Festivaletteratura di Mantova. Evento N° 10. La Zona Rossa di Gino Strada

Zona Rossa, Cover

6247810_404629Sotto ad un tendone gremito, oltre 800 persone, Gino Strada è stato intervistato da Roberto Satolli sul suo nuovo libro, interrotto frequentemente da scroscianti applausi e salutato alla fine da un lungo applauso di tutte le persone in piedi.

Questa è la storia di un anno in cui Emergency ha operato in Sierra Leone (e continua) lottando contro Ebola. Ma non è solo la storia di Ebola, ma di un modo di concepire la sanità. Un libro di impegno civile, ottimo per costruire buoni cittadini. Educazione civica e civile che ci rende orgogliosi di essere italiani.

Zona rossa (il titolo del libro di Gino Strada) è la zona inaccessibile a tutti tranne che ai medici ed infermieri per curare i malati. Ma è anche una zona simbolica: una parte di spazio in cui il virus regna incontrastato.

La lotta ad ebola è anche un problema culturale: è consuetudine che ai funerali si tocchi e si baci il malato, per augurargli un buon viaggio, cosa che non si può più fare in presenza della malattia.
L’ultima vissuta è stata la 22a crisi di ebola, ma la prima in cui medici ed infettivologi sono stati coinvolti per combatterla (prima si segregavano i malati aspettando che guarissero).

Verificatisi alcuni casi in Guinea (marzo 2014), progressivamente vengono contagiate persone in Liberia e in Sierra Leone, dove nel maggio ’14 è decretata l’emergenza nazionale per l’epidemia ormai incontrollata.
Emergency è in Sierra Leone ormai da 14 anni con il suo ospedale per la pediatria e chirurgia infantile e, nel momento in cui è stato individuato il primo caso in Guinea, ha capito che presto sarebbe arrivato anche in Sierra Leone. Eravamo pronti e, da subito, abbiamo controllato che ebola non entrasse in ospedale, tenendo fuori chiunque fosse sospettato di essere malato.

Tutti, ma proprio tutti gli altri ospedali in Sierra Leone sono rimasti chiusi per oltre un anno a causa del rischio di trasmissione della malattia, mentre il nostro ha continuato a lavorare sempre per pediatria e chirurgia infantile: sono orgoglioso di come si è operato sul campo.
Ovviamente c’era il rischio di contagio del personale medico, la Sierra Leone ha perso il 40% di medici ed infermieri a causa di ebola, ma una buona gestione dell’emergenza ci ha permesso di lavorare sempre.

C’è voluto del tempo per avere il coinvolgimento della popolazione e riuscire a bloccare i grandi soloni che pronosticavano oltre 1,4 milioni di morti”.

Che tipo di nemico è stato ebola in confronto al vostro operare in zone di guerra?

Un grande nemico invisibile perché la medicina ufficiale non ha ancora avuto il coraggio di ammettere che non ne sapevamo niente sul virus. E tutti a teorizzare o stilare protocolli mentre dovevamo solo imparare dal campo.

E poi, altra cosa che fa fortemente incazzare (cit.), è che quando sono stati coinvolti gli occidentali, questi sono stati evacuati e trattati in strutture super specialistiche, con terapie che erano state escluse per gli africani. Se gli occidentali così trattati morivano con una percentuale inferiore al 20% e gli africani, senza trattamenti, oltre il 50%, si doveva portare questa terapia intensiva in Africa! Emergency l’ha fatto ed ha avuto ragione!
Emergency ha dimostrato che si potevano curare i malati di ebola senza mettere a repentaglio la vita di medici ed infermieri, riducendo tantissimo il contagio.
Il medico non può e non deve stare lontano dal paziente, così come il pompiere non può stare a 3 km dall’incendio!

E i 5 che si sono ammalati non hanno avuto problemi, incidenti o comportamenti sbagliati: il rischio non si può eliminare, solo ridurre, e se ne hai paura è meglio che cambi mestiere!”

A Waterloo, cittadina di circa 40.000 abitanti nell’area occidentale della Sierra Leone, nata da un campo profughi , sono stati chiamati da un prete italiano perché avevano 7 malati e dal Ministero della Salute nessuno rispondeva alle loro telefonate. Durante la discussione, ad un certo punto Gino Strada si è alzato ed ha iniziato a dare istruzioni per fare triage, utilizzare l’ambulanza che avevano, organizzare i volontari e fornire le tute protettive. E la situazione finalmente si è sbloccata.

Questa era la strada che avrebbe dovuto seguire l’OMS, le organizzazioni internazionali ed il loro governo! Amiodarone è un farmaco anti-aritmico usato in alcune tachiaritmie che Emergency ha pensato potesse aiutare a combattere l’ebola: un farmaco che costa poco invece di quelli attualmente in uso da 1000$ a fiala.

Non è il farmaco che cura l’ebola, ma uno che coadiuva fortemente a combattere il virus. I primi farmaci che sono stati giudicati validi per contrastare il virus erano americani con un costo di 100.000$ a dose, poi soppiantati dagli stessi, ma cinesi, da 1000$. 

All’inizio non si capiva niente della malattia, ma anche oggi se ne sa molto poco.
Quello che oggi si sa è che sono molti gli organi attaccati dal virus: cuore, stomaco, intestino, reni, cervello.
La terapia intensiva serve a sostenere questi organi e consentire al paziente di sviluppare i propri sistemi difensivi e salvarsi. Se il paziente supera la prima settimana, quasi certamente si salva.

Poi c’è stata anche un’epidemia mediatica che ha avuto un clou sui giornali occidentali in primavera e poi abbastanza velocemente è scomparsa, e nessuno più ne parla. 
Questo succede sempre: ha un ritardo rispetto il vero picco, si focalizza su una zona che non è quella dell’epidemia (ad esempio un paese occidentale) e termina quando un qualche caso eclatante si risolve.

Oggi nessuno sta facendo studi seri sull’efficacia del farmaco: in Occidente si diceva che non si può operare così in Africa, non era etico sperimentarlo (quando poi è il normale modo di provare i nuovi farmaci su campioni selezionati di pazienti)

Questo libro andrebbe letto nelle scuole perché parla anche della nostra Sanità, con la divisione tra i cittadini di serie A e quelli di B, con l’intervento di cliniche private dove si saltano mesi di coda in lista di attesa.

Questo è successo perché si è passati dal considerare la Medicina non più come un servizio, ma un bene di consumo, gli Ospedali trasformati in Aziende per produrre fatturato. Questo avviene oggi in Italia a causa di una classe medica complice di questa trasformazione.
Gli ospedali hanno oggi l’obiettivo del pareggio di bilancio, non quello della salute dei cittadini! Sia il privato che il pubblico sono ormai pagati a rimborso di prestazioni: più prestazioni (cioè più malati) più fatturato. E questo è un enorme conflitto di interesse.
Bisognerebbe avere una medicina (gratuita) che tagli fuori il profitto (circa 25 miliardi €/anno)e non i bilanci, in modo da poter dare tutte le prestazioni che servono senza ulteriori costi per i cittadini.

Emergency è convinta di poterlo fare e sta cercando di aprire un ospedale in Italia che non costi niente, ma proprio niente altro per i cittadini

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