Olivo Barbieri. Immagini 1978 – 2014

©Olivo Barbieri - Linyi, China, 2001 da/from: NotSoFarEast 2001

Suddivisa in sette sezioni, la retrospettiva dedicata dal MAXXI al grande Olivo Barbieri (Carpi, 1954), presenta l’opportunità di esplorare, in un unico colpo d’occhio, i (quasi) primi quarant’anni di attività dell’autore emiliano e i temi da lui affrontati e approfonditi nel tempo. Similmente, la possibilità di registrare quei cambiamenti, non solo sociali, ma anche, e soprattutto, architettonici di molte città e lo sviluppo degli spazi urbani avvenuti in questi ultimi anni. Impostata fin dagli inizi sull’analisi dell’immagine (da qui il titolo della mostra), la ricerca di Olivo Barbieri porta alle estreme conseguenze il concetto stesso di fotografia (trascrizione della realtà), nonché la teoria ad essa connessa, quella della percezione (vedere la realtà). È intorno a questi grandi temi che sono state organizzate le diverse aree espositive. Parzialmente approfondite e brevemente accennate, esse sono sviluppate mediante la contenuta selezione delle immagini più rappresentative della singola serie; e la mostra si presenta, così, senza sbavature e guizzi, diligentemente pensata e allestita.

In un percorso che non segue da vicino lo scorrere del tempo, partendo dagli esordi si riattraversa la carriera di Barbieri fino ai nostri giorni in poco meno di cento scatti. Ad essi si sommano nove film, la produzione editoriale (con la parte dedicata alla bibliografia) e le fotografie presenti nella collezione stessa del MAXXI. Risale infatti al 2003 l’inizio della collaborazione tra Olivo Barbieri e il MAXXI, a seguito della committenza, da parte dello stesso Museo. Registrare i cambiamenti urbani del quartiere all’indomani dell’inizio dei lavori di costruzione dell’attuale edificio. Con la partecipazione a diverse edizioni della Biennale di Venezia (1993, 1995 e 1987) e mostre collettive e personali in tutto il mondo (da segnalare che dal 24 giugno la Galleria Bianconi allestirà Atlanti – Luigi Ghirri, Olivo Barbieri, Francesco Jodice, curata da Walter Guadagnini), i suoi abituali viaggi in Cina, iniziati dal 1989, testimoniandone il rapido sviluppo, il suo particolare punto di vista ha ampliato nuove possibilità di ricerca, come quella offerta dal “fuoco selettivo”, divenuto ormai la sua sigla. Adottato a partire dal 1999, a seguito delle committenze della galleria di Natalina Remotti a Milano e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, per la realizzazione di lavori con soggetto gli stadi italiani, Olivo Barbieri riconduce il suo approdo al fuoco selettivo ai paesaggi sfocati di Gerhard Richter, già sperimentato negli scatti realizzati in India (e in seguito addirittura in certi scatti realizzati in taluni musei), attraverso immagini parzialmente sfocate, che fanno apparire le città ritratte come dei modellini, dei plastici in scala, dando corpo a quell’ambiguità della percezione lungamente indagata da Olivo Barbieri (come ben attestato dalle sezioni Virtual Truths 1996-2002 e Site Spefic_2003-2013).

Tuttavia, da subito, si mostrano i pezzi forti della mostra, le carte vincenti, si cala subito l’asso. Perché è il famoso, ormai quasi mitico, Viaggio in Italia 1980-1983, risalente agli anni Ottanta, ad aprire l’esposizione. Quel viaggio che vede coinvolti, intorno a Luigi Ghirri, anche Basilico, Cresci, Jodice, Guidi e Fossati. Nelle diciotto fotografie, anche se in mezzo ci sono finite un paio di Grenoble e di La Source, si attraversa la Penisola da Alessandria a Napoli (con gli effetti devastanti del terremoto di quegli anni), passando per Pegognaga, Guastalla e Lugo, cioè per quella provincia italiana, fatta di soggetti ritenuti fino ad allora di scarso interesse, di dettagli e semplici atmosfere, in molti casi ormai definitivamente perse, in quel nostalgico amarcord, non cercato ma di certo suscitato, col preciso intento di mettere in risalto e fissare la distanza esistente dalla rappresentazione delle zone periferiche data dai giornali e dalla televisione.

Nelle foto di grande formato di Artificial Illumination 1982-2014, i dettagli ritratti appaiono appartenenti a città surreali o creati attraverso la manipolazione tecnologica. Perché quel cielo rosa di Osaka o quello argenteo e metallico di Pisa, sembrano impossibili e paradossali. In realtà, sono il risultato di una lunga esposizione e, in altre parole, è la volontà di Barbieri di saggiare le potenzialità dello strumento, di sondare il suo agire e reagire, di sperimentarne le capacità, al fine di padroneggiarlo di volta in volta per ottenerne il miglior risultato.

Images 1977-2007, sezione appena trattata e poco approfondita, è la più affascinante. Qui, sono ancor più palesi le intenzioni di Olivo Barbieri di sondare, e far emergere, lo scarto fra la visione e la realtà. Nei dodici scatti di questo spaccato, lungamente sperimentato da Olivo Barbieri, sono infatti inseriti anche i suoi primissimi lavori appartenenti alla prima ricerca seriale Flippers. Definiti da Franco Vaccari come “santuari dell’immagine” e realizzati in una fabbrica abbandonata di pinball machines, essi ritraggono le superfici di vecchi flipper, fondendo infiniti rimandi e suggestioni, da quelli artistici a quelli sociali, di un’intera epoca. Come non si può infatti immediatamente pensare agli artisti della Pop Art? O ai bar fumosi dove i ragazzi trascorrevano i loro lunghi pomeriggi in ardue sfide fatte di colpi di anche e di game over? La volontà di Olivo Barbieri di rivestire la grande vetrata della galleria 4 del Museo di una pellicola colorata, è risultata vincente nell’amplificare quell’atmosfera di ambiguità perché sembra moltiplicare e dilatare quella delle fotografie stesse: quel cielo di fuoco di Capri o ciano di Alpes è vero o finto?

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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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