Festivaletteratura di Mantova. Evento 42. Le colline della discordia, con Assaf Gavron e Corrado Augias, Palazzo San Sebastiano

Torno a Mantova anche quest’anno, a seguire eventi, a respirare la città.
Il Palazzo San Sebastiano ospita il museo archeologico della città di Mantova e il cortile esterno ospita questo importante evento.
Corrado Augias (invecchiato ma sempre attivo, disponibile, umile) viene accolto da un fragoroso applauso al suo apparire sotto al tendone, dieci minuti prima dell’inizio dell’evento. È indubbiamente una presenza nota e amata agli italiani, dopo anni e anni e anni di televisione.
Augias oggi intervista Assaf Gavron, giovane scrittore israeliano, autore de La collina, edito da Giuntina e tradotto da Shira Katz.

La collina è un romanzo sui territori occupati, ma chi sono le persone che vi abitano, anche in estrema difficoltà? L’azione è corale, ma i veri protagonisti sono due fratelli, uno che ha fatto il militare, emigra e diventa ricchissimo, l’altro sfortunato con le donne e con il lavoro. Ma il luogo, la collina occupata dai fondamentalisti israeliani, è il vero protagonista.
Augias paragona Gavron a Zola, per la ricerca minuziosa e sul campo che lo scrittore francese faceva prima di scrivere i suoi romanzi: è consapevole lo scrittore israeliano di questo paragone? Come affronta il suo lavoro?
In realtà sì, Gavron va sul posto, non si limita a guardare internet e gli piace scrivere di persone che non conosce personalmente o di situazioni estranee al suo sentire politico, infatti non è religioso e non è di destra; andando nei territori occupati si era posto l’obiettivo di voler conoscere le persone.
Che persone sono queste che occupano? chiede il giornalista italiano, in fondo noi europei ne abbiamo un pensiero come di persone estremamente fanatiche e pericolose, invece nel romanzo tutto questo è sfumato.

Anche a Tel Aviv c’è questa immagine, afferma Gavron, ma un romanzo può servire per andare oltre agli stereotipi. Lo scrittore israeliano non è a favore degli insediamenti, e se in effetti lo scrivere di persone che vivono nei territori occupati può apparire come un tentativo di giustificare, però c’è una linea molto sottile da percorrere.
In realtà, ribadisce Augias, bisogna sì andare oltre agli stereotipi, ma non dimenticando che gli insediamenti rendono più difficile una soluzione pacifica.
Individualmente gli esseri umani non sono mai totalmente malvagi, ma ciò che dobbiamo fare, è vedere quali sono le motivazioni che li spingono a certi atti. Allora il quadro cambia notevolmente.
Gavron non li vuole difendere o far vedere solo il lato umano. L’ideologia è comunque molto forte in queste persone.

Dal punto di vista narrativo è un romanzo efficace, dal ritmo vivace e ha pagine godibilissimi; manca però nel romanzo il clima politico in cui nasce la possibilità degli insediamenti. Manca infatti il riferimento all’uccisione di Rabin da parte di un fondamentalista israeliano, perché Rabin aveva bloccato gli insediamenti nei territori della Cisgiordania.
Mancano tanti elementi, secondo Augias, in questo romanzo, ma lo scrittore si giustifica dicendo che egli cerca di evocare un punto nel tempo.
Il romanzo è ambientato nel 2009, analizza un punto nella storia, tenendo però ben presente la storia precedente.
Ma quegli insediamenti, insiste Augias con l’appoggio del pubblico che sottolinea i passaggi più vibranti con lunghi applausi, sono l’ostacolo numero uno alla cessazione della guerra strisciante che va avanti da anni e anni: “due popoli due stati” praticamente adesso non si può più fare. E questa è una tragedia. Invece Gavron non parla mai dei palestinesi nel romanzo, tiene la narrazione con stile sottile e ironico. Ha voluto evitare la tragedia, dunque.

Però Gavron non vuole perdersi nell’autocommiserazione e non vuole andarsene da Israele. Ha voluto scrivere un romanzo ironico su una situazione. Perché non ha scritto dei palestinesi? Perché voleva parlare dei coloni. In un romanzo precedente ha scritto di entrambi i popoli.
Però oggi, continua Augias, che come nella migliore tradizione giornalistica italiana non molla la presa, i palestinesi hanno preso coscienza di essere un popolo e il progetto dei fanatici ebrei che vogliono fare una teocrazia non va bene!
Gavron è concorde con Augias sul sionismo inteso come quello del 1948, ma come scrittore ha scelto di dedicarsi a un gruppo di persone.
La guerra si fa in due, ma anche la pace si fa in due, conclude Augias, seguito da un lungo e liberatorio applauso da parte del numerosissimo pubblico.

Un confronto serrato su temi importanti, quello di questo pomeriggio. Confronto condotto in maniera sentita ma sempre con la massima serietà e sobrietà.
Sicuramente il giornalista italiano avrebbe voluto un romanzo con una decisa presa di posizione, cosa che lo scrittore israeliano, pur condividendo tutte le parole di Augias non ha potuto o voluto portare avanti in questo che è comunque e sicuramente un bellissimo romanzo.

 

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Angela Catrani vive a Bologna e si occupa di libri da quando aveva sei anni. Alla classica domanda su quale lavoro avrebbe fatto da grande rispose che avrebbe lavorato con i libri. Tutti pensarono al mestiere (meraviglioso) di libraia, solo sua madre pensò al mestiere di editor e in un qualche modo, con qualche parentesi per mettere al mondo due figli, a fare l'editor Angela ci è arrivata. Lavora per la Cooperativa sociale Il Mosaico, che tra le altre sue attività produce libri per bambini per conto di Bacchilega editore di Imola.

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