Con un’aria distratta

Hieronymus Bosch, The Last Judgment
Hieronymus Bosch, The Last Judgment
Hieronymus Bosch, The Last Judgment

La sapeva lunga il Couperin Francesco (che venne soprannominato “il Grande” per distinguerlo dagli altri membri della numerosa famiglia) quando si trattava di clavicembali. Eppure era entrato a corte col titolo d’organista e “organista” era ufficialmente gran parte della famiglia nella chiesa parigina di Saint-Gervais, dove esisteva un bell’organo seicentesco, poi sfiancato, profanato e snaturato nell’ottocento fino a renderlo oggi irriconoscibile.

E la sapeva lunga anche in fatto di gusti musicali dell’esigentissima corte di Luigi, dove si muoveva a suo agio e dove il sovrano oramai stanco e malandato preferiva gli intrattenimenti meditativi delle sue composizioni cameristiche alle opere e ai balletti sfarzosi, che il Jean-Baptiste, amico di gioventù scomparso da tempo, aveva turbinosamente organizzato negli anni delle feste. Ora regnava la severa Maintenon, la “sposa segreta” di Luigi e la musica si era adattata al clima religioso e moralistico che la gran dama era riuscita ad imporre. Il cambiamento di clima ben si adattava al carattere tranquillo e metodico di François che era passato dall’organo della grande cappella di corte ai concerti domenicali negli appartamenti reali  fino a diventare l’insegnante di clavicembalo di buona parte dei personaggi che contavano nel castello.

L’insegnamento affascinava François che vi dedicava gran parte del tempo trascorso a corte. Insegnava a suonare il clavicembalo e la spinetta a “Monsignore il Delfino, duca di Borgogna e ad altri sei Principi e principesse della Real Casa”: quel claudicante erede al trono (e destinato a non salirvi mai) che, a detta di Saint-Simon, aveva uno spirito talmente inquieto ed estroso da rasentare l’inconcludenza, ma sul quale la musica aveva un effetto miracolosamente calmante. L’affascinava e non ne teneva i segreti per sé: “qualcuno dirà che nello svelare i miei metodi io vada contro i miei interessi, ma li sacrifico volentieri se potranno risultare di utilità per gli altri”. Questo scriveva nel suo interessantissimo L’art de toucher le clavecin, primo vero metodo sistematico di tecnica esecutiva al clavicembalo.  Un metodo di educazione al gusto, alla tecnica e al comportamento per allievi e insegnanti, dove assieme a indicazioni di fisiologia e anatomia dell’arto si mescolano valutazioni e suggerimenti esecutivi e dove sono proposte una serie di piccoli brani, che costituiscono una preziosa summa in nuce del suo stile compositivo. Ma vi è anche altro: “dopo le prime lezioni ai fanciulli ho preso l’abitudine di portare via con me la chiave dello strumento, affinchè l’impazienza giovanile non distrugga in un quarto d’ora quanto ho insegnato con fatica in tre quarti d’ora di lezione”, e poi, “riguardo alle smorfie che può capitare di fare durante l’esecuzione, propongo di correggerle mettendo uno specchio sul leggio dello strumento”: infatti “è importante mostrarsi a proprio agio quando si suona, senza fissare troppo lo sguardo su qualsivoglia oggetto e gettando, ogni tanto, uno sguardo al pubblico … come se non ci si trovasse, incidentalmente,  occupati a suonare”.

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Matematico e musicista, da sempre in equilibrio tra i due campi culturali, ha gestito con successo ed indipendenza attività di ricerca, applicazioni e strumenti di promozione culturale. Attualmente svolge attività di ricerca in campo matematico e statistico in qualità di docente presso la Sapienza a Roma, è direttore artistico della rassegna di musica antica Trebantiqua a Trevi nel Lazio e riconosciuto concertista alle tastiere antiche, avendo al suo attivo concerti in Italia, Europa e Nordamerica in ensemble e come solista, oltre a svolgere attività di editore e ricercatore di inediti del periodo barocco per varie edizioni musicali.

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