Letterature Festival. Dialoghi. Incontro con Lydie Salvayre e Marcello Fois

Letterature Festival

La consapevolezza e l’eleganza.
La profondità di un dialogo che va oltre la disquisizione sul significato della letteratura nel mondo, oggi. Nei luoghi suggestivi dell’Ambasciata di Francia  presso la Santa Sede, a Roma, Villa Bonaparte, si è svolto, nell’ambito della XIV edizione del Festival Internazionale di Roma, Letterature, l’incontro tra Lydie Salvayre, scrittrice e psichiatra francese, e Marcello Fois, autore di romanzi noir particolari, inseriti in un contesto regionale che fa riferimento alla Sardegna, ma non solo. L’ultimo, in uscita per Einaudi, è Luce perfetta.

I due scrittori hanno vari punti di contatto, oltre l’indiscusso amore per la lingua francese. Due talenti versatili. Salvayre è autrice di numerosi testi teatrali, Fois sceneggiatore, televisivo, cinematografico, teatrale. Entrambi dotati di una capacità unica di introspezione, di allargamento del personaggio da una dimensione particolare ad una visione universale dove il lettore può riconoscersi, sentire, soffrire, amare.

Lydie Salvayre, notissima in Francia, vincitrice con il libro Pas pleurer nel 2014 il Premio Goncourt, è figlia di repubblicani spagnoli esuli dalla guerra civile. Trascorre l’infanzia vicino a Tolosa,  presso la cui Università si laurea successivamente in Lettere Moderne. Consegue poi una una Laurea in Psichiatria, professione che eserciterà a Marsiglia e Parigi. Marcello Fois, sardo, nato a Nuoro, vincitore del Premio Italo Calvino con Ferro recente, si laurea in Italianistica presso l’Università di Bologna, e fa parte del Gruppo 13 con Lorenzo Machiavelli e Carlo Lucarelli. E’ un rinnovatore del genere noir. Dedica intere opere alla Sardegna, ma la sua ”sarditudine” non gli impedisce di raccontare e sottintendere la storia d’Italia.

Dice Fois, a proposito di Pas pleurer : “ Io e Lydie abbiamo esperienze in comune, che fanno parte della nostra vita privata, del modo in cui abbiamo sviluppato la nostra resistenza. Nel romanzo di Lydie ci sono delle sfumature particolari. E’ basato sull’autorevolezza in cui una vita privata si può raccontare come vita pubblica”. E continua: “ Questo fanno i grandi scrittori, l’esperienza si allarga, si generalizza. Il grande scrittore permette al lettore di diventare autore. Per fare questo ci vuole autorevolezza, non autorità. Così il dono diventa scambio reciproco. C’è un principio di affetto, di empatia che il lettore sente dentro il libro”.

Lydie Salveyre interviene con grazia calma. Si avverte una forte energia, in questa donna.

Io non dipingo ciò che io vedo, ma ciò che ho visto”,diceva Munch, riguardo alla pittura.

“Leggo Les grand Cimetiéres sous la lune, di Georges Bernanos, e ricevo un colpo. Un autore brutale e sottile, ma delicato, allo stesso tempo. E’ il racconto dell’insurrezione del ’36. Ecco dove porta la lettura…Bernanos era un fervente cattolico, ma libero di spirito. ‘ Essere liberi di spirito significa accogliere la verità da dovunque essa provenga”.

I grandi cimiteri sotto la luna di Bernanos è un pampleth antifranchista. Bernanos, monarchico, cattolico, davanti ai massacri della guerra civile, entra in crisi. Come sottolinea Fois, “Bernanos deve fare i conti con il suo preciso senso religioso, che si scontra con la realtà”.

Pas pleurer nasce così. Il romanzo è un progetto preciso che appare subito di ampio respiro, sottolineando il rapporto tra cultura francese e cultura spagnola. E’ un romanzo sulla guerra civile spagnola, in cui Salveyre inserisce temi autobiografici, ricordi, memorie familiari.

In questo libro, Bernanos diviene un testimone della guerra civile in Spagna, dialogando con Montse, madre di Lydie, che sessantacinque anni dopo la fine della guerra,  ricorda fatti, avventure.

Quale è stato ‘l’incidente’ che ha fatto decidere Lydie ad affrontare queste vicende?”, chiede Fois.

La morte di mia madre”, risponde la scrittrice,“desideravo farla resuscitare attraverso un racconto. Ma avevo il desiderio di scrivere una letteratura viva , vivente. Una scrittura viva va fuori da una lingua scialba , senza sorprese”.Quindi attenzione ai dialetti, all’uso delle parole. “Avevo giurato di fare un saluto a Gadda, per l’uso della lingua vicino alle esperienze popolari”.

Marcello Fois interviene  a questo proposito sulla lingua italiana e quella francese.

Osserva che “ la lingua francese non è stabilizzata. In Italia, la lingua è venuta prima della Nazione”, e citando i Promessi sposi, “ il romanzo nazionale prima della Nazione”. Ogni regione ha costituito il suo gruppo. Gli italiani hanno imparato il romanzo anche attraverso il melodramma (si pensi a Verdi), attraverso una lingua“alta”. Fois sottolinea una disinvoltura dei francesi nell’uso della seconda lingua che noi non abbiamo. Prosegue sottolineando che “ la nostra letteratura è cresciuta in uno splendido rapporto con la letteratura francese”, chiedendosi cosa sarebbe stato Calvino senza i francesi, o la scrittura sperimentale italiana degli anni ’70 senza i rapporti con quella francese. Lydie interviene parlando del  suo fragnol, lingua  tra francese e spagnolo. Fa  riferimento a termini specifici, e alle accuse che le sono state mosse, di non avere tradotto queste espressioni speciali. Parlando di sua madre, le attribuisce l’aggettivo crédule . “Trovo questo aggettivo di un candore, di un’innocenza straordinarie, ha la stessa etimologia di ‘credenza’. In spagnolo credere si dice “creer”,  in  francese credente “croyant”.

Questa disquisizione sul fatto di non aver tradotto le espressioni speciali, permette alla scrittrice “di fare una domanda politica alla lingua francese. “La lingua non deve diffidare delle parole ‘immigrate’. È più intelligente degli umani. Si impadronisce delle parole. Addomestica parole?”. Si affronta il problema del dominio linguistico, della lingua che assorbe, che viene assorbita.

Fois osserva  che in Italia abbiamo completamente aperto i recinti della nostra lingua. Sicuramente una lingua aperta, viva, è più forte. “La lingua è un essere vivente, se non si usa la lingua muore. Noi parliamo un derivato delle lingue barbariche”.

Degli intellettuali dice che “sono dei sopravvissuti,che dentro questo gioco di potere fanno della debolezza una grande forza”.

Tornando ai contenuti, Lydie parla del suo amore per “ l’inespresso, per tutto ciò che non è pronunciato.

Le fa eco Fois, ancora un punto in comune con Salveyre :” I vuoti sono più importanti dei pieni. Lydie separara con righe bianche porzioni di scrittura, e dentro quella riga bianca dice ‘Prego, entra’. Il silenzio, ci accomuna”. E il tentativo di raccontare, mettendoli allo stesso livello, proletariato ed élite. Fois conclude riportando il gustoso episodio dell’incontro tra Gide e Genet. Arrivato in casa di quest’ultimo, Gide, osservando la libreria, nota  la mancanza dei suoi libri. Ci sono invece opere molto popolari.  La risposta del selvaggio è la seguente: “Perché leggo narrativa, non letteratura. Il narratore si sdraia in strada, racconta la sua storia…”.  E Gide: “Io, morirei di fame”.

La serata si chiude tra l’entusiasmo del pubblico presente,  con un saluto di Maria Ida Gaeta, ideatrice e Direttrice del Festival, responsabile della Casa delle Letterature di Roma, ed un gradito apéritif nella splendida cornice della Villa.

 

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Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Scrittrice e attrice, collabora con varie Associazioni culturali. Suoi testi sono pubblicati in Antologie varie e su siti Internet. Si è dedicata a progetti sperimentali di diffusione della poesia nelle scuole e alla scrittura e regia di spettacoli e percorsi poetici. Fa parte del gruppo di Scrittura Collettiva di Fefé Editore. Adora Adonis.

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