Gita al Faro. Due chiacchiere con gli autori. Marco Peano

Le nostre domande agli autori che partecipano a Gita al Faro sono oggi per Marco Peano.

 

È sempre più forte la sensazione che tutti noi desideriamo soprattutto farci raccontare delle storie, che abbiamo fame di racconti. Abbiamo davvero solo bisogno di narrazione?

Occupandomi quotidianamente delle storie degli altri per motivi professionali, sarei un pazzo a sminuire il valore delle narrazioni. Ma anche se facessi un altro lavoro, sono certo che non riuscirei a placare quella fame. Dunque dico: sì. A patto che l’applicazione di un modello narrativo a qualsivoglia «prodotto» – sia esso un aspirapolvere o un partito politico – non renda ridicolo il gesto del narrare, banalizzandolo o svilendolo. Ecco, quelle per me sono narrazioni superflue.

Da dove nascono le tue storie?

Ho pubblicato qualche mese fa il mio primo romanzo, che ha un’origine autobiografica ma uno sviluppo indipendente, dunque per metterlo a punto ho fatto anzitutto un lavoro su di me, sui miei ricordi personali e sui temi che mi interessava esplorare: malattia, perdita, memoria. In generale, mi rendo conto che spesso rimango colpito da alcuni fatti, talvolta anche molto banali: se attecchiscono e li porto per un po’ con me, c’è una buona probabilità che finiscano in qualcosa che potrei scrivere.

Di cosa parli con maggior coinvolgimento quando vuoi raccontare la vita reale? Famiglia, amore, crescita personale, oppure hai un tuo percorso meraviglioso?

La vita reale, qualunque cosa sia, per me ha sempre un percorso obbligato: le narrazioni (confronta la risposta alla domanda 1). Dunque più ragiono, spesso accalorandomi, di libri film e fumetti, più mi sembra di riuscire ad acchiappare il presente.

Che faccia hanno i tuoi lettori? Cosa credi li affascini della tua scrittura?

Avendo pubblicato un solo libro, sarebbe presuntuoso e un po’ ridicolo da parte mia usare la formula «i miei lettori» per riferirmi al pubblico che ha letto L’invenzione della madre. Le persone che ho conosciuto in occasione delle presentazioni, e che alla fine dell’incontro sono venute a parlarmi, avevano spesso il desiderio di condividere con me le loro esperienze personali. Come se io, avendo offerto loro una storia che mi appartiene, fossi il candidato ideale per ricevere la loro. Questo è emozionante, ed è un sicuro motivo di fascinazione, ma a pensarci bene è quello che cerco anch’io in un libro: una voce, o un immaginario, con cui entrare in empatia.

Perché hai deciso di partecipare a Gita al Faro? Cosa ti ha convinto a dire sì? Ti era già stato chiesto?

Mi sembrava un’idea bellissima, e non me lo sono fatto ripetere due volte.

È la prima volta che sei “costretto” a un eremitaggio letterario?

Sì.

Sei mai stato prima a Ventotene?

No.

Cosa porti di te nell’Isola?

La curiosità.

Cosa cerchi nell’Isola?

Il confronto.

Cosa pensi potrebbe mancarti (persone, cose, emozioni…) sull’isola e cosa invece non vorresti ti mancasse?

Scrivendo queste risposte all’indomani della partenza, mi sembra che mi manchi già tutto ora. Ma è perché sono un nostalgico.

Conosci qualcuno degli altri scrittori? Pensi che sull’isola riuscirai a destrutturare o a confermare le impressioni sui tuoi compagni di confino?

Alcuni sì, altri solo di fama. Chissà.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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