Festa del Cinema 2015. “The Whispering Star” di Sion Sono. La memoria è tesoro dell’anima

The Whispering Star di Sion Sono

Una casa, per la precisione un sorta di bungalow giapponese, cullata dall’infinito deserto cosmico.
Non si direbbe ma in realtà si tratta di un’ astronave/corriere, molto vintage, che attraversa le galassie nel profondo silenzio siderale.
A bordo della Rental Spaceship Z ci sono due macchine: un computer che ha il compito di pilotare e un androide che si occupa materialmente della consegna dei pacchi. Siamo in un futuro imprecisato e decisamente distopico.
L’umanità si sta velocemente estinguendo mentre le macchine stanno predominando.
Gli uomini sono sempre più soli e per cercare di mantenere in vita una forma di contatto, un barlume di umanità, i pochi sopravvissuti si inviano delle scatole che non contengono oggetti utili o preziosi ma cose che richiamano dei ricordi, quell’emozione unica legata al proprio passato o ad una persona cara.
Il filtro magico della memoria così ravviva la coscienza.
Può essere una foto, una farfalla, un cappello, una matita, un mozzicone di sigaretta. Oggetti apparentemente banali che rievocano momenti di vita significativi.
In questo modo l’uomo cerca di preservare la memoria per non annichilire il suo spirito, per non lasciarsi morire nell’oblio.
Gli umani, per farsi recapitare i pacchi, non vogliono usare l’immediatezza del teletrasporto ma preferiscono riceverli personalmente anche se significa attendere degli anni.
Bisogna saper aspettare, anche l’attesa è parte integrante di questa poetica del ricordo.
L’androide/postina Yoko Suzuki e il computer di bordo 6-7 MAH Em viaggiano continuamente nello spazio.
Tra una consegna e l’altra c’è un lasso di tempo lunghissimo che Yoko impiega ripetendo gli stessi semplici rituali. Pulire l’abitacolo, preparare il thè, cambiarsi le batterie, fare la lavatrice, registrare e riascoltare il diario di bordo vocale con cui ripercorre il suo passato.
Uno strano processo è in atto perché, col tempo, con la prolungata solitudine, Yoko e 6-7 MAH Em hanno acquisito alcuni comportamenti e reazioni emotive umane.
Dopo una consegna sul ‘pianeta dei sussurri’ l’androide proverà un calore sconosciuto capendo il vero senso del suo incarico.
In un raggelante bianco e nero il regista Sion Sono costruisce questa raffinata elegia visiva di un futuro desolante in cui l’umanità, con tutto il suo corredo materialistico, svanisce nel nulla in un’infinita landa primordiale dove l’atomica ha azzerato tutto.
Suoni, parole ed azioni sono ridotti all’essenziale.
Il genere umano si è autodistrutto ma restano accese delle piccole scintille capaci di intenerire anche gelide macchine che vengono contagiate dall’emotività terrestre.
Macchine che sognano di essere umani.
Un futuro terribilmente presente perché quei luoghi post-apocalittici sono realmente quello che oggi resta dopo il terremoto e lo tsunami del Tōhoku, e del conseguente disastro nucleare di Fukushima.
Gli stessi abitanti delle zone colpite l’11 marzo 2011 appaiono nel film come destinatari dei pacchi consegnati dall’androide Yoko.
Persone che hanno perso tutto ma non vogliono lasciare la loro terra d’origine anche se ormai devastata.
In The Whispering Star c’è lo spettro della solitudine dell’odierna era digitale, il progresso tecnologico che va di pari passo alla regressione emotiva.
Le immagini di passato, presente e futuro dialogano contemporaneamente nell’incanto di un nostalgico torpore.
Un’eterna sospensione, un’opera filmica concettuale dai tempi molto dilatati e con un’estetica minimale retrò amorevolmente curata.
Il fascino della rovina.
Poesia, dolcezza, speranza nonché un pizzico di ironia.
Grande e profetica fantascienza d’autore che richiama il nostalgico silenzio tarkovskiano immerso nella contemplazione di una natura impassibile e struggente nella sua maestosità.
Ritorna il rapporto empatico tra uomo e intelligenza artificiale esposto da Kubrick e quell’immane solitudine, l’annientamento della società del nostro Ferreri.
C’è qualcosa che rimanda anche al cinema di Davide Manuli come l’elemento  dell’attesa e le stramberie surreali.

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“L’arte è l’anima del mondo, evita che il mio inconscio s’ingravidi di deformi bestie nere.” Laureata in Scenografia e in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ha lavorato in ambito teatrale collaborando con esponenti della scena sperimentale romana come Giuliano Vasilicò e l’Accademia degli Artefatti e, come fotografa di scena, per teatri off. Negli ultimi anni, accanto alla critica d’arte affianca la critica cinematografica. Ha scritto per Sentieri Selvaggi, CineCritica e attualmente per Schermaglie oltre che per art a part of cult(ure). Nel 2012 ha curato la rassegna cinematografica “FINIMONDI: Cataclismi emotivi,cosmici ed estetici nel cinema” presso la libreria Altroquando di Roma.

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