Catania la dolce

Catania la dolce
Catania la dolce
Catania la dolce

È un’apparizione vedere queste montagne dall’alto: da un lato brulle ed ondulate come dune. Dall’altro, invece, hanno versanti verdi tagliati da rosei nastri di strade.
Il sole sull’aereo brilla liberato, ma più in basso s’accumulano strati di soffici nuvole.
Se si arriva dal mare, l’Etna è di fronte, mentre a destra s’innalza l’Isola ciclopi e la Sicilia ti corre incontro con tutti i suoi misteri e le sue passioni.

Catania è una città ribelle e pudica. Davanti a lei si stende il mare, appena increspato, ercorso da una scia di riflessi, piccole luci piene di forza e di vitalità: sembrano stelle che, dagli scogli del belvedere vanno verso l’infinito azzurro degli dei.
Alle sue spalle, fra un filare di palme e l’orizzonte appare la cima innevata dell’Etna.

Il mare davanti e la montagna alle spalle.
Il futuro nell’infinito senza certezza ed il passato nella terra madre ricca di promesse, di forza, di tradizione.
Una città come questa dovrebbe essere una fuga verso il cielo, una fucina di bellezza, l’esteta della terra dove i limoni profumano…
E, invece, da sempre ed ancora, si barcamena fra piccoli e grandi degradi, fra riservatezza ed orgoglio difeso con durezza atavica.

La notte, intanto, si spalanca all’improvviso: il cielo è pieno di stelle e la luna, nell’ultimo quarto, si affaccia splendida sopra al palazzo dell’Università. Una luna diversa, più bassa, una luna d’oro come quella che regna sui cieli dell’India.
Tutto è avvolto nel tepore di un autunno inaspettato che si insinua fra i monumenti barocchi che dominano le piazze, assieme alle facciate dei palazzi, fastosi e decadenti. Eccola di nuovo la contraddizione di questa città dove l’abbandono sembra essere una caratteristica vitale: un intreccio indissolubile di antico e di nuove idee, di intraprendenza e di sfrontatezza.

Non a caso si cammina per le strade, che un tempo furono calcate da illustri scrittori, grandi artisti e fecondi musicisti, come se non fosse mai finita l’epoca descritta da Vitaliano Brancati, l’epopea del Dongiovanni siciliano che si svolge nei caffè del centro mentre i balconi che si affacciano sulle grandi piazze piene di storia e portano l’eco di feste piene di musica ed allegria.
E seguendo questo flusso di ricordi e realtà si arriva fino agli Archi della Marina, al Porto, al quartiere di S. Cristoforo, quartiere popolare dove ancora è possibile trovare gli “arrusti e mancia”, macellerie che allestiscono lungo i marciapiedi delle larghe griglie a carbone sulle quali puoi arrostirti da solo la carne comprata alla bottega… una ciotola con il condimento ed un rametto di origano per spargerlo e poi prendere nel negozio accanto il pane o la birra… e mangiare il tutto lì, in strada, assieme alle altre persone che stanno condividendo la stessa “tavola”, in un rito che rende tutti, improvvisamente, accomunati e sacri.

E poi di nuovo lungo la via, per una passeggiata notturna sul lungo mare: onde scure che s’infrangono lungo le architetture naturali degli scogli, archi di pietra ed acqua marina che riflette il bagliore delle stelle e delle luci della città, mentre a largo s’indovina qualche lampara.
Catania… un brillio di luci che si spingono dalla notte fino al mare. Ognuna schiude un sogno. Ogni sogno schiude un desiderio segreto.

Ed ancora ed ancora fino alla mattina, pervasi da un’energia inesauribile, vivere attorno a quell’istituzione mai vista altrove: i chioschi delle bibite. Piccolissimi, con strutture che, a volte, richiamano i gazebo liberty, oppure semplici baracchini dove si servono bevande sconosciute: il mandarino al limone, il mandarino verde, (sciroppi in acqua di seltz freschissimi e saporitissimi), frullati ed altre bontà liquide tradizionali.

E mentre la notte avanza, la luna cede il suo brillare e Catania s’illumina del sole del nuovo giorno.

 

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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