Arte e follia a Mantova: tra sofferenza, disagio psichico e gioconde da bordello

Mantova Mostra della Follia

Coraggiosa ed intrigante l’iniziativa collegata ad Expo 2015 e curata da Vittorio Sgarbi che, a Mantova, ha allestito con successo buona parte del percorso espositivo che, con l’artista siciliano Cesare Inzerillo, era  in parte già  stato proposto a Matera. Un Museo della Follia fatto di dipinti, foto, documenti e oggetti (anche di uso quotidiano) che tenta di raccontarci la brutale verità dei manicomi, della violenza e della costrizione di chi vive(va) la disperata alienazione del disagio mentale, soprattutto prima della riforma Basaglia (http://www.francobasaglia.it/).

Rappresentare direttamente la follia o, per meglio dire, il “male oscuro”, così come definire una “normalità” mentale, è praticamente impossibile ed anche un’analisi fenomenologica non permette di arrivare a definizioni univoche, immaginatevi dunque se ci si inoltra nei sinuosi sentieri dell’Arte.  In verità il rapporto tra Arte e follia è stato più volte preso in esame: esiste una vasta produzione in merito che conferma quella certa “devianza” dalla norma, che inserisce l’Artista nell’ambito di una vera e propria patologia. Non penso però che l’intenzione dei curatori della mostra fosse proprio questa, quanto piuttosto il testimoniare doloroso e sommesso della condizione di disagio che dalla malattia mentale deriva. Partendo dal presupposto che l’operazione sia riuscita solo in parte, proviamo a descrivere specificamente questa esperienza espositiva.

Ci introducono al museo, allestito nelle sale superiori del Palazzo della Ragione di Mantova, gli infermieri e gli internati di Cesare Inzerillo. Figure spesso grottesche, simulacri di un’umanità borderline, rappresentata, ad esempio, dal cespuglio con le facce dei “Profughi” di Giovanni  Macciotta o dalle istantanee di Fabrizio Sclocchini, scattate in ambienti manicomiali desolati, con stanze e pareti scrostate e pile di materassi, a testimoniare il vissuto sofferto dell’alienazione.  Queste epifanie convivono con alcune provocazioni, come la “sedia elettrica con farfalle”, scultura in ceramica policroma  e porcellana di Bertozzi e Casoni o le “Monna Lisa nel bordello” di Lorenzo Alessandri, ma non mancano neppure le allucinazioni pseudo-sataniste con “il Signore delle mosche” ed il “Lucifero” di Agostino Arrivabene.

Poi si entra nella Stanza della Griglia, con i ritratti dei pazienti trovati nelle cartelle cliniche degli ex-manicomi d’Italia che vanno a comporre un polittico di oltre dodici metri. Una installazione di Cesare Inzerillo e Marilena Manzella, illuminata dalla fredda presenza di tubi al neon che trasmettono una sensazione estraniante e surreale, soprattutto molto sofferta.

Il corpus centrale della mostra è dedicato al grande Antonio Ligabue con una antologica di notevole spessore, organizzata da Augusto Agosta Tota, presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma. La raccolta, suddivisa in sezioni tematiche e ben commentata, comprende 190 opere di Ligabue, tutte piuttosto famose e decisamente esaurienti; soprattutto se di lui si vuole tracciare un percorso artistico coerente che tenga conto dei ripetuti periodi di sofferenza psichica dell’Artista.  Di Ligabue si è già detto tutto e il contrario di tutto, per cui mi limito a sottolineare come in questa mostra si evidenzi la sua propensione ad una pittura, soltanto apparentemente istintiva ed essenziale, vissuta soprattutto come strumento per l’imposizione di una personalità non accetta e problematica. Nell’accurato percorso tematico dedicato all’artista, tra dipinti, disegni e sculture, che ripercorrono le principali tappe della sua parabola umana e artistica, non possono mancare, suddivisi accuratamente in sezioni tematiche, i suoi soggetti preferiti tra cui: belve feroci, animali selvatici e da cortile, scene agresti e diligenze in corsa, qualche natura morta e tanti, ma veramente tanti, auto-ritratti. Immagini che risultano cariche di inflessioni psicologiche intense e rappresentazioni primitive e feroci del mondo animale, che catturano e incantano per immediatezza e apparente semplicità, nascondendo in realtà riferimenti culturali, citazioni e contaminazioni stilistiche con varie arti visive, come il cinema e l’illustrazione popolare. Ligabue è stato un vero e proprio “borderline”, non solo nel modo in cui si potrebbe classificare la sua arte, ma nei fatti sfortunati della sua vita. Ha vissuto da vagabondo, isolato nella sua capanna e sfuggito dai più, scolpendo i suoi animali con l’argilla di fiume. Piano piano ha conquistato, almeno in parte, la fiducia dei suoi compaesani e dei medici che lo curavano, ricambiandoli con olii e dipinti su tela: fantasticherie e visioni misteriose di animali selvaggi, insetti, uccelli e paesaggi, ma anche, e più drammaticamente, i torturati autoritratti, divenuti per lui una vera ossessione. Lo hanno etichettato come espressionista, primitivo, fauve e visionario naive; in realtà è tutte queste cose insieme, in una alchimia visionaria, inimitabile ed inconfondibile, che forma un tutt’uno con il suo tormentato vissuto, riflettendo non solo la bellezza e il genio dello spirito umano, ma la sua sofferenza e solitudine. Ecco, allora, un allucinato alla ricerca dell’identità e della redenzione, in un universo tutto suo, popolato di tigri dalle fauci spalancate, da leoni mostruosi e serpenti, da rapaci e animali selvatici, che afferrano la preda o lottano per la sopravvivenza: il tormento di un’anima che attraverso la pittura trova voce e grida al mondo la sua sofferta solitudine.

L’ultima parte della mostra ospita Pietro Ghizzardi, naif per eccellenza e spesso considerato un “brigante dell’arte”, vuoi per la sua personalità rozza e selvatica, vuoi per la sua pittura fatta di puro istinto, con movimento naturale e spontaneo ed espressività primitiva e frastagliata, molto intensa nel suo carattere anomalo ed ambiguo.  Le poche opere esposte ne esaltano i turbamenti mentali e ci propongono ritratti di dive e cantanti a lui coeve, trasfigurati dal suo istinto primitivo e dalle pulsioni seduttive e resi ancora più “borderline” da una tecnica primitiva ed istintuale, grezza e al limite dell’ingenuità.

In definitiva una mostra molto interessante e ben organizzata, con una caduta di stile nella scelta, piuttosto infelice, del manifesto principale (un provocatorio olio su masonite di Lorenzo Alessandri) che ci mostra una Gioconda ermafrodita, intenta ad esibire le sue nudità in un bordello per clienti porci (anche figurativamente)!

Se poi vogliamo anche tentarne un giudizio contenutistico, direi che qui si cerca di stabilire un legame apparente tra genio, arte e follia, passando attraverso lo stereotipo di idee stravaganti e personaggi eccentrici, senza dimenticare però coloro che veramente hanno vissuto e sofferto il disagio mentale. Sappiamo che le abilità pittoriche ed estetiche, le emozioni e i sentimenti, possono essere associati con la malattia psicologica. In altre parole, si può essere brillante e folle contemporaneamente, ma ciò non significa che non vi sia un determinismo necessario o una corrispondenza tra i due fenomeni. Insomma, tra ragione e follia, per fortuna l’ultima parola spetta all’Arte.

Info mostra

  • Expo 2015: il Museo della Follia a Mantova
  • Mostra a cura di Vittorio Sgarbi
  •  Organizzata da Augusto Agosta Tota
  • Palazzo della Ragione, Mantova
  •  fino al 22 novembre 2015
  • Orari: lunedì 14-19.00; da martedì a venerdì: 10-19.00; sabato: 10-22; domenica e festivi: 10-19.
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Studia Giurisprudenza e si diploma in Criminologia Generale. Collabora con quotidiani, riviste e portali pubblicando numerosi articoli per riviste come Mystero,Giornale dei Misteri, FENIX e X-TIMES. Come soggettista e sceneggiatore esordisce con fumetti storici e poi con il pluripremiato film di Carmine Amoroso “COVER BOY” con Luca Lionello, Chiara Caselli e Luciana Littizzetto. Ha pubblicato la piece teatrale "E.A. POE: IL TEATRO DELLA FOLLIA" e con S. Ratti il romanzo epico/fantasy “GILGAMESH: due parti dagli dei e una dall’uomo”, Zona editrice. Come copywriter e art-director della 7Hart di Milano, ha realizzato il pre-quel a fumetti dell'horror film "SHADOW", diretto da Federico Zampaglione e “IL MANUALE DEL CACCIATORE DI FANTASMI”, Mursia editore.

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