a quante pare, è che almeno il recupero di cadaveri pare non essere più un problema. Ogni visitatore di Body Worlds viene infatti invitato a firmare un foglio per dare il consenso a donare il proprio corpo dopo il decesso per la plastinazione E sembra che sarebbero state già raccolte diverse firme. Tra l’altro, lo stesso artista, che a gennaio 2011 ha scoperto di essere affetto da Parkinson, avrebbe disposto la plastinazione del suo corpo dopo la morte per essere inserito nelle stesse mostre da lui ideate.

Tutto questo può sembrare macabro, ma a quelli che lo accusano di non avere alcun rispetto e decenza della dignità umana, lui risponde sempre in nome della divulgazione scientifica. E questo può sembrare un buon punto di vista. Divulgazione scientifica. Quindi non Arte.

Quella che ho visitato a Berlino pochi giorni dopo la sua apertura, in una fredda e grigia domenica nordica ( questo non ha aiutato, lo ammetto, un po’ mi ha condizionata) è stata senza dubbio una delle mostre più interessanti sull’anatomia umana, sulla medicina, sulla scoperte scientifica, a cui ho assistito.

Ma l’arte? E’ qui o sono ancora condizionata dal freddo che ho lasciato alle spalle?

Si entra al museo e si è avvolti da un ambiente buio,  quasi misterioso nel quale camminando ci troviamo inaspettatamente riflessi nella parete davanti a noi. Ma poi, se ci fermiamo, scompariamo.

Was sehe ich? – Cosa vedo?

L’inizio mi fa immaginare tanto di quello che vedrò, ed ecco il primo corpo plastinato in mezzo alla stanza che trovo appena girato l’angolo, preceduto da una serie di teche contenente svariati elementi.

La mostra prosegue con l’esposizione di altri corpi interi e altri pezzi singoli. Straordinario vedere esattamente ogni più piccolo elemento che ci compone e cosa ci succede in determinati stati, quale lo sforzo per un atleta Ogni tendine, muscolo, organo, fibra è lì, in una posa statuaria, così vicini e reali. Analizziamo ogni centimetro di quella perfetta macchina che è il nostro corpo. Ma anche i processi di varie malattie sono messi sotto i riflettori, come l’Alzheimer. Non manca la sezione fumatori, per la quale von Hagens ha manifestato il desiderio che possa servire come deterrente per i consumatori anche più incalliti. La parte sicuramente più impressionante, la stanza dedicata alla donna gravida col ventre aperto. Intorno una fila di feti di diverse grandezze, testimonianze dell’evolversi del nascituro. E non mancano i feti affetti da diverse patologie.

Opere imponenti insomma, in grado di offrirci un reale punto di vista del nostro corpo in tutti gli stadi della vita. Mi sono però chiesta come mai, per tutto il tempo della mostra, non ho mai avuto l’impressione di essere realmente davanti a dei cadaveri. Certo, lo sapevo, ma non riuscivo a guardarli in questi termini. Rifiuto? Probabilmente. In altro caso forse non sarei riuscita a soffermarmi sui particolari del nostro corpo.

La verità è che sembrano statue, ferme in pose di vita quotidiana. Riproduzioni, non cadaveri. Ma di quest’ultimi invece si tratta, così come sembrano le cosiddette macchine anatomiche realizzate dal medico Giuseppe Salerno con la supervisione di Raimondo di Sangro, principe di San Severo, esposti nella omonima Cappella a Napoli. Facciamo una salto nel passato, esattamente nel 1763. Leggenda vuole che il principe Raimondo, sull’onda di sperimentazioni mediche, fece uccidere due servi, un uomo e una donna, con l’intento di preservarne i corpi e metterli in bella mostra per sbalordire gli ospiti. Ma, come per Gunther von Hagens, il fine rivelato che giustifica tutto è sempre lo studio medico. Anche qui cadaveri, quindi. Per esattezza, due scheletri ( reali) e l’intero sistema circolatorio (pare riprodotto). Nulla di nuovo insomma per Von Hagens che apre le porte delle aule di anatomopatologia al grande pubblico, avvicina il meraviglioso mondo scientifico a tutti, libera l’anatomia tradizionale e le dona una nuova veste, più immediata e innovativa, ma anche sfacciata?

Al di là di tutto questo, la domanda ancora rimane: Arte o Scienza?

Certo, una stanza contenente quadri retroilluminati, raffiguranti sezioni di parti del corpo, era presente e di indubbio interesse. Tralasciando l’illuminazione non perfetta e la non corretta disposizione dei lavori, non solo di questa parte della mostra ma un po’ in generale (questo però è un altro discorso ancora), anche un’ altra parte è dedicata questa volta a immagini fotografiche, raffiguranti famiglie da quasi tutte le parti del mondo, immortalate intorno alle loro tavole assieme ai cibi tipici di ogni nazione.

Informazioni sul nostro stile di vita moderno, sulle nostre abitudini, diverse da paese a paese, i nostri cibi caratteristici, con tanto di indicatori di calorie.

Gunther von Hagens combatte una battaglia contro i danni della vita moderna:

“Le mostre sono un mezzo per divulgare al grande pubblico la complessità del corpo umano, educando sui temi della salute. Il successo è dimostrato dal fatto che, alla fine della visita delle mie esposizioni, il 68% dei visitatori intervistati ha ammesso di aver deciso di prestare maggiore attenzione alla propria salute, il 10% smette di fumare e il 30% diventa donatore di organi”.

Ma allora se l’esposizione diventa il mezzo per arrivare al grande pubblico, è proprio necessario chiamarla arte? Secondo Gunther von Hagens pare di sì, alimentando lui stesso la figura di artista e spingendo le invenzioni verso vere e proprie opere d’arte. E’ proprio sicuro il medico-“artista” che la maggior parte dei suoi visitatori – gli concedo un 60% ma suppongo molto di più – non sia lì, a tu per tu con le sue opere solo per curiosità? Non propriamente specchiata, sana, ma facente parte solo di un qualcosa che si è sottoposto agli occhi del pubblico come un fenomeno…

Ci sono, tra i presenti alle sue mostre, critici ed appassionati d’arte, medici e scienziati? E se ci sono, torneranno ancora a vedere una sua esposizione per il puro piacere della bellezza? Della scienza?

Io no. Joseph Beuys invece sì che lo guarderei, ogni volta.

Quindi solo curiosità? E ancora: von Hagens afferma di voler sensibilizzare il grande pubblico sui temi della salute. Ma è proprio sicuro che realmente il 10 % di loro smetta di fumare?

E di nuovo, il tema delle donazioni. Ma si può firmare per donare il proprio corpo dopo il decesso per essere messo in mostra – non si saprà sotto quale veste – ? Ognuno – per carità – è libero di avere una propria opinione in merito, ma non vi sembra tutto questo un eccesso? Eccesso di fama al limite della decenza? In un mondo dove solo l’apparire realmente conta, lo vogliamo e cerchiamo anche dopo la morte?

Ho conosciuto alla mostra persone senza alcuna minima conoscenza dell’arte, che non sono mai stati ad una mostra di un pittore, un fotografo… di un artista, insomma. E nessun medico.

Bambini. Ecco, ho visto dei bambini. Se doveste chiedermi: qual è la cosa che più ti ha impressionata della mostra? Proprio loro: i bambini, almeno, accompagnati dai genitori. Ma il senso del rifiuto del pornografico – che raffigura o descrive esplicitamente – ed il rispetto, se non si possiedono, sono davvero difficili da insegnare. Ai bambini ma non solo a loro…

Detto questo, se dobbiamo analizzare il percorso da un punto di vista prettamente analitico, non possiamo negare la sua unicità. Io sono rimasta affascinata dal procedimento inventato da von Hagens, e non svanisce, quindi, per me la straordinarietà di un personaggio che con la sua scoperta e il suo lavoro avvicina il complicato mondo dell’anatomia umana alla gente, prendendola per mano per condurla in un percorso di conoscenza di se stessi e dei riflessi del moderno stile di vita. E’ il mezzo che si usa che non mi sta bene. E’ il voler cercare l’Arte e “l’esposizione d’effetto” quale strumento per arrivare alla notorietà e alla fama: per diventare uomo mediatico, sotto i riflettori, e avere un Museo permanente a Berlino.

Anche Josè Jimenez, nella sua Teoria dell’arte, si chiede se i lavori di Von Hagens, che si situano sul labile confine tra Arte e Scienza, lo possano rendere un vero artista oppure un medico scienziato. Da qualunque prospettiva si voglia guardare Body Worlds, è un’esperienza molto forte. Ma era necessario lavorare su cadaveri interi presentati in pose, alcune anche non propriamente rispettose? E’ proprio fondamentale assistere ad un mostrare del genere per vivere un’esperienza unica nel mondo della medicina? E’ proprio necessario inaugurare un Museo della Scienza che gioca a fare Arte? Gunther von Hagens risponde:

“La morte è un fatto normale, è parte della vita. È la vita ad essere eccezionale.”

La vita, proprio per la sua eccezionalità, va rispettata. Così come la morte. Aggiungo io.

Info mostra e Museo

 

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Lucia Rossi, laureata in Arte, Spettacolo e Immagine Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Parma, è scrittrice, contributing editor per riviste d'arte, curatrice di mostre. Vive e lavora a Berlino. Ha diverse esperienze come curatrice indipendente di eventi culturali e collaborazioni per cataloghi d'arte e pubblicazioni.

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