Boulez, diritto di scelta.

Hieronymus Bosch - The Garden of Earthly Delights - Hell (1490 - 1510) - Detail
Hieronymus Bosch - The Garden of Earthly Delights - Hell (1490 - 1510) - Detail
Hieronymus Bosch - The Garden of Earthly Delights - Hell (1490 - 1510) - Detail
Hieronymus Bosch – The Garden of Earthly Delights – Hell (1490 – 1510) – Detail

Il mio “incontro” con Pierre Boulez risale al mio periodo “rosa fucsia”, quando usavo quel po’ di soldi che avevo per girare l’Italia e l’Europa alla ricerca di opere e concerti che mi andasse di ascoltare dal vivo.
Non era facile all’epoca neanche riuscire a venire in possesso dei programmi-dépliant di festival, stagioni di concerto e di opera e aver ottenuto quello del festival di Bayreuth in tempo utile lo annovero ancora tra i miei maggiori successi. Soprattutto alla luce di quello che ne conseguì.

E fu Wagner: non oleografico, non irredentista, non mercificato. Semplicemente il Wagner che doveva essere, nella concezione di Wagner. La tradizione aveva fino allora voluto un Ring piegato ad una supposta evoluzione post-romantica, erede dei Bruckner, dei Brahms e di tutta quella pletora di musicisti “minori” del secondo ‘800 germanico.
Non uno spiraglio su quanto Wagner andava proponendo per l’evoluzione del sistema organizzativo delle note musicali. E Boulez ne colse, invece, il segno: un Wagner indirizzato verso il futuro della composizione musicale, un Wagner che la cultura di Boulez poteva proiettare con facilità in quegli sviluppi successivi, già tutti previsti nella sua musica. Il brodo primordiale degli accordi e delle armonie che girano attorno a sé stesse e che narrano dell’animo umano, senza falsi pudori e senza infingimenti di sorta.
Ne venne fuori una reinterpretazione che mi lasciò senza fiato sugli scomodi sedili del Festspielhaus per quattro serate: la perfetta concordanza con la regia poetica di Patrice Chéreau (che ebbi la fortuna di ascoltare molti anni dopo nella lettura del Grande inquisitore da Dostoevskij), ma soprattutto i grandi silenzi, quelli della scena d’amore tra Sieglinde e Siegmund, quelli delle morti di Siegmund e di Siegfried, quelli della Brünnhilde oltraggiata. Nessuno si era mai occupato dei silenzi nella musica di Wagner prima di Boulez e, tuttavia, a rileggersi le partiture, erano questi i momenti che completavano appieno il discorso wagneriano.

Vennero poi altri due miei “incontri” con Boulez, compositore: la prima sonata per pianoforte, piantata lì come bis, da un crudele Maurizio Pollini ad un pubblico accorso ad ascoltare un programma interamente beethoveniano e il magistrale Pli Selon Pli, a Parigi, con Boulez alla direzione del “suo” Ensemble Intercontemporaine, summa, a mio avviso di quanto un secolo e mezzo di musica avevano fino allora prodotto. Ascoltare il Pli Selon Pli è per me equivalso ad assistere ad una di quelle esplosioni cosmiche nelle quali la materia, sparsa in spazi siderali e formatasi in tempi diversi, viene a contrarsi tutt’assieme in un unico oggetto riassuntivo, dove la melodia si invera in frammenti densissimi di poche note e dove il singolo suono è la risultante di centinaia di suoni che lo hanno preceduto, sintesi di un tempo e di uno spazio che hanno finalmente compiuto il loro percorso.

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Matematico e musicista, da sempre in equilibrio tra i due campi culturali, ha gestito con successo ed indipendenza attività di ricerca, applicazioni e strumenti di promozione culturale. Attualmente svolge attività di ricerca in campo matematico e statistico in qualità di docente presso la Sapienza a Roma, è direttore artistico della rassegna di musica antica Trebantiqua a Trevi nel Lazio e riconosciuto concertista alle tastiere antiche, avendo al suo attivo concerti in Italia, Europa e Nordamerica in ensemble e come solista, oltre a svolgere attività di editore e ricercatore di inediti del periodo barocco per varie edizioni musicali.

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