Gita al Faro. Due chiacchiere con gli autori. Tommaso Pincio

Continuiamo gli incontri con gli autori “rinchiusi” sull’isola di Ventotene per il Festival Gita al Faro. È oggi la volta di Tommaso Pincio.

 

È sempre più forte la sensazione che tutti noi desideriamo soprattutto farci raccontare delle storie, che abbiamo fame di racconti. Abbiamo davvero solo bisogno di narrazione?

Spero tanto di no. Le storie in sé, senza l’umanità e i bisogni che in esse sono raccolti, rappresentano poca cosa. Viviamo in un tempo in cui la parola “narrazione” appare con frequenza preoccupante in contesti che nulla hanno a che fare con la letteratura o il cinema. Ecco: quando sento un politico o un imprenditore parlare di storie e narrazione, sudo freddo, per non dire peggio. Non posso infatti fare a meno di pensare che, in mano a un politico o a un imprenditore, i racconti diventano prima di tutto strumenti di persuasione e consenso, il contrario di quel che un racconto dovrebbe essere, ossia la trasmissione di un’esperienza.

Da dove nascono le tue storie?

Quasi sempre da una domanda alla quale non so rispondere. In alcuni casi, a muovermi è invece la scomparsa di qualcosa, un vuoto che si è aperto nella mia vita.

Di cosa parli con maggior coinvolgimento quando vuoi raccontare la vita reale? Famiglia, amore, crescita personale, oppure hai un tuo percorso meraviglioso?

Non ho temi prediletti. Sono i personaggi a coivolgermi, sono loro che mi stanno a cuore. È per loro che scrivo, per dargli vita, nella speranza che prendano abbastanza forma da decidere di testa loro, da dirmi cosa scrivere.

Che faccia hanno i tuoi lettori? Cosa credi li affascini della tua scrittura?

È una cosa alla quale non voglio pensare. Se pensassi a chi sono i miei lettori, se cercassi di capire cos’è che gli piace, mi sentirei troppo condizionato e se c’è una ragione per la quale scrivo è proprio questa: almeno nella scrittura, voglio essere libero da qualunque condizionamento.

Perché hai deciso di partecipare a Gita al Faro? Cosa ti ha convinto a dire sì? Ti era già stato chiesto?

Non ho deciso. Ho semplicemente avvertito che avevo voglia di andare. Probabilmente perché mi interessano le isole, e mi interessano perché sono parte del mio destino, a cominciare dal fatto che la mia famiglia è andata a vivere in un’isola, pur se all’altro capo del pianeta. Un altro motivo di curiosità è rappresentato dalla prigione, del confino, che ogni isola incarna o evoca e che a Ventotene è presente con particolare rilevanza. Infine mi piace il vento che c’è nel nome.

È la prima volta che sei “costretto” a un eremitaggio letterario?

Vivo sempre in condizione di eremitaggio più o meno costretto, più o meno autoimposto. Però non l’ho mai sperimentato su un isola. Non italiana perlomeno.

Sei mai stato prima a Ventotene?

Sono stato a Ponza e conosco abbastanza bene il litorale da San Felice Circeo a Sperlonga, ma Ventotene mi è del tutto ignota. E questo è un ulteriore motivo per venire, l’ignoto.

Cosa porti di te nell’Isola?

Di me, in che senso? Come persona o come oggetti? In ogni caso, porto poco o pochissimo. Viaggio sempre leggero, dentro e fuori.

Cosa cerchi nell’Isola?

Una persona scomparsa. So di non poter trovarla sull’isola, ma è dall’isola che comincerò la ricerca. Può inoltre darsi che cerchi una casa, che è un’altra delle mie ossessione. Può darsi che decida di venire a vivere sull’isola un giorno o l’altro.

Cosa pensi potrebbe mancarti (persone, cose, emozioni…) sull’isola e cosa invece non vorresti ti mancasse?

Credo non mi mancherà nulla. Solitamente, non mi manca mai nulla quando sono altrove.

Conosci qualcuno degli altri scrittori? Pensi che sull’isola riuscirai a destrutturare o a confermare le impressioni sui tuoi compagni di confino?

Come scrittori, li conosco tutti, alcuni più, altri meno, anche se non mi sono fatto idee precise sul loro conto. Per me, le persone sono le persone. Quando mi trovo in compagnia di uno scrittore mi importa poco cos’abbia scritto. Mi interessa soltanto il rapporto umano, lo scambio di emozioni e impressioni. Personalmente, degli scrittori che saranno con me, ne conosco soltanto alcuni, e non posso dire di conoscere bene neanche loro, sebbene pensi a loro con simpatia. In effetti, per il tipo di vita che conduco (molto solitaria), sono pochissime le persone al mondo che conosco bene. I miei compagni saranno un ulteriore occasione di scoperta.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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