Astratto – Concreto. Una falsa opposizione.

V. Kandinskij - Improvvisazione 34, 1913, olio su tela, 120 x 139
V. Kandinskij - Improvvisazione 34, 1913, olio su tela, 120 x 139
V. Kandinskij – Improvvisazione 34, 1913, olio su tela, 120 x 139

È irresistibile il luogo comune che vuole contrapposti l’astratto e il figurativo, quasi quanto quello che vuole opposte l’arte astratta e l’arte concreta. Le cose invece sono andate diversamente, e per nostra fortuna in maniera più interessante.

La questione dell’astratto è stata sempre presente nell’estetica e nella storia dell’arte, perché fa parte del problema dell’imitazione della realtà. La questione viene a porsi criticamente e pubblicamente quando a inizio ‘900 Worringer pubblica il suo Astrazione ed empatia, nel quale il momento astratto viene descritto come implicito in qualunque gesto artistico, perché è il gesto col quale si toglie l’oggetto – la rappresentazione, la narrazione – dal fluire della realtà per fissarlo in modo definitivo, necessario e non contingente, in una forma.

Quasi contemporanei a lui, Kandinskij e Marc stavano già lavorando in tal senso, tentando di elaborare una pittura che al di là di un esito formale astratto o figurativo riuscisse a catturare una realtà delle cose che precede la loro rappresentazione. Lo scopo del lavoro di questi artisti è cogliere una essenza delle immagini nella loro percezione, prima che divengano quelle forme riconoscibili – un ritratto, quel paesaggio, alcuni elementi geometrici. Gli altri noti astrattisti di quel periodo, o immediatamente successivi, lavorano a questo scopo.

Per questo la polemica col figurativismo è solo un fraintendimento. L’arte astratta non si oppone in nessun senso alla rappresentazione realistica (come poi se quest’ultima non fosse problematica di per sé), ma cerca di cogliere un momento particolare della vita delle immagini, un momento che ci sfugge continuamente, e che sta prima di ogni rappresentazione possibile. Il momento in cui è ancora possibile cogliere gli elementi essenziali della rappresentazione, punti linee e superfici prima che diventino un “oggetto”; e se possibile, l’astrattismo cerca di rappresentare loro, il loro funzionamento, i loro rapporti, e non quella rappresentazione della realtà che da loro dipende.

Per questo è lo stesso Kandinskij che accetta senza difficoltà la definizione di Van Doesburg di arte concreta, che non si oppone a quella astratta: «Forse che, sulla tela, una donna, un albero o una mucca sono elementi concreti? No. Una donna, un albero o una mucca sono concreti allo stato naturale, ma sulla tela sono astratti, illusori, vaghi, speculativi, laddove un piano è un piano, una linea una linea: niente di meno, niente di più». Sulla superficie del quadro solo punti e linee sono concreti, e nient’altro lo può essere.

Ciò che si inaugura nell’astrattismo, ed è un’altra novità per l’estetica, è che l’autore accompagna la produzione artistica con una analoga copiosa produzione di riflessioni di grande rilievo, che non sono tanto la spiegazione del proprio lavoro, ma la chiarificazione dei principi sui quali basarlo. Gli stessi Kandinskij, Malevic e Mondrian sono anche scrittori generosi che producono molti testi riguardo il loro concetto di arte e di rappresentazione, come prima nella storia dell’arte non era successo. La loro pittura sembra necessitare di una riflessione non per essere compresa – gli elementi astratti/concreti sono appunti lì, non serve altro – quanto per spiegarne la genesi e gli sviluppi, il senso complessivo. Verrebbe da dire, di fronte a tanti luoghi comuni su di loro e su chi ha continuato nell’astrattismo, per difendere la loro arte.

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Lorenzo Gasparrini Dottore di ricerca in Estetica, dopo anni di attività universitaria a Roma, Ascoli, Narni in filosofia, scienze della formazione, informatica, ora è editor per un editore scientifico internazionale. Attivista antisessista, blogger compulsivo, ciclista assiduo, interessato a tutti gli usi e costumi del linguaggio.

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