Amarnath Yatra. Sull’Himalaya alla ricerca del segreto dell’immortalità

Amarnath Yatra. Sull'Himalaya
Amarnath Yatra. Sull'Himalaya
Amarnath Yatra. Sull’Himalaya

Shiva il dio creatore e distruttore… il primo degli asceti e il simbolo della sfrenata sensualità, è un benevolo pastore di anime e un pericoloso tentatore…. Nella sua immagine creatrice Shiva è rappresentato dal linga, il sacro fallo fecondatore adorato nelle forme più disparate.

Come ad esempio la straordinaria stalagmite di ghiaccio che da millenni si forma nella caverna di Amarnath per poi sciogliersi al plenilunio di agosto…
Nella grotta di Amarnath è conservato il segreto dell’immortalità che Shiva ha voluto donare agli uomini. Lo potranno scoprire solo quelli che raggiungeranno la grotta. Lungo il cammino, infatti, sono disseminati i simboli della vita che serviranno a comprendere il mistero. Si possono scoprire uno dopo l’altro camminando lungo i sentieri dell’Himalaya…

L‘Amarnath Yatra è questo, oggi più protetta dai rischi, ma sempre frequentata da migliaia di persone che compiono il sacro pellegrinaggio superando i 4000 metri ancora oggi, nonostante i divieti, con semplici sandali ai piedi, vestiti zuppi dalle  grandi piogge monsoniche, una ciotola per il pasto che viene dispensato nelle tendopoli allestite lungo l’ascesa.

Prendere ai fianchi l’Himalaya, inerpicarsi per i pendii ricoperti di ardesia spezzata, sapere che in alto, ancora più in alto ci sono le aquile, ci sono le nuvole, c’è Dio. L’Himalaya è rosa e grigia, piena di sassi, povera di alberi, macchiata di neve. Quando apro gli occhi la mattina la vedo farsi strada fra cumuli di nuvole che vorrebbero soffocarla, coprirla, nasconderla.

Dopo Pahalgam la salita si fa più ardua. Tre chilometri fra i sassi per poi raggiungere un altipiano la cui cosa migliore è il negozio del te.

In seguito la strada diventa un cammino a mezzacosta e quel che si vede è prova del’immortalità dell’anima. Gli alberi immensi, il fiume che scorre impetuoso fra le rocce, le montagne che si fanno sempre più alte e coperte da foreste di un verde così intenso da stancare la pupilla ed ancora le cascate, le grotte naturali, le capanne di pastori con qualche yak isolato e pochi fiori sul cammino per Shiva.

Molta gente, la strada è gravosa, la fatica si dipinge sui volti, negli occhi e nel respiro delle, donne a piedi nudi, dei ragazzi curiosi, dei sadhu nudi o avvolti in un leggero cencio di cotone.

Ma ci sono anche i ricchi, poco avvezzi alla fatica, che si fanno portare da quattro o cinque uomini, seduti in approssimative portantine dalle quali impartiscono ordini senza curarsi degli strapiombi e dei piedi tagliati dai sassi.

I cavalli servono ai più per portare i bagagli. I cavallanti gujari  sembrano simili ai quaranta ladroni di Alì Babà. Magri, guance incavate, occhi chiari e febbricitanti, barba lunga ed uno straccio avvolto come turbante sulla testa. Guardano avanti a sé ed incitano i cavalli con versi che li fanno vicini ai loro animali. Sono gente di montagna ma sembrano streghe delle roce. Ce ne sono moltissimi scendono e salgono in continuazione con i loro cavallini dagli occhi dolci carichi all’inverosimile.

Il cavallo si spinge fra dirupi e fango andando incontro a gente bagnata ed infreddolita. Scivola, si riprende; ad ovest,  fra nebbie e spiagge di neve si apre un lago enorme e stupendo. Con il sole deve essere verde come gli occhi di certe donne di qui. Con questa pioggia battente e con il freddo che sale ha il colore del ghiaccio.

Quando le torri di nuvole fumose si diradano ecco apparire il ghiacciaio coperto di neve. Ci accamperemo qui stanotte, con gli abiti ancora un po’ bagnati e la luna che ci strapazza il cuore. Pura, quasi liquida nel cielo di una mezzanotte che sembra trasparente e chiara come il giorno.

E ripartire all’alba, con il chai bollente e zuccherato che conforta, il kay way che protegge, almeno un po’ dalla pioggia che di tanto in tanto si placa, fino ai fiumi nati dai capelli di Shiva e, ancora poco più avanti la magica grotta dove la folla s’accalca ordinata scorrendo in silenzio accanto al linga ornato di petali di fiori. Quattro giorni di difficile cammino, gli occhi pieni di una montagna imperscrutabile in cambio dell’immortalità.

 

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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