Festa del Cinema 2015. Ville – Marie. Incontri di vite sensibili travolte dal caso fortuito

Ville Marie (ph. Ginevra Magiar Lucidi)

A Montreal, quartiere di Ville – Marie le ambulanze non hanno mai sosta, sembrano girare una serie televisiva a puntate quotidiane. E se non succede niente danno anche loro una mano (accidentalmente) aiutando però a scoprire malattie congenite nascoste, senza fare altri danni. Intanto negli studi televisivi Quebec una attrice francese famosa (la bella matura Monica Bellucci) in una fiction vintage anni ’40 diretta dal suo compagno regista, racconta la sua vita con rivelazioni scabrose sulla sua gravidanza, che nemmeno il figlio di 20 anni conosce. Storie di autisti, portantini, infermieri, dottori e persone comuni si intersecano con quelle dei personaggi già presentati, un po’ come in Crash (2005), film con una moltitudine di storie incrociate, premio Oscar di Paul Haggis.

Sembra che a Ville – Marie si muova un microcosmo fatto di un  gioco di coincidenze e di azioni regolate dal caso fortuito. Una ragazza mette il suo bambino nelle braccia di un ragazzo e si getta sotto l’autobus. Un’infermiera racconta che suo figlio è annegato mentre lei faceva l’amore in cucina con il marito (ora morto). L’altro figlio è andato a vivere in campagna con la nonna e non si vedono più da tempo. Per decidere chi guida l’ambulanza si decide dall’umore del mattino. Se ci si accorge di ingrassare si mangia di più. Quando un uomo tratta una donna come una prostituta questa lo ama di più e vorrebbe vivere con lui. Due studenti di architettura sono seminudi in casa, quando sopraggiunge il figlio dell’attrice. Una fumata e si arriva a far l’amore in tre. Queste alcune finezze della sceneggiatura  di Guy Edoin (regista) e Jean-Simon DesRochers. Un mondo in cui nessuno ha voglia di decidere niente e si lascia andare alla deriva, al caso fortuito, a quello che succede… succede.

Ma c’è una differenza fondamentale tra la vita che vediamo nei film degli Stati Uniti e quelli del Canada. Negli Stati Uniti prevale il pragmatismo, l’organizzazione, l’arrivismo, l’apparenza e l’egoismo. Per lo meno in questo film ambientato in Canada, in un mondo sballato, lasciato fin troppo al caso, quando poi l’ambulanza raccoglie e porta in ospedale si vede il massimo dell’efficienza e della sensibilità. E malgrado tutte le derive possibili da schemi sociali, tradizionali o morali, quella profonda amicizia ed umanità, che era così ben descritta ne Le invasioni barbariche di Denys Arcand (2003), ancora si percepisce in tanti momenti del film in cui i protagonisti riescono a compiere azioni che li rendono degni di rispetto profondo, di affetto e di tenerezza.

Per cui la ricomposizione finale delle storie: l’attrice con il bambino che ha voluto anche se frutto di violenza, sul set, di fronte allo stesso figlio di 20 anni (ora in carrozzella). L’infermiera e l’autista dell’ambulanza in macchina verso la campagna del figlio ed altre delicate e sospese situazioni (anche se sulla falsa riga di abusate fiction televisive) sono meno copia ed incolla di tanti film che ci vogliono far passare per film d’autore.

 

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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