Giacominazza, ovvero del coraggio di essere se stessi

«Uguali agli altri, si vive meglio». La legge non scritta, a tutti nota, che governa ogni comunità, tanto più se piccola, in ogni tempo.

Giacomina questo lo sa, ma non può e non vuole accettarlo. Giacomina non si sente uguale agli altri, e nel luogo dove è nata si sente stretta, costretta a camminare a testa bassa.
Lei la testa vuole alzarla, e conosce un solo modo, andare via.
Vorrebbe viversi per come è, ma proprio questo a trattenerla: Giacomina si innamora di una ragazza.

Ha bisogno di un consiglio, e lo chiede a Mariannina, la cartomante, la donna che custodisce i segreti del paese. La risposta è prevedibile. Fuggire, o mentire.
In un piccolo paese – siciliano, ma non solo – la gente parlerà, «loro non la vogliono, la tua felicità»
E allora Giacomina chiede di essere liberata da questo “malocchio”, chiede di tornare ad essere come gli altri.
Ma non si può essere diversi da se stessi.

Questo potrebbe essere il sunto di Giacominazza. In scena al Teatro Libero di Milano, per la rassegna Palco Off, che il teatro dedica alla Sicilia.
Della terra dove è ambientato questo testo conserva la lingua, che nelle parole di Mariannina si fa canto, litania e formula magica, quella capace di quietare gli spiriti e i pensieri.

Luana Rondinelli veste i panni della cartomante e scrive per lei parole che sono musica in se stesse, che rimano e ritmano tutta la pièce, e non importa se il pubblico meneghino non coglie tutti i vocaboli, perchè il significato arriva limpido con il loro suono, e con la forza che i concetti hanno solo quando sgorgano nella lingua in sono autenticamente pensati e sentiti, dilavati il minimo indispensabile dalla necessità della lingua comune allo spettatore, affinati da un’ironia accurata, e da una prosa profonda, evocativa e fresca insieme.
Giacomina ascolta questa «maga di parole», ma capisce presto che non c’è magia che possa cambiare chi è, e che la vera possibilità è una sola: rivendicarsi.

E allora libera la rabbia che strozzava in gola. Da un lato nei confronti della sua stessa confidente, che ne diventa specchio e doppio rovesciato:
Giacomina inzia a vedere le cose per come sono: La donna che tutti un tempo consideravano libera ed eccentrica, per rimanerlo ha imprigionato il suo essere nella maschera di un personaggio posticcio, in parole che suonano bene ma che dicono soltanto la scelta di abdicare, in pubblico, a ciò che il mondo ha scelto per noi.

Mariannina ha rinunciato a ciò che era, illudendosi di tutelare una “nudità“, una verità intima, che di fatto non esiste, perchè è la prima ad impedirsi di mostrarla.

Lei, Giacomina, non vuole fingere. Vuole la libertà di essere se stessa, vuole poter guardare ed essere guardata. E allora sceglie di sbattere se stessa e il suo amore in faccia a chi la addita e la chiama “Giacominazza”, a chi si rifiuta di capire, in piazza, dove nessuno può fingere di non vedere.
Perchè questo è il solo modo per essere vera, perchè la ragazza che chiamano Giacominazza sia, pienamente, Giacomina.

Un testo dagli equilibri sapientemente dosati, dove a una Rondinelli più istrionica fa da contraltare la recitazione composta – forse anche troppo – di Melania Genna.

Il loro dialogo riesce a raccontare l’omofobia senza edulcorare e senza calcare la mano, ma soprattutto la impiega a pretesto di uno sguardo più ampio: indaga il confine tra verità e finzione, ma oppone anche due modi di affrontare la vita, la convivenza acquietante della cartomante, e lo slancio all’apparenza incosciente di una ragazza che non vuole compromessi, qualsiasi siano le conseguenze dell’assomigliarsi. Dimostrando che forse, il momento nel quale si diventa davvero maturi è quello in cui si può reagire ai sussurri cattivi e agli sguardi maligni sapendo che «adesso a guardarli negli occhi ci sono io, non le mie paure.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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