Da Paolo, un’isola.

IMG_1324Lo conobbi nei primi anni settanta, quando tornato dalla Sardegna rilevò il laboratorio di cornici da cui mi fornivo. Da allora lo frequentai con assiduità per un decennio, fino a quando per lavoro mi trasferii a Bergamo. La cosa che colpiva subito, appena si entrava nel suo laboratorio, era il clima di serenità, oltre che la sensazione di trovarsi più che in un laboratorio in uno studio dove nell’aria aleggiava un clima di ricerca, di sperimentazione, seppure lontana dai dibattiti che vivevo all’Accademia. Questo perché Paolo Salvati non si limitava alle cornici, dipingeva con passione in una costante tensione per dare vita alle sue immagini interiori, come i paesaggi della Sardegna che gli erano rimasti impressi nella mente. Poco dopo si trasferì in un altro locale, il vecchio laboratorio del padre in via Giuseppe Mantellini n. 21 – ottimo artigiano del ferro – , dove presero forma alcuni dipinti di cui ho il ricordo non solo per l’esito finale ma soprattutto perché ho vissuto, avendo avuto la fortuna di vederlo dipingere per ore, la costante ricerca nel fare e rifare le parti del dipinto che non lo soddisfacevano.

Un giorno osservavo una tonalità di azzurro tendente al viola, il giorno dopo lo trovavo che lo stava asportando perché aveva deciso che doveva avere un’altra qualità. Qualche volta questi ripensamenti sullo stesso punto del dipinto erano talmente tanti che doveva con spatole e bisturi ripianare il supporto della tela. Questa era una costante, una caratteristica del suo modo d’operare. Ho visto dipinti ripresi più volte anche a distanza di mesi e anni. A volte ho pensato a Sisifo e debbo confessare che solo a distanza di anni ho compreso il valore di questo atteggiamento: la ricerca ( il furor sereno) di rendere visibile un’atmosfera cromatica di pura poesia che si ha nella mente. Come chiamare ciò se non immaginazione pura? Potrebbe sembrare che Paolo in questa sua spasmodica tensione nel trasferire sulla tela l’immagine cromatica, il ricordo della mente, divenisse agitato e intrattabile, niente di ciò: tutto si svolgeva in una percepibile serenità, sorridente e parlandomi dell’importanza della preghiera o di un quadro del periodo blu di Picasso raschiava via un colore e ne sovrapponeva un altro. Non sempre lo trovavo al cavalletto, a volte era intento a preparare le colle e le missioni per doratura – settore in cui, grazie alla abilità e perizia di sperimentatore, Paolo raggiunse eccellenti risultati-, altre volte lo sorprendevo assorto nella lettura di classici o delle sacre scritture. In quegli anni di grande conflittualità sociale lo studio di Paolo Salvati era per me un’isola di serenità. Ho sempre ammirato in lui uno stato di grazia e una fede incrollabile anche nei momenti più duri che l’esistenza gli ha posto dinanzi: sempre ho intravisto sul suo viso e negli occhi la speranza nella Provvidenza e la sua certezza che i veri valori non erano inattuali.

IMG_1315Ora, mi rendo conto perfettamente di quello che allora avvertivo inconsapevolmente e che è, a mio avviso, il vero valore di Paolo Salvati, prima come uomo e poi come artista. Una profonda fede, come un monaco medievale, nei valori umani che gli permette di innalzare la sua pittura oltre la mera tecnica artistica verso la poesia del colore. E gli conferisce vigore creativo. Ovvero la tensione della creatività umana nell’epoca della tecnica diffusa e pervasiva. Ritengo che la sua esistenza umana e artistica metta in evidenza ciò che la nostra civiltà tecnologica oscura, la creatività umana, e quindi il suo viatico esistenziale testimonia la lotta per farla riemergere e per liberare l’uomo dalle gabbie normalizzatrici che impone il sistema.

Paolo Salvati della tecnica era consapevole, non si dimentichi che era un geometra ma che per fortuna nello spirito aveva la poesia. La poesia dell’animo si profondeva nel colore, e per questo il colore di Salvati sembra come filtrato da una lente grazie alla quale ottiene una visione incantata della realtà. Una visione sognante che con colori solari, mediterranei, rasserena l’animo. Nel rivedere alcuni suoi dipinti ho rivissuto nella sua isola di serenità.

Roma, 29 marzo 2015

Prof. Cesare Augusto Sarzini


Intervista a Andrea Salvati, figlio dell’artista Paolo Salvati, a cura di Emanuele Franzoso per ReteEconomy: a un anno dalla morte di Paolo Salvati, artista poliedrico e vero. Chi era e quale eredità morale ed artistica ha lasciato.

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