Hitchcock/Truffaut. L’ immagine nata dall’audio.

Hitchcock-Truffaut
Hitchcock e Truffaut

A vedere l’opera di Kent Jones, con il titolo Hitchcock/Truffaut c’erano tutti gli intenditori che conoscevano ed avevano approfondito nel tempo l’argomento, registi, produttori, critici, attori, addetti ai lavori e cinefili, ed il brusio e la tensione dell’attesa lo rivelavano. La domanda sulla quale si discuteva era banale: su cosa aveva lavorato questo spericolato documentarista? Di quell’incontro – intervista di 8 giorni negli Studi Universal erano rimaste le registrazioni audio che Truffaut aveva fatto trascrivere in quattro anni (1962-66) , con l’aiuto di Helen Scott che aveva partecipato ai colloqui, aggiornandoli con nuove domande fino a far diventare 15 i capitoli del libro Le cinéma selon Alfred Hitchcock, con un capitolo supplementare nella edizione del 1983. E poi c’erano le celebri fotografie di Philippe Halsman, scattate con molto rigore durante i lunghi colloqui, dal mattino alle nove fino alle sei della sera con leggero spuntino per il pranzo.

Ogni appassionato lettore, persona del mestiere o esperto cinefilo, si è sempre immaginato la scena Hitchcock versus Truffaut ed ha ripercorso nel suo ricordo alcune delle scene di cui i due registi ‘cinematograficamente’ parlavano, perdendosi nel flusso dell’empatia che li univa o li divideva sulla visione cinema o sui pratici insegnamenti, utilissimi per un lavoro di regia. Tale era l’atmosfera di attesa e di dubbio sul passaggio ‘naturale’ dell’audio e dello scritto consequenziale nelle immagini da realizzare.

Il film di Kent Jones, attraverso le fotografie di Philippe Halsman che ci fanno sentire in quello studio del 1962, con quei due geni di età diverse, di estrazioni diverse, ma di grande amore per l’arte del cinema, ci crea subito una atmosfera di evento da seguire, di sfida dialettica, o di rivelazione di meraviglie.

Giocando con il meccanismo di uno dei postulati di Hitchcock: la suspense si crea facendo guardare preoccupato l’orologio ad un passeggero prima di prendere un taxi per l’aeroporto.

Altro importante elemento sono le scene, più o meno lunghe di film (solo alcune di Truffaut) commentate da grandi registi attuali (David Fincher, Wes Anderson, Olivier Assayas, Peter Bogdanovich, Martin Scorsese, James Gray, Richard Linklater, Paul Schrader, Arnaud Desplechin, Kiyoshi Kurosawa) sulle tematiche più importanti ed ancora valide sviluppate nelle conversazioni tra i due grandi registi. Intervallate dai commenti che lo stesso Hitchcock forniva con la sua arguzia e humour nel lontano 1962. E poi tutti i frammenti, colti e disvelati dagli stessi registi, dei meccanismi che il genio di Hitchcock inventava ed usava per catturare ed intrigare gli spettatori. I tempi a volte sospesi, a volte dilatati, il lato onirico di certe situazioni, le strutture geometriche ricavate dagli storyboard, i giochi dei dettagli (i tipi di chiavi e gioielli), le famose inquadrature dall’alto.

Hitchcock dominava tutti gli elementi di un film ed imponeva le sue idee creative in ogni fase della lavorazione, oltre che sulla sceneggiatura, sulla fotografia (famosi i suoi filtri in La donna che visse due volte, le sovrimpressioni in Il ladro), il suono (L’uomo che sapeva troppo), gli attori, che secondo lui esistevano come volti solo quando la luce li colpiva (Paul Newman nel Sipario Strappato). Si è visto imporre a Montgomery Clift in Io confesso di guardare in alto verso un Hotel davanti ad una folla impaurita mentre lui non voleva. In Notorius, l’amante perduta, introdursi con la macchina da presa dentro il lungo bacio di Ingrid Bergman e Cary Grant per rendere partecipe lo spettatore di questa scena di passione. Così come ne La finestra sul cortile lo spettatore diventare un voyeur di un caseggiato attraverso lo zoom di James Stewart.

La scena della doccia di Psyco diventava un miracolo di montaggio di riprese durate sette giorni con settanta posizioni di macchina per soli 45 secondi di film. Famosa poi la fobia di Hitchcock per i luoghi chiusi, come ad esempio la cella di un carcere (Il ladro) con gli ossessivi piccoli insignificanti particolari nel contesto colpevolezza –innocenza (raccontato anche da Truffaut ne I 400 colpi), o la stanza oppressiva de Gli uccelli (prigionia- libertà). La fobia del vuoto fisico e mentale con le sue paure ed i suoi misteri (La donna che visse due volte ed Intrigo internazionale). Fino ad una particolare acconciatura dei capelli raccolti sulla nuca a riccio (La donna che visse due volte) per arrivare a toccare i significati più profondi dell’umanità: il passato ed il presente; la morte e la vita.

Kent Jones con quest’opera ha portato un importante contributo visivo al libro ed alle registrazioni Hitchcok/Truffaut, dando ancora più senso al cinema ‘alto’ di Hitchcock (Vertigo è anche sempre stato al vertice delle classifiche) ma ha soprattutto aggiunto valore al genere Cinema rispetto alle altre arti.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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