Fantafestival tra genere e meraviglia

Nei primi anni ’70, quando la fantascienza vantava tra i suoi fans solo i giovani universitari, formati culturalmente al futuro dai romanzi economici di Urania, il cinema parrocchiale Il Labirinto di Roma aveva organizzato una programmazione no-stop di film anni ’50 (periodo d’oro del genere americano). Si entrava alle tre del pomeriggio con le provviste per la cena e si terminava di vedere film (5 o 6) alle tre di notte. Con una sensazione di straniamento di spazio e di tempo che aumentava con le visioni.

Quel sotterraneo della chiesa di Piazza dei Quiriti diventava per noi profondi appassionati “Il pianeta proibito” da esplorare come “Cittadino dello spazio”, tanto per citare due titoli fondamentali di quel filone. Poi, con il risveglio di interesse per il genere nacque il Cineclub Tevere ed infine, nel 1981, con il suo taglio popolare e di successo, iniziò al Cinema Clodio quello che ancora oggi, dopo 35 anni, si chiama il Fantafestival. Passato in tutti questi anni in molteplici sale, si svolge ora al Cinema Barberini sotto la direzione di Alberto Ravaglioli e Adriano Pintaldi. Fa ormai parte dell’European Fantastic Film Festival e per questo può offrire una programmazione internazionale di circa 100 film, con anteprime, ospiti illustri, convegni, rassegne e corti. Quest’anno sdoppiato anche con proiezioni al Cinema Trevi, con la rassegna Danze macabre. Il cinema gotico italiano organizzata dal Centro Sperimentale di Cinematografia.

Dopo la affollata presentazione della 35 edizione con Dario Argento ed il suo Profondo rosso, in attesa della premiazione di due icone del cinema fantastico come Barbara Bouchet e Barbara Steele, in una giornata tranquilla Stefano Amadio ha presentato il film A dark Rome dell’argentino di origine basca Andres Rafael Zabala. Amadio ha fatto presente che il cinema italiano è poverissimo di pellicole di questo genere (meno di dieci all’anno) e con un’ambientazione romana quasi assente. Un motivo in più per vedere questo film, un thriller o black comedy che ha un suo fascino particolare sia per un’ambientazione notturna ed oscura dei luoghi più belli della Capitale sia per un argomento poco conosciuto come i saloni di bellezza per preti che amano più il culto del proprio corpo che le anime dei loro parrocchiani.

Alla domanda come abbia fatto un produttore indipendente come Zabala a realizzare questo piccolo ma importante film, acclamato e premiato come miglior film, regia ed interpretazione, al Festival del film horror di New York, il regista ha risposto che l’oro nel cinema non è fatto di soldi ma soprattutto di tempo, che è quello per scrivere, sceneggiare, dirigere, recitare e montare tutto più volte. Cosa che lui ha fatto in due anni con 40 diverse location, 38 attori di cui molti di madre lingua inglese, aiutato dalla Rufa (Rome University of fine Arts) dove insegna.

Un film che non vira mai nello splatter, nell’horror becero di moda, nel paranormale, ma si tiene in linea come un giallo classico psicologico o parapsicologico. Un saggio di equilibrio su un’idea di un banale delitto senza castigo, con un ingombrante ma gratificante senso di colpa. Pieno di notazioni sul mondo artistico romano. Non per nulla il personaggio narrante (Bruce Mc Guire) è il proprietario di una casa d’arte che organizza una mostra per il giovane intrigante interprete principale (David Jones Jr). Buona la colonna sonora di Andrea Tosi che intreccia canto gregoriano, canzoni romane e musica da discoteca.

Un altro strumento di diffusione del genere fantascientifico è stato quello delle trasmissioni televisive Rai (sceneggiati, fiction per ragazzi, cartoni animati, lezioni, convegni, approfondimenti, pubblicità e riproduzione di film). Al Fantafestival, Rai 4 e Wonderland, attraverso i due curatori Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer, hanno presentato Memorie del futuro. 60 anni di fantascienza in Rai, una storia della produzione Rai a tema fantascientifico dalle origini agli anni ’80.

La ricostruzione di Wonderland, basata sui preziosi materiali delle teche Rai in 18 puntate ci ha tenuto inchiodati sulle poltrone del Barberini per circa due ore in una incredibile retrospettiva sull’immaginario fantastico televisivo, che ha formato intere generazioni in termini di fantasia creativa. Dal pionieristico Operazione Vega (1962) di Vittorio Cottafavi,  alla versione sci-fi de L’isola del Tesoro (1987) di Antonio Margheriti, passando per A come Andromeda (1972) di Vittorio Cottafavi, senza dimenticare L’ultima faccia di Medusa ( 1958) di Luigi di Gianni. Iniziando nelle prime puntate con gli approfondimenti giornalistici ed i racconti di visioni degli UFO, che hanno connotato l’epoca della guerra fredda. Le serissime interviste ad autori affermati nel romanzo fantascientifico come Arthur Clarke (2001 Odissea nello Spazio) ed Isaac Asimov (Io robot). Trasmissioni in diretta come la lunga notte dell’allunaggio (Luglio 1969) e le dichiarazioni di Neil Armstrong, primo uomo sulla luna, ospite negli studi Rai.Una puntata per gli eroi di carta di fantascienza per i ragazzi. Tanti fantacarosello terminati nel 1977.  Inoltre: come la fantascienza invecchia, vista attraverso le inchieste e gli approfondimenti (Piero Angela) sulle esperienze extrasensoriali, tanto di moda e tanto dimenticate. Ed infine la fantascienza da ridere, di cui ormai sono pieni i film di oggi, dove il futuro non è più nostro come invece credevamo negli anni ’70.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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