Eva Fischer, pasionaria d’azione e di pittura

Eva Ficher, La soffitta, litografia, s.d.

Ciao Eva Fischer

L’artista croata, nata a Daruvar nell’allora Jugoslavia il 19 novembre 1920, figlia del Rabbino Capo Leopoldo, durante il genocidio nazista vide deportati 30 dei suoi familiari; lei stessa, con il fratello e la madre furono deportati da Belgrado al campo di concentramento di Vallegrande. A causa di una malattia materna, ottenne un permesso per recarsi all’ospedale di Spalato e in seguito a Bologna e, con l’aiuto di alcuni componenti del Partito d’Azione, Eva e i suoi familiari si nascosero sotto il falso nome di Venturi, salvandosi. Eva divenne attivista della lotta partigiana, tanto che l’Anpi l‘annovera fra i suoi soci onorari.

Dopo la Guerra scelse Roma come città d’elezione, qui condividendo molte esperienze artistiche nella celebre via Margutta con grandi artisti e frequentando Mafai, Guttuso, Emilio Greco, Campigli, Fazzini, Carlo Levi, Capogrossi, Mirko, Corrado Cagli, Marcello Avenali, Amerigo Tot, Luigi Bartolini e Maccari, con il più appartato Giorgio De Chirico e con intellettuali e poeti come Corrado Alvaro, Sandro Penna, Giuseppe Ungaretti, Giuseppe Berto, con Franco Ferrara allora già brillante direttore d’orchestra… Conobbe Picasso, Dalì – “unico!” – e Chagall, di cui divenne amica e che disse, riferendosi a un suo viaggio eventuale nella Capitale: “Sono troppo vecchio, e poi, a Roma vive Eva Fischer”.

Pittrice in linea con tarde ricerche afferibili alla Scuola Romana di Via Cavour, paladina di un segno-colore spontaneo e mediterraneo in cui rintracciare intensa e vera italianità”, come giudicarono negli anni Sessanta alla londinese galleria Lefevre – che aveva esposto, prima, un altro Italiano, Amedeo Modigliani – disse di sé: “Ho sempre e solo fatto la pittrice. D’altra parte non saprei fare alcun mestiere. E’ già duro quello che mi sono scelta in assoluta libertà e coscienza: sentimenti – questi – meravigliosamente aspri e talvolta amari lungo la strada di vivere.
Dicono che la mia personalità pittorica non somigli a quella di nessuno. Accetto con sicura modestia questa definizione. Ma se altri trovasse nei miei quadri colori e modi non miei ne sarei ugualmente lieta poiché in questo mondo nessuno è figlio di nessuno.”

Eva Fischer ha girato il mondo: “in tempi difficili e astrusi, coi miei quadri sotto il braccio per mostrarli a chi dicevo io. Fui confortata e incoraggiata.”
Ha esposto allo Yad Vashem di Gerusalemme e in prestigiose sedi espositive ad Atene, Londra e Amsterdam; nominata Artista della Comunità Europea nei primi anni ’80, è stata la prima donna ed il primo pittore ad esporre al Museo di Belle Arti di Osaka. Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano le ha conferito nel 2008 l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica.

Ebbi modo di conoscerla, era dolce e tenace, conservava una fierezza bella di chi ne aveva viste tante, aveva reagito, si era presa cura degli altri, di sé e della sua arte, a cui si era totalmente affidata per Essere e non per Apparire. La sua pittura portava in sé le radici di tanta altra pittura e, forte o più debole che fosse, il suo linguaggio diventava potente grazie a lei, che lo trasformava in una cosa tutta sua. In fondo, diceva: “l’importante non è partecipare: importante è credere nel proprio lavoro.”. Fino alla fine.
Si è spenta questa mattina nella sua casa di Trastevere.

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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